POLITICA

Velletri – La vittoria d’un Servadio travestito da Mourinho. E per gli altri…’zero tituli’

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di Daniel Lestini

 

Dicono che non abbia perso tempo in particolari rituali ed abbia festeggiato giusto il tempo che le ombre della notte lasciassero spazio alle luci del nuovo giorno. Il ‘day after’ di Servadio, riconfermato Sindaco di Velletri (‘five more years’, per dirla all’americana), ha avuto il sapore della gioia, frammista alla consapevolezza di doversi rimettere all’opera, rimboccandosi nuovamente le maniche, specie ora che la fiducia tributatagli è stata ancor più massiccia.

Il giorno dopo è stato anche il giorno dei giudizi, delle disamine a caldo e dei primi commenti, quelli di rito tra vincitori  e vinti. In attesa che la composizione del nuovo consiglio comunale venga resa ufficiale (clamorosa la contesa sull’ultima scheda, che premierebbe Cerini a discapito di Felci, leggi qui) appare evidente come il voto disgiunto abbia premiato il Primo Cittadino in maniera incontrovertibile.  Quel voto disgiunto che, invece, ha verosimilmente penalizzato Salvatore Ladaga, che ha pagato più del previsto lo scarso feeling con parte di quel gruppo dirigente che aveva maldigerito la sua candidatura, che agli occhi dell’elettorato poteva non rappresentare quel segnale di cambiamento che la cittadinanza auspicava. Ciononostante, a destra, dopo la sconfitta, più che in doverosi ‘mea culpa’ (che dal 2008 ad oggi sono difettati) si è preferito procedere ad un ulteriore scarico di responsabilità che sa tanto di definitiva resa dei conti (schermaglie sono già in atto tra il Pdl e Fratelli d’Italia, ma forti lotti intestine si segnalano anche all’interno dello stesso Pdl, ndr).

IL SINDACO SERVADIO FESTEGGIA CON GLI ESPONENTI DI ‘GENTE NUOVA’

RESA DEI CONTI Se Ladaga, pur affranto da quel che poteva essere e non è stato, ha comunque accettato il responso delle urne, nel suo entourage c’è chi non ha potuto fare a meno di notare il massiccio ricorso al voto disgiunto, adducendo interpretazioni diverse rispetto a chi ha ritenuto la sua candidatura priva del giusto ‘appeal’. Non sono in pochi, allora, coloro che ritengo che tra i movimenti che appoggiavano la coalizione qualcuno abbia provato la carta della delegittimazione del candidato, certo che questa avrebbe poi consentito di alzare la posta in ballo al momento di sedersi al tavolo ed impostare le trattative di un ballottaggio che, su tutti i fronti, veniva dato per certo. Invece l’exploit di Fausto Servadio si è proprio materializzato nella sostanziale differenza tra il voto delle sue liste e quello incamerato dalla sua figura:  dal 49,67% dei partiti della sua coalizione, di per se già eccezionale, si è passati al decisivo 51%, che gli è valso la vittoria sin dal primo turno.

A fronte di questa prima ricostruzione, c’è chi si difende contrattaccando, rimarcando come l’emorragia di voti a discapito di Ladaga, rispetto alle sue liste, sia dipesa proprio dalla scarsa presa che lo stesso ha avuto sulla cittadinanza, più propensa ad abbracciare un candidato che fosse stato espressione di un netto rinnovamento. Qualsiasi sia la tesi più sposata dai politologi locali, va detto che ciascuno di tutti gli altri 5 candidati ha ottenuto più voti rispetto al computo della somma delle liste a suo sostegno.

