POLITICA

Velletri – Alle radici del Fenomeno Ognibene, a poche ore dal nuovo consiglio comunale

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L’INTERVISTA – FILO DIRETTO CON DANIELE OGNIBENE

di Daniel LESTINI

Se l’agorà veliterna fosse la trasposizione di uno sport come la Formula 1 (prendendo in prestito proprio dal linguaggio sportivo l’enfatizzazione dell'”atleta” sotto forma di iperboli) il ‘nostro’ si potrebbe paragonarlo al tedesco Sebastian Vettel, uno che a 25 anni s’è già messo in tasca 3 titoli mondiali a bordo della sua lattina, ops, pardon, del suo bolide griffato ‘Red Bull’, e che ora può guardare, senza arrossire, alla possibilità di detronizzare Sua Maestà ‘Schumi’ Schumacher. Non una velleità, ma un proposito concreto. 

Fosse uno sprinter avrebbe invece le sembianze di un Usain Bolt: uno di quelli che udito lo sparo puoi solo osservarlo da dietro, rimirandone le terga giallonereverdi, mentre vola via, quasi leggiadro, verso il traguardo. Dopo, solo dopo, te lo puoi ritrovare vicino per stringergli le mani e a dirgli: “però, sei stato bravo!”.

I paralleli sportivi potrebbero continuare ad oltranza: il Bode Miller dello sci, il Kobe Bryant del basket o il Rafa Nadal del tennis (per paragonarlo a Re Roger Federer, non ce ne voglia, manca ancora qualcosina…). Comunque la si metta (e crediamo che dall’alto della sua fede laziale si accontenterebbe di essere inquadrato come il Miro Klose della politica cittadina) quanto fatto da Daniele Ognibene dentro le mura della Città che un tempo diede i natali ad un mai troppo celebrato Cesare Ottaviano Augusto è degno di essere paragonato alle migliori performance dei più grandi atleti contemporanei. 

1032 (milletrentadue) i voti incamerati, tanti quanti neppure il totale arpionato da tre dei sei candidati sindaco. Un bottino sensazionale, ottenuto in una lista ghigliottina, quella di un Partito Democratico presentatosi con 24 cavalli pronti ad uno sprint appassionato ed appassionante (se il rimando all’ippica vi ha solleticato paragoni con Varenne, è bene che anche lui, pace all’anima e alla criniera sua, venga relegato tra gli…imparagonabili; proprio come Federer). Tra le forche caudine di un voto capace di lasciare sul campo di battaglia vittime illustri lui è fuoriuscito a testa alta: non un graffio, neppure un livido dinanzi ai clamorosi dati dell’astensionismo; solo un sorriso grosso così, come si conviene a chi dopo aver stravinto si toglie il lusso di rifarlo ancora, con nonchalance.

Ci sarà lui, tra poche ore, a presiedere i lavori del consiglio comunale (il fischio d’inizio, tanto per restare su una piattaforma sportiva, è previsto per le 17.30 di giovedì 13 giugno).  Partirà seduto insieme agli altri consiglieri, i quali poco dopo saranno quasi costretti a stendergli il più classico dei ‘red carpet’ e mettergli in capo lo scettro più ambito, lo stesso col quale sederà sullo scranno più alto, quello che solitamente spetta al consigliere comunale più votato, titolo del quale si è nuovamente fregiato, dopo lo straordinario successo del 2008.  Per uno come lui, nato e cresciuto a Colle Noce, una delle terrazze con sponda montagna e vista mare più ambite di Velletri, guardare tutti dall’alto non sarà una novità e non è più un mistero, ormai, che sarà proprio lui il nuovo Presidente del Consiglio comunale, colui che sarà chiamato ad orchestrare i lavori ed a garantirne l’armonico svolgimento, smussando le fisiologiche querelle tra maggioranza ed opposizione.

Quasi una legge del contrappasso, per lui che d’ora innanzi sarà (piacevolmente) costretto ad incollarsi alla sedia più elevata di quell’aula consiliare della quale, nel passato quinquennio, non fu tra i frequentatori più assidui, attirandosi le pacche sulle spalle degli amici e qualche tiratina d’orecchio degli avversari. Poco male, verrebbe da dire, se i risultati sono stati quelli ufficializzati nella serata di lunedì 27 maggio, quando per la seconda volta ha messo in riga tutti, lasciando gli avversari a rimuginare tra una sfilza di interrogativi, mentre lui se la spassava coi calici al cielo tra la gioia di avercela fatta e la consapevolezza di averlo fatto, ancora una volta, nel migliore dei modi, come si conviene ai grandi.

Lui, se ancora non l’avete capito (“ahi, ahi, ahi“, ululerebbero i protagonisti di un noto spot anni ’90 dell’Alpitour), è Daniele Ognibene, 32 anni i primi di luglio, uno i cui i propositi sono tutti racchiusi in un cognome quanto mai profetico (e chissà se nella sua giovanissima passione per la politica la vocazione nel fare del bene, ogni bene, non sia stata premonitrice dei successivi traguardi). 

 

Daniele, deontologia professionale vuole che nonostante si sia cresciuti a poche centinaia di metri di distanza l’uno dall’altro il ‘lei’ sia d’obbligo.

