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TERREMOTO AI CASTELLI. TADDEI (GEOLOGO) TRANQUILLIZZA TUTTI

mappa terremoto

A poco più di 24 ore dal sisma che ha interessato dapprima la provincia di Latina e, poco dopo, quella di Frosinone, la terra è tornata nuovamente a tremare nel Lazio. Questa volta il sisma è avvenuto alle 3.19 di venerdì 17 febbraio, con epicento nel distretto sismico dei Colli Albani, così come rivelato dettagliatamente dalla Rete Sismica Nazionale dell’INGV (quelli di Genzano, Lanuvio, Lariano, Nemi, Velletri, Rocca di Papa e Rocca Priora i Comuni rientranti entro i 10 km dall’epicentro). Il terremoto è stato localizzato con i dati di 10 stazioni della Rete Sismica Nazionale. La localizzazione epicentrale riportata nella figura è quella rivista dagli operatori della Sala Sismica dell’INGV e comunicata al Dipartimento di Protezione Civile subito dopo l’evento.

Non è certo un terremoto di entità tale che debba preoccupare e data l’ora della notte è stato avvertito da pochissime persone. Tuttavia il fenomeno non è affatto inusuale, essendo la nostra una zona a discreto rischio sismico.

Per saperne di più abbiamo interpellato il consigliere comunale di Velletri, appena fuoriuscito dal Pd, Fabio Taddei, in qualità di Dottore in Scienze Geologiche, che ha inteso subito tranquillizzare la popolazione: “la penisola italiana – ha premesso si è formata dalla collisione tra la placca tettonica africana e quella europea e dalla collisione tra la placca tirrenica e quella adriatica. Le prime due placche si sono unite e sollevate, formando la catena alpina, mentre le seconde hanno formato due archi di collisione-subduzione (vale a dire: collisione e scivolamento di una placca sotto l’altra), quello dell’Appennino settentrionale e quello dell’Appennino meridionale e calabro-siciliano. Attualmente questi archi continuano a sollevare la catena appenninica e generano la maggior parte dei terremoti della penisola. Tutta la fascia appenninica si trova, quindi, in una zona di sutura tra due placche in cui le rocce che occupano la parte superficiale della crosta terrestre vengono coinvolte prevalentemente in movimenti orizzontali compressivi e, secondariamente, in movimenti orizzontali trascorrenti e rotativi al contatto dei due archi, in Italia centrale”. 

Fabio Taddei, consigliere comunale di Velletri e dottore in Scienze Geologiche

“La sismicità dei Castelli Romani – è ancora Taddei a sottolinearlo – è dovuta al movimento di faglie prodotte dal Vulcano Laziale durante la sua attività antica che va da 730.000 a 30.000 anni fa e non per movimenti del serbatoio magmatico del vulcano stesso. Un vulcano comunque non ancora spento e non ancora stabile geologicamente. E’ chiaro però che l’area dei Castelli Romani risente di riflesso dell’attività sismica dell’area abruzzese o di altre aree più sismiche contigue. Anche vi dovessero essere dei terremoti nella zona dei Castelli Romani non ci sono comunque i presupposti perché si verifichino dei terremoti disastrosi. La migliore prevenzione ad oggi resta comunque avere costruzioni che rispettino tutte le normative. A tal riguardo vorrei ricordare che non uccide il terremoto ma le case che crollano ed il patrimonio abitativo dei centri storici italiani è vetusto e mal tenuto, rendendo necessario il loro recupero così da rendere più sicuri i nostri centri storici. Le zone più sismiche d’Italia restano il Friuli, Garfagnana, Appennino umbro-marchigiano, Abruzzo, Irpinia, Calabria, Sicilia occidentale. Il Lazio e la zona dei Castelli Romani non rientrano tra queste”.


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