Al di là delle dichiarazioni di facciata emerge il clamoroso passo indietro del Movimento 5 Stelle, che, pur penalizzato dalla limitazione insita nell’unica lista, è andato peggio di ogni più pessimistica previsione, finendo per implodere ben oltre il cospicuo passo indietro già registrato su scala nazionale. Male, rispetto alla attese, anche la candidatura di Fabio Taddei, col ‘Marco Polo’ veliterno che non è riuscito a trasmettere alla cittadinanza la sua idea di rinnovamento, anestetizzata, per alcuni, dall’idea che fosse più interessato ad una vendetta nei confronti degli ex alleati che ad altro. Neppure il suo curriculum, e quelle 7 lingue in carnet, hanno avuto un peso, in una campagna elettorale che, una volta di più, ha dimostrato di valorizzare al meglio le figure di alcuni professionisti ed imprenditori locali, che hanno saputo e potuto spendersi meglio, facendo valere fino in fondo le proprie relazioni sociali, già ampiamente testate ed oliate.

 

LA COMUNICAZIONE – Lo straordinario successo di Fausto Servadio, perchè di questo si è trattato, può invece farsi risalire attraverso matrici plurime: premesso che tutto ha origine dal segnale di risanamento trasmesso in questi anni dal Primo Cittadino, lo stesso ha beneficiato di una campagna di comunicazione nettamente più incisiva rispetto a quelle dei suoi avversari. Al di là delle scarse risorse a disposizione degli altri 4 contendenti, la strategia comunicativa approntata è stata sicuramente più ficcante di quella del suo principale avversario, l’unico che poteva competere a livello di risorse economiche.

L’opuscolo, a mò di rivista, distribuito in tutte le abitazioni e la riproposizione del settimanale di partito (imbucato in quasi tutte le corrispondenze cittadine), sono serviti ad illustrare nei minimi dettagli tutto quanto fatto in questi anni, col conforto di una grafica ammiccante, per giunta coordinata tra tutte le forze della coalizione.  A tutto ciò si è addizionato un lavoro sul web che ha saputo valorizzare ogni singolo aspetto di quanto affrontato nel quinquennio precedente, potendo contare anche su gruppi di supporto già da tempo dislocati sui più popolari social network. A questo si è aggiunta persino la chicca di appositi spot-video che hanno minuziosamente spaziato in paralleli tra quanto trovato nel 2008 e quanto (mai) lasciato nel 2013, a dimostrazione che  nulla è stato trascurato. Il tutto senza chiaramente dimenticare che anche il miglior cuoco nulla avrebbe potuto senza gli ingredienti giusti, ingredienti che il centrosinistra aveva ed ha giustamente utilizzato, facendo sfoggio di quanto messo a segno nel lustro 2008-2013. 

IL MOMENTO DEL BRINDISI

Ribadito che al di là della forma ha pagato soprattutto la sostanza di quanto fatto in questi anni, sull’altra sponda la strategia comunicativa è stata sicuramente meno incisiva. Può aver pesato  il minor tempo a disposizione in fase di preparazione, ma proprio qui, in fondo, sta la grave colpa degli avversari di Servadio, cui non sono bastati 5 anni per fare quadrato, essendosi ridotti alle schermaglie d’inizio primavera per convergere su una candidatura non da tutti metabolizzata. Una colpa che sancisce i tanti errori del passato, sino a quello, a questo punto clamoroso, del sacrificio del dottor Natale Di Belardino sull’altare delle Regionali, che provocò la scintilla che ha poi dato fuoco alle polveri.

Tornando alla comunicazione, dicevamo, la strategia della coalizione di Ladaga è stata sicuramente più lacunosa, a partire dal ricorso al megafono di 2-3 settimanali locali i cui dati di vendita non giustificavano assolutamente  il massiccio investimento predisposto, dovendo poi passare gli stessi attraverso le forche caudine delle edicole. Anche la scelta, vistosamente errata, di puntare su temi vagamente populisti, quali l’abolizione dell’IMU, non ha fatto più di tanto breccia, specialmente in quell’elettorato più smaliziato e facilmente avvezzo a decriptare certe tecniche comunicative ormai strumentali e desuete. Alla fine della fiera può aver pesato l’assenza di un esperto del settore, che potesse far da filtro rispetto ai tanti organi di informazione presenti in loco, come testimoniato dai tanti comizi andati in scena senza che ci fosse mai alcuno pronto a renderne testimonianza e dare il tutto in pasto ai mezzi di comunicazione, solitamente ben disposti a far da volano a veline e comunicati stampa preconfezionati. Tutto questo a discapito della ‘carta Ladaga’, che poteva avere la sostanza e la valenza di un ‘Re di Cuori’ (anche se poteva essere comunque disinnescata dall’Asso di Servadio), ma che pure taluni hanno calato sul tavolo verde con la stessa convinzione di quando si passa un liscio aspettando che il croupier ‘smazzi’ le nuove carte. 

