Attualità

Va bene il porgere l’altra guancia, ma non certo le parti anatomiche di cui si va più gelosi

elettorato hp

EDITORIALE (…questo si!)

di Daniel Lestini

Tra il fotografare il presente politico e provare a preconizzare il futuro ogni opinionista di turno, più o meno bravo, si districa in un labirinto di specchi tra i quali è facile perdere l’orientamento e non riconoscere più neppure i suggerimenti, spesso sbiaditi, che provengono dalla bussola del buonsenso. Ma se anche l’osservare il passato, tra chi lo disconosce e chi, una volta impolverato, lo ricostruisce a modo suo, (ne sanno qualcosa alcuni esponenti della destra veliterna – come anche quelli di schieramenti avversi che siedono nei consigli comunali di altre cittadine – smaccatamente immemori delle malefatte del passato) può presentare delle trappole che minano la serenità di giudizio, capita che anche nel far luce sul presente si rischia di incappare in qualche granchio, peraltro fisiologico nel momento in cui, per pigrizia o semplici costrizioni temporali, si finisce per far emergere una realtà a discapito di un’altra, più o meno verosimile.

Nella pur spasmodica ricerca di una ‘fotografia’ che sia il più possibile oggettiva, si staglia allora, com’è scontato che sia, l’inevitabile soggettività di chi scrive, condizionato dagli umori del momento, dal sentore di quanto riesce a percepire, dalla mediazione delle sue più o meno limitate conoscenze o dalle più disparate sfaccettature di una realtà che può comunque servire da spunto per abbozzare un’ipotesi di futuro. Tra quelli che si mantengono il più possibile cauti, quasi mai azzardando previsioni degli scenari futuri, e quelli che, al contrario, si avventurano tra ipotesi ai limiti del fantascientifico, ci sono poi coloro che, a rischio anche della propria credibilità, smettono i panni degli ‘smistatori‘ di comunicati stampa per provare a pennellare qualche primo bozzetto di un futuro che, in quanto tale, non è facile prevedere, e che pure con capacità e accortezza di analisi si può comunque profetizzare con l’audacia di non andarci molto lontano.

Nella serietà di chi scrive la consapevolezza che ogni volta si mette in gioco uno spicchio della propria credibilità, pur nella consapevolezza e nell’orgoglio di farlo con le virtù e le qualità di chi predice senza piegarsi ai diktat di alcuno. Ai lettori, poi, il compito di apprezzare l’audacia e premiarla al di là dell’effettivo conforto di quanto accadrà. Non è un caso che questa testata sin dai suoi albori (neppure un anno è passato dal primo articolo pubblicato) abbia provato a distinguersi andando oltre il semplice gioco al rimpiattino dei comunicati preconfezionati, che pure vi albergano senza alcun rossore da parte di chi li utilizza. Svariate le ipotesi che sembravano azzardate, e da alcuni ferocemente contestate, che si sono poi trasformate in realtà alla luce degli eventi futuri (gli antefatti delle Primarie e Comunali di Lanuvio stanno li a testimoniarlo, con pieno orgoglio di chi aveva ‘fotografato’ il presente e poi previsto eventi realmente accaduti).

In un bailamme del genere non conforta la consapevolezza di essere impelagati in un periodo politico tra i più delicati e difficilmente decifrabili della storia recente. Pur senza scadere nel ‘fantamercato’ estivo dei tanti quotidiani sportivi abbiamo provato a dipingere un quadro il più possibile realistico del presente politico veliterno, provando ad anticipare passi e mosse future. Proprio ‘Castelli Notizie’, in anteprima assoluta, svelò i prodromi della possibile candidatura a sindaco di Velletri del dottor Natale Di Belardino, stravolgendo, ma al contempo agevolando, l’agenda mediatica di tante altre realtà del territorio, che vi hanno facilmente attinto. 

In un recente articolo (LEGGI QUI), orientato proprio nel ricomporre una sfaccettatura di quanto sta accadendo nel mondo politico veliterno, ma con risvolti in ambito sovracomunale, abbiamo azzardato l’ipotesi di un’investitura oltre i confini cittadini per l’attuale Sindaco Fausto Servadio, in predicato di poter rispondere ‘presente’ ad una ‘chiamata alle armi’ del suo partito, che potrebbe implorarne – ed agevolarne – il salto verso orbite nazionali (allo studio una candidatura al Senato, alla quale, proprio a Castelli Notizie’, il Primo cittadino veliterno ha già dichiarato di non potersi e volersi sottrarre). Se tutto ciò non dovesse realizzarsi, e per l’attuale Sindaco veliterno si chiudessero anche le porte per una ‘promozione’ nel consiglio regionale (prospettiva che lo alletterebbe sicuramente meno) tutto resterebbe confinato nel pur vasto perimetro della millenaria città d’origine volsche (neppure queste, guarda un pò, totalmente dimostrabili).

