L'ultima chicca di Shany Martin va in 'onda' in esclusiva su...'Castelli Notizie'!
Eh già cari lettori, per inaugurare il passaggio alla modalità video abbiamo scelto nientemeno che la verve del giovane comico veliterno, la cui fama va espandendosi ben oltre i confini locali. E' lui stesso a svelare i capisaldi dell'ultima sua creazione: 'La camera ar-dente'. Dopo questa 'prima' Shany curerà una sua rubrica, che troverà spazio nella home page del nostro giornale on-line, nell'apposita sezione dei video.
"Camera ar dente” - ci dice Shany - perché tutti i personaggi dello sketch si tirano fuori al momento giusto, escono di scena camuffandosi di contraddizioni, scuse ed apparenti bugie. La prima scena si apre con un classico altarino tipico della tradizione Romana (dove in genere si tengono le fotografie dei cari scomparsi) e una candela tra la foto del defunto e quella di Jimi Hendrix, a tal punto che lo spettatore potrebbe domandarsi se il focolare è stato acceso per il ricordo del parente o per onorare il mito della musica rock (prima immagine che sottolinea la cattiveria che sarà alla base di tutto il filmato).
Tutte le maschere (Elvezia la vecchina, Faustino il Rivoluzionario di Lotta Comunista, Don Secondo e Susànno il “Facebookiano”) sono legati tra di loro da un “crudele” comun denominatore: la finta disponibilità dei terzi nell’aiutare a tutti i costi i familiari colpiti dall’inevitabile appuntamento funebre. Ho capito che in certe situazioni l’uomo promette, garantisce aiuti, si impegna, ma sono promesse di una durata fin troppo corta che ti spingono a capire che in contesti come quelli che ho trattato nel filmato devi saper cavartela da solo. Non lo fa per cattiveria, ma per un’inconsapevole contraddizione che gli appartiene per natura. C’è Elvezia, che si offre per un aiuto concreto anche a costo di scendere a piedi dalla montagna in piena notte, ma subito dopo è costretta a tornare a casa perché il dottore le ha diagnosticato una massa di diverticoli che la costringono a restare a letto per quaranta giorni; Faustino (che probabilmente è il più “estraneo” alla situazione dello sketch) che ha un messaggio a parte a differenza degli altri tipi: pretende di fare la Rivoluzione ma non ha nemmeno il motorino per arrivare alla stazione. Quando i parenti del defunto gli cederanno il loro, uscirà dalla camera ardente ed il ruggito di un labrador farà presagire più una visita al pronto soccorso che una manifestazione di lotta operaia; potrebbe anche essere letto come l’Italiano medio che vuole ribellarsi ma non ha i mezzi per farlo; appena ha la fortuna di trovarli viene sopraffatto da chi ha le zanne più affilate di lui. Don Secondo, il cugino di famiglia che incita i parenti a chiamarlo a qualsiasi ora del giorno e della notte appena avvertono la minima necessità (ma come volevasi dimostrare la sua visita finirà con un crudele “Adesso vi saluto ché domani parto missionario nello Zambia e torno nel 2017, vado con i lebbrosi”). Ed infine la maschera più vera e probabilmente più sincera nei confronti dei tempi in cui viviamo: Susànno il Facebookiano. Occhialetti da miope, cappellino ed immancabile tastiera di Pc sotto al braccio nel caso in cui qualcuno gli offrisse la connessione per navigare su Internet. Ritrae il non essere più capaci di vivere senza un computer, un social network, senza tecnologia. Appare (a mia vista) come il personaggio più comico ma in realtà è il più tragico, perché ha perso la cognizione della realtà. Si stupisce perfino di fatti naturali come la morte con citazioni come “Ma che se mòre così? Ma come, l’altro giorno se semo sentiti su Facebook!”. Anche lui si propone aiutante decidendo di pubblicare sulla sua bacheca di Facebook le difficoltà della famiglia del deceduto incitando i suoi amici virtuali a fare una piccola colletta. Ma non appena vedrà che i direttori del sito hanno imposto il diario obbligatorio per tutti, deciderà, furioso, di cancellarsi dal Social Network, liquidando il cadavere con un misero “Ciao, cocozzò!”. Ho cercato di fare un cocktail di immagini, situazioni, di frasi ovvie ascoltate in situazioni dolorose come quelle delle camere ardenti dei miei cari. “Toccalo, s’è mantenuto morbido”, “Pare che dorme”, oppure “Lo vorrei tocca’, ma me fa’ impressione”. La scena di chiusura girata nel salotto con le sedie in fila e il tavolo in disordine è inspiegabilmente una delle cose alla quale tengo di più. Forse perché appena sento il termine “funerale” mi viene in mente quella situazione. E’ un quadro finale che sottolinea la cattiveria, la frase di conforto obbligata, la presenza dell’aiuto che passa troppo velocemente".
L'opera è stata scritta con George Mason e prodotta da X bike di Franco Bartoli in via Algidus 135, a Lariano.
Buona visione a tutti!
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