 

CARRO ARMATO – Se anche ci fosse stato tutto ciò, tuttavia, con tutta probabilità non sarebbe bastato a vanificare la vittoria del centrosinistra, che tra tante altre sfaccettature si è quindi dipanata anche nell’astuta volontà di costruire una degna cornice ad un quadro ben fatto, avendo premura e capacità di farlo visionare a gran parte dei cittadini, sfruttando ognuno dei canali a disposizione. Merito, anche, del segretario piddino Luca Masi che, pur se criticato dalla controparte per alcune spigolose sfaccettature caratteriali, non ha lesinato neppure una stilla d’energia pur di approntare una strategia che fosse vincente. Ed i risultati, chiaramente, gli hanno dato ragione, fermo restando il forte appeal dimostrato da Fausto Servadio, nei confronti del quale l’attaccamento dei suoi è parso quasi rimandare al feeling tra certe squadre e i loro allenatori. Un Josè Mourinho della politica, quindi; tale si è dimostrato il Primo Cittadino, che se nel 2008 aveva vinto senza il conforto della totalità del suo partito, uscito malconcio dalle Primarie di qualche mese prima, oggi ha saputo fare a meno dei dissidenti, cimentando al meglio la compattezza dei suoi, merito soprattutto di un Partito Democratico, in versione carro armato, che si è stretto attorno al proprio condottiero senza alcun tentennamento.

IL NEOSINDACO A COLLOQUIO CON LUCA MASI

“Tutti per uno, uno per tutti”, quindi, quasi che il capolavoro di Alexandre Dumas si fosse attualizzato in una città che si è massicciamente stretta intorno al suo ‘nuovo’ sindaco, sospingendolo verso ulteriori 5 anni di governo, da ‘spendere’ col supporto di un’amministrazione regionale ‘amica’ e il conforto di conti economici senz’altro più rosei di quelli trovati un quinquennio prima. Se vincere appare da sempre arduo, riconfermarsi lo è ancora di più: alzi la mano chi, 5 anni or sono, avrebbe mai creduto ad un successo così netto di un Sindaco che allora saliva le scale tra la diffidenza di tanti e il leit motiv di chi gli rimproverava di disporre di una maggioranza esigua, quasi fosse una colpa aver segnato a porta vuota mentre la difesa avversaria prendeva a botte il proprio portiere. Nessuna mano alzata? Probabilmente nessuna, compresa quella di un Salvatore Ladaga che se 5 anni fa contribuì in maniera decisiva a decretarne la vittoria,  oggi, suo malgrado, si ritrova di nuovo a fornirgli l’assist decisivo, con la complicità di compagni di squadra tutt’altro che coesi.

Che poi Servadio possa aver incarnato anche le sembianze del cannoniere provetto ciò dimostra che, almeno in politica, si può davvero essere sia condottieri che finalizzatori, vestendo i panni di un Mourinho pur calzando contemporaneamente quelli del bomber, avendo il fiuto e la freddezza di un Miro Klose, o di un ‘Principe’ Milito, tanto per restare all’Internazionale del ‘triplete‘. Per gli avversari, a questo punto, non resta che l’amaro del fiele che, sempre parafrasando il tecnico portoghese, sa tanto di impietosa certificazione di uno scomodo ‘zero tituli!’; uno slogan col quale zittire, almeno sino al prossimo campionato – pardon, alle prossime elezioni -, quello che per l’ex allenatore nerazzurro era il fastidioso ‘rumore dei nemici’.  E che per Servadio, ora, è solo un ronzio in lontananza, sovrastato dagli squilli di fanfara di un successo certamente meritato… 

 

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