In questo caso il coriaceo e battagliero imprenditore di Colle Caldara avrebbe l’onere e l’onore di esaltare, e difendere, quanto fatto nel lustro che volge al termine, presentandosi al cospetto dei cittadini – elettori col proposito di far valere tutto quanto messo in campo, provando a riecheggiarne i meriti e, com’è normale che sia, affievolirne i demeriti. Una battaglia che lo avvicinerebbe a quel pugile che, dopo averla conquistata, attende nuovi sfidanti per confermare il titolo o, in caso di disfatta, cedere la propria corona. A contendergli lo scettro, dicevamo, anche – e non solo – il noto cardiochirurgo veliterno, la cui candidatura (ancora in attesa dei crismi, piuttosto scontati, dell’ufficialità) starebbe calamitando consensi ampiamente preventivabili.

Dove Velletri potrebbe però esaltare il volto nuovo di una politica capace di portarle in dote i frutti tanto attesi è proprio nelle contese che si disputeranno oltre i suoi confini: in attesa del ‘De Profundis’ delle Provinciali, la partita si giocherà infatti in Regione e Parlamento, ambiti in cui la città che negli ‘anni ’80 (preistoria politica) coltivò persino velleità di divenire provincia non ha mai avuto una rappresentanza degna di tal nome, finendo per trasformarsi in terra di conquista da parte di politici di ogni spessore e cromatura. Gente che l’ha sedotta ed abbandonata, dopo timide toccate e fuga capaci di fornir loro cospicui bottini di voti, spesso decisivi per la vittoria elettorale.

In un contesto di decennale subalternità abbiamo allora ipotizzato uno scenario in cui alla possibile candidatura (regionale o parlamentare) di Fausto Servadio si aggiungesse quella, al momento quasi certa, di Lamberto Trivelloni (dirigente nazionale dell’Udc) in odor di nuova candidatura al consiglio regionale (in caso di riforma elettorale rientrerebbe in gioco persino per un posto in Senato).

Fatta salva la disputa interna, dove ogni cittadino voterebbe in base alle proposte e alle preferenze scaturite dalle sue personali convinzioni circa la credibilità dei soggetti e dei programmi presentati, altrove non sarebbe peregrina l’ipotesi del ‘Voto Utile’, nel caso (e solo in quel caso) i due succitati personaggi dovessero scendere in campo su due terreni diversi (uno alle Regionali, l’altro alle Politiche). Voto utile al cittadino (a quello veliterno, in questo caso) e non propriamente (o solamente) ai partiti di turno (che per l’ingordigia di mirare sempre e comunque a papparsi l’intera torta, accoglierebbero a malincuore ogni condivisione della bomba calorica in arrivo).

Il richiamo al voto utile perde allora i crismi dello ‘specchietto per le allodole’ (come qualcuno vorrebbe invece presentarlo) per assumere un sollecito al senso di responsabilità degli elettori, capaci di discernere il voto spogliandolo di uno sterile artificio identitario, vestendolo dei panni di una scelta cosciente e responsabile, orientata solo ed unicamente in favore della propria realtà quotidiana (in un periodo storico in cui i cordoni della borsa si sono drammaticamente ristretti avere un concittadino come interlocutore nelle stanze che più contano avrebbe risvolti impensabili in termini di maggior possibilità di introitare nuovi progetti e finanziamenti).

Oltre a tener presente i principi che gli stanno più a cuore l’elettore sarebbe allora chiamato a calcolare anche l’effetto del suffragio in termini di convenienza per se e per la propria comunità, in un salto di qualità che nasca e resti confinato nel contesto di un’utilità propria, senza andare a foraggiare le vacche grasse delle maggiori forze politiche, col solo scopo (mai auspicabile) di ammazzare il pluralismo politico, che vive e si fortifica proprio col prezioso apporto degli schieramenti minori.

In una previsione,  la nostra,  da prendere come tale, accogliamo allora con parziale ‘nonchalance‘ il commento fatto al nostro articolo (non un editoriale, come è stato tacciato, ma solo e semplicemente un articolo…) da parte di Luca Masi, segretario del Partito democratico di Velletri, la cui riflessione ha trovato addirittura collocazione nella 2^ pagina di un settimanale cittadino (lo stesso che recentemente ha ‘ripreso’ un nostro articolo ‘pari pari’, con tanto di documentazione fotografica a corredo, senza neppure il conforto della citazione della fonte dal quale è stato di sana pianta estrapolato, nel più moderno e frettoloso dei ‘copia-incolla’).

