Le spirali di violenza ed aggressività viste da una Psicologa

violenza

SPUNTI DI PSICOLOGIA – di Clara Camerino

 

Questo articolo nasce dall’esigenza di fare un pò di chiarezza, partendo dalle cause e non sempre dagli effetti, degli episodi di aggressione locali che stanno seminando panico per Velletri ma che sono solo l’espressione in piccolo di quello che da un po’ di tempo a questa parte caratterizza molti degli episodi di cronaca nera: una aggressività sempre più incontrollata che sembra irrompere dal nulla e distruggere tutto ciò che tocca. Sono una psicologa, psicoterapeuta con esperienza anche nell’ambito giuridico e mi sento in dovere di fornire pubblicamente uno spaccato di quelle che possono essere le cause che si nascondono dietro a certe azioni umane, la tipologia di persona che è tendente a commetterle e i segnali premonitori che possono aiutare anche il profano ad attuare un’opera di prevenzione e non solo di contenimento o riparazione.

Innanzitutto una rettifica terminologica. Non può essere definita psicosi quella che in realtà è ansia generalizzata e forte suggestionabilità oltre che empatia per le vittime, in quanto si sta usando il termine in modo improprio. Di seguito ne spiegherò il vero significato.

Comincerei con il premettere che chi commette atti di violenza che assumono carattere di reato è una persona che agisce la sua profonda e pervasiva rabbia, che diventa appunto aggressività, verso un oggetto che egli o ella identifica come la fonte di questa. A volte questo oggetto è anche la persona stessa che può pertanto rivolgerla verso di sé, giungendo ad azioni eclatanti come il suicidio.

In entrambi i casi stiamo parlando di casi estremi e di personalità psicopatologiche che spesso rientrano nella definizione di psicosi, la categoria di disturbi mentali  più grave da un punto di vista clinico. Cercando di rendere fruibile ad un potenziale lettore quanto appena detto in termini forse troppo tecnici, è che soggetti che arrivano a compiere atti di questo genere hanno ormai compiuto un’evoluzione della sintomatologia arrivando a sviluppare una modalità di pensiero delirante, spesso a contenuto persecutorio, che non segue più le regole del senso comune ma la cui coerenza e logicità appartengono unicamente al soggetto. Egli, al contrario della persona diciamo comune, non sottopone a verifica le sue convinzioni (ad esempio relative all’essere perseguitati) ma usa gli elementi della realtà per sostenere un’idea che è già convinzione.

I disturbi psicotici di tipo persecutorio sono spesso riscontrati nelle diagnosi peritali in ambito giuridico, ma non sono i soli. Esistono deliri megalomanici, ovvero legati ad un sé grandioso, che facilmente creano un’alta aspettativa e pressione dei ruoli costruiti attorno ad un’immagine di sé iper-positiva (in termini di popolarità ad esempio). Esistono deliri di gelosia, dove la coppia spesso ha già una relazione “alterata” nelle sue dinamiche psicologiche dove l’angoscia di perdere l’altro coincide con la perdita di un senso di sé, risultato spesso di un investimento eccessivo nel ruolo affettivo e che si esplicita in un iper-controllo dell’altro al fine di non perdere un senso di sé positivo e integro.

Tutto questo per dire che il contesto di vita di quella persona e le sue dinamiche psichiche sono gli indicatori più importanti per capire con chi abbiamo a che fare e in qualche modo prevedere la sua potenziale pericolosità. La sensibilizzazione della società ma anche dei micro-contesti quali la famiglia, la scuola, a capire che ogni sintomo patologico è stato prima un tratto caratteriale che poi si è evoluto in un sintomo, potrebbe agevolare questo processo di prevenzione. Ci sono quindi cause dietro alle cause possibile di azioni terribili come quelle che ogni giorno leggiamo sui giornali, sentiamo in televisione, viviamo sulla nostra pelle all’interno di un contesto protetto come la nostra cittadina.

Senza cadere in generalizzazioni, visto che ogni caso e a sé, non si può tuttavia non considerare la responsabilità individuale e sociale che vi è in questa opera di prevenzione. Contesti apparentemente individualisti ma essenzialmente troppo sbilanciati sul consenso esterno dove le persone vengono oggettificate e strumentalizzate al fine di garantirsi un senso di capacità nel ruolo che si riveste; un vuoto identitario riempito di inadeguatezza e un senso di sé instabile dove una facciata non solo rappresenta ma identifica; un’autorevolezza che assume sempre più il carattere di controllo e proibizione che mettono a tacere l’unicità dell’uomo e la sua libertà di espressione e lo etichettano a partire dalle sue manifestazioni comportamentali o da qualche altra prerogativa per sollevarsi forse dall’impegno di partire dalla comprensione delle cause che stanno dietro ai suoi comportamenti. Ecco alcuni esempi delle problematiche psicologiche sottostanti e dei contesti fertili a generarle.

Non è tutto questo una giustificazione o un’attenuante di certe azioni che sono eticamente e umanamente errate ma mi auguro rappresenti uno spunto di riflessione per molti su come estirpare un male di vivere che prolifera nell’uomo in primis e contamina il mondo a cui tutti apparteniamo.

 

Dott.ssa Clara Camerino

Psicologa e Psicoterapeuta

email:  HYPERLINK “mailto:cl.camerino@gmail.com”cl.camerino@gmail.com

cel. 338.9467155

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