‘IL VERBO DELLA DOMENICA’ – Quel Gesù che fece udire i sordi e parlare i muti

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IL VERBO DELLA DOMENICA dal Vangelo secondo Marco cap. 7, 31-37 a cura di Don Gaetano Zaralli
Di ritorno dalla regione di Tiro, passò per Sidone, dirigendosi verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. E gli condussero un sordomuto, pregandolo di imporgli la mano. E portandolo in disparte lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse: «Effatà» cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo raccomandava, più essi ne parlavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

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…in pieno territorio della Decàpoli.
Gesù ormai era noto non solo nella Galilea ma anche fuori; la fama di lui si era sparsa sia a mezzogiorno nella Giudea e nell’Idumea ambedue giudaiche, sia nella ellenizzata Decapoli. La collocazione geografica dell’avvenimento è importante, perché spiega in maniera convincente il comportamento di Gesù che a prima vista può apparire strano.

 

E portandolo in disparte lontano dalla folla…
Quando si compiono certi miracoli la riservatezza è necessaria, specie se incombe il rischio di strumentalizzazioni da parte dei soliti fanatici che tifano per un Dio che con la natura ci giuochi a palla. La riservatezza poi si rivela provvidenziale a favore della stessa persona miracolata che dalla folla viene fagocitata, spesso, come reliquia da toccare, o, peggio ancora, come fenomeno da vendere sul mercato delle facili illusioni.

 

…emise un sospiro e disse: «Effatà» cioè: «Apriti!
La parola aramaica “effatà”, conservata dalla tradizione storica e facente parte dell’antica liturgia battesimale, è fondamentale. La meraviglia che nasce dal miracolo esplode e va oltre il fatto singolo e circoscritto. La parola di Cristo “apre” le frontiere del dolore e della miseria umana oggi più di ieri, tanto che i villaggi e le città che popolano il mondo presente non hanno nulla da invidiare alle vecchie terre dell’antica Decapoli. Il sospiro che Gesù emise invade ancora oggi le lande aride di una umanità abbandonata a se stessa e diventa grido nel seminare la parola di vita tra le sterpaglie.

 

E comandò loro di non dirlo a nessuno.
L’uomo che con poca saliva restituisce la parola al sordomuto è il “Figlio di Dio”. Alla riservatezza dei preamboli segue ora la preoccupazione di non imporre alle intelligenze impreparate una verità difficile da accettare. Il popolo della Decapoli è più evoluto, rispetto alla gente della Galilea, e per questo gli si deve concedere lo spazio necessario per una ulteriore riflessione. La fretta di convertire il mondo non porta a nulla; la pretesa di possedere la verità allontana i volenterosi; il dire che la ragione è tutta e solo da una parte uccide ogni tentativo di dialogo… Gesù, pur definendosi “via, verità e vita”, questi errori li ha sempre evitati.

 

«Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!».
Noi, gente di chiesa, siamo fin troppo chiacchieroni e, purtroppo, poco attenti alle parole degli altri; forse per questo le prediche che sforniamo non le ascolta nessuno. Se non si vuole essere muti, è necessario guarire dalla sordità; se si pensa di non essere sordi, é necessario dimostrarlo con il coraggio della parola… E il coraggio, che non si ha per miracolo, spesso appare agli occhi dei più… semplice e stupido atto di incoscienza.

 

 

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