A beneficio dei nostri lettori riportiamo alcuni passaggi della pur accettabile riflessione-replica di Luca Masi (che avremmo ben volentieri ospitato nel nostro quotidiano on-line – essendo proprio di risposta ad un nostro articolo –  se solo ce ne fosse stata data l’opportunità). Nel suo incipit il segretario dei ‘democratici’ si rifà ad una campagna elettorale che scatena la fantasia degli aspiranti, figuriamoci tre o quattro”. Le ‘tre o quattro’ sono ovviamente le campagne elettorali che ci attendono (le Provinciali, come detto, rimangono in ghiacciaia, in attesa di essere scongelate o, diversamente, ibernate). Chi siano gli ‘aspiranti’, invece, è più difficile da intuire, anche se andando oltre si percepisce che nel mirino finiscano ancora una volta i giornali non allineati (il nostro, per intendersi). Masi arriva allora a riassumere quanto letto con l’epiteto di uncabaret”, con “ricostruzioni al limite tra la fiction Mediaset di prima serata” e, persino, “il teatro dell’assurdo Ionesco” (dopo tutto quanto detto in premessa la nostra ricostruzione a tutto ambiva meno che ad essere equiparata ad un filone del teatro dell’assurdo Ionesco; ma tant’è! prendiamo come un complimento le disquisizioni del simpatico segretario piddino).

Nulla di trascendentale, visto che eravamo certi che la nostra ipotesi non faccesse gola a nessun dirigente dei partiti tirati in ballo, auspicando uno scenario senz’altro più confacente agli interessi dei cittadini che non a quello dei partiti stessi.  Che il giovane segretario del Pd ritenga quanto da noi paventato qualcosa di “assai improbabile”  è mediaticamente interessante, essendo la disamina proveniente da uno dei soggetti politici in causa, che bolla il ‘voto utile’ come un “mega inciucio”. Nella sua riflessione Masi andrà poi oltre quando finirà per sostenere che l’intelligenza dei veliterni li porterà a discernere tra programmi e persone, bollando la nostra come un’ipotesi che “fa acqua”. Che si riferisca al nostro articolo e non alle condutture idriche delle campagne veliterne lo si intuisce quando si spinge ad altre ragguardevoli considerazioni politiche, nelle quali Masi torna poi a dipingere la nostra proposta come un insulto all’intelligenza degli elettori”. “Cosa fare?  – si chiede in chiusura -. La ricetta è semplice conclude -: pensare a lavorare sulla base del ruolo che si ricopre, forse l’unico vero antidoto alla più grave crisi della politica italiana a ogni livello”.

Conclusione pienamente condivisibile, senonché, carissimo segretario piddino (ci perdonino i lettori se in chiusura ci rivolgiamo direttamente a lei e per giunta con toni confidenziali), al di là che alla nostra testata avrebbe fatto piacere ospitare queste sue considerazioni è opportuno rimarcare che quantomeno chi scrive, il sottoscritto, il suo ruolo l’ha già scelto, ed è quello del comunicatore (così come da passione e studi universitari), da non confondersi con quello dell’imbonitore (ruolo che non si nega di poter rivestire durante sporadici servigi da addetto stampa: per campare si fa anche questo, senza commistioni, però, con alcun prodotto editoriale, men che meno col proprio).

Proprio lei, Masi, nell’epilogo delle sue considerazioni, decanta la bontà di una ricetta che nel suo caso la costringerebbe per primo a fare una scelta di ruoli, dovendo optare tra quello del politico e quello del giornalista-opinionista (noi, vorrà accogliere il nostro consiglio, le umilmente suggeriamo di non lasciar per strada nessuno dei due: di conflitti d’interesse ve ne sono di peggiori e lei ha dimostrato di sapersela cavare  in ambedue i campi).  Una scelta, se proprio vogliamo auspicarne alcuna, spetterebbe invece al direttore del settimanale che l’ha ospitata (cui cogliamo l’occasione per consigliare di visionare occhiello e il titolo del pezzo che la riguarda), chiamato a decidere se preferire la via di una deontologia ‘tout court’, a 360°, o perseguire quella meno nobile, ma talvolta pure meno dispendiosa, del ‘pubblico tutto, basta che riempio!’, in cui è nuovamente incappato e che fa tanto rima col qualunquismo atavico dell’italiano medio, sovente incagliato nel motto del ‘o Francia o Spagna purchè se magna!’

Se errare è davvero umano, ma perseverare è diabolico, vi giunga con favore (e qui ai lettori chiediamo doppiamente venia se ci rivolgiamo ad entrambe) il consiglio di donarvi ad un conciliabolo reciproco, al termine del quale capirete entrambe che alla fine della fiera non è neppure eticamente corretto far da megafono a certe considerazioni senza averle fatte recapitare a chi ha dato il là alla discussione. Sia il tutto detto senza polemica alcuna, scevri dall’intenzione di rinfocolare carboni ardenti volutamente sopiti (…e su cui qualcuno pare quasi dilettarsi nel dar l’idea di volervi gettare del nuovo combustibile)….

Avendo ben altro da fare non staremo qui a replicare ad oltranza ad ogni bazzecola ci si presenti ancora all’orizzonte, essendo peraltro soliti a ben altre letture. La considerazione finale è che dopo aver cristianamente prestato entrambe le guance non resta davvero null’altro da porgere, a meno che non creino appetito parti anatomiche delle quali andiamo profondamente gelosi (quelle che nella foto qui sopra vengono deflorate proprio al povero elettorato, quello passivo…). 

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