“L’agricoltura è ogni giorno di più in ginocchio e la ferita è ormai divenuta una vera e propria emorragia”. Iniziano così, con toni foschi, le parole di Stefano Giammatteo, presidente dell’ASPAL (l’Associazione Produttori Agricoli Laziali) che a ‘Castelli Notizie’ non evita di fare uno spaccato drammatico del settore. “Nel primo trimestre del 2013 – allarga il discorso Giammatteo – oltre 13000 imprese agricole sono state costrette a chiudere, soffocate dai costi sempre più esorbitanti, oramai alle stelle. Tra mezzi di produzione (concimi, mangimi, sementi, antiparassitari e gasolio agricolo) e soprattutto oneri fiscali, contributivi e burocratici, siamo in presenza di un peso completamente insostenibile. A tutto questo si aggiunge la mannaia dell’Imu sui fabbricati rurali e sui terreni agricoli e la mancanza di una politica agricola mirata allo sviluppo, alla competitività e alla ristrutturazione dei debiti delle nostre aziende. Una situazione sempre più disastrosa, alla quale bisogna porre rimedio immediatamente, prima che si perdano altre migliaie di aziende”.
“Oggi – continua Giammatteo – in agricoltura ben due aziende su tre sono gravate da debiti e cinque su dieci non riescono più a fronteggiarli, con il rischio di finire sempre più nella rete dell’ usura e della criminalità organizzata. Tutto questo scoraggia le nostre imprese agricole, che nella nostra regione, oltretutto, devono fronteggiare anche altre avversità, come la batteriosi sul kiwi, il cinipide sul castagno, la diabrotica sul mais e il fallimento di alcune cooperative che in passato erano una sicurezza per i propri soci conferitori. Tutto ciò, secondo noi di Aspal, sta facendo precipitare sempre più gli agricoltori verso il fallimento e la disperazione. Proprio per questo – conclude Giammatteo – occorre un governo nazionale e regionale forte ed autorevole, in grado di dare risposte immediate, con un cambiamento di rotta che vada incontro alle nostre esigenze. Senza la nostra agricoltura, l’Italia non avrà futuro nè sicurezza alimentare, a discapito di milioni di consumatori, stufi di mangiare le immondizie che vengono importate da Paesi poco sicuri”.
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