Consenti? Pardon, consente?

“Consento, sebbene il ‘mi consenta’ mi ricorda tanto qualcuno di berlusconiana memoria…”.

Lasciamo il Cavaliere nel suo harem e veniamo a noi. Nei giorni passati si sarebbe immaginato a correre da una parte all’altra per racimolare i voti che avrebbero consentito a Fausto Servadio di spuntarla nel ballottaggio o, al contrario, era tra coloro che credevano ad una vittoria già al primo turno?

“Non so gli altri, ma io al successo in prima battuta ho creduto fin da subito. Non per essere spocchiosi, ma bastava guardarsi indietro, snocciolando quanto fatto, per capire come la nostra fosse una coalizione assolutamente vincente. Restava solo la speranza che anche i cittadini avessero capito la bontà del nostro lavoro e stando ai risultati possiamo dire con orgoglio che è stato proprio così. In fondo chi fa campagna elettorale tra la gente ne assaggia gli umori e ne percepisce facilmente le intenzioni.: come anni fa ebbi la percezione di perdere al primo turno così, questa volta, ho immaginato senza remore di portare a casa una vittoria larga”.

Vittoria al ballottaggio nel 2008, vittoria sontuosa al primo turno nel 2013. Quali le differenze, oltre a quelle bene in vista?

“Questa volta una larga fascia dell’elettorato si è orientata sul voto a Servadio, senza disdegnare, in caso contrario, l’ipotesi del non voto. Ma se 5 anni fa fu un voto spiccatamente contro il centrodestra, cinque anni dopo, invece, è stato un voto di sostegno all’attività dell’Amministrazione”.

Come se lo spiega?
“Segreti non ce ne sono, ma tutto ciò deve far riflettere su come impostare la propria attività politica. Io la intendo come un servizio improntato al dialogo, senza preconcetti. Alla guida degli assessorati che il Sindaco ha voluto delegarmi non mi sono mai chiesto se di fronte avevo un elettore di centrosinistra o di centrodestra, ma ho prestato ascolto a tutti, lavorando col solo intento di migliorare la città. Rimboccandomi le maniche ed agendo con umiltà, senza la pretesa di essere infallibile ma aprendomi al dialogo e all’apporto di tutti”.

Cosa c’è dietro lo straordinario successo del Centrosinistra di Fausto Servadio? Quanti i meriti propri e quanti i demeriti altrui?

“Le colpe del centrodestra sono parecchie, ma tutto questo, da solo, non basta. La gente fa valutazioni molto personali e sa distinguere chi si è impegnato realmente da chi si limita ad un impegno confinato al periodo elettorale. L’elettore non è più pigro, ma riesce a distinguere bene che scheda si trova di fronte e che tipo di considerazioni debbono precedere il voto.  Basti pensare alla percentuale raccolta dal Movimento 5 Stelle, che se a Velletri, nelle Politiche, è stata del 25,8%, nello stesso giorno, per le Regionali è scesa al 13%, sino a precipitare al 6% per le Comunali. Segno di un’evidente maturità da parte dell’elettorato, che fa le sue opportune valutazioni e poi vota”.

Non si può negare che il voto delle Comunali sia legato anche ad amicizie o dinamiche lavorative che, volenti o nolenti, incidono…

“Questi riguarda un pò tutti, almeno per ciò che concerne le amicizie. Tutto il resto non mi tange, in quanto credo che a premiarci siano state soprattutto le cose portate a termine in questi anni: la gente ha notato i sacrifici fatti, a partire dal risanamento e ha votato di conseguenza, senza più farlo distrattamente o basandosi su discorsi ideologizzati”.

Il risultato personale, dati alla mano, è stato straordinario, soprattutto perchè ottenuto all’interno di una lista che ha lasciato sul campo vittime eccellenti.

“Quella del Pd era effettivamente una lista fortissima, ma anche tutte le altre a sostegno del Sindaco Servadio erano ben nutrite, senza riempilista. Il risultato a livello partitico è stato davvero notevole e verrebbe da dire che ha vinto il Pd nonostante il…Pd! A livello nazionale non si può negare la fibrillazione in atto, ma ciò dimostra che hanno inciso soprattutto le dinamiche locali. Il Pd veliterno ha saputo portare avanti una politica di coerenza, che ha pagato. E in questo contesto non bisogna dimenticare che si tratta del partito del Sindaco, che garantisce un effetto trascinamento non indifferente.  Oltre a questo va rimarcato il lavoro del segretario Luca Masi, che è stato attento e paziente, al pari di tutta la segreteria. Un mix di buona amministrazione e lavoro di squadra, quindi, che ha dato i frutti sperati, a dimostrazione che all’interno del partito, pur partendo da posizioni diverse, ci si può restare bene e contribuire ad arricchire il dibattito. Se dentro al Pd qualcuno ci sta male sappia che fuori rischia l’estinzione, come alcuni hanno amaramente constatato a proprie spese. Arrivati a questo punto si tratta di lavorare tutti insieme per rafforzare il Partito Democratico, con impegno e senso del collettivo. Si è fatto tanto, ma tanto ancora si può fare”.

Ancor prima di lei, non ce ne voglia, il vero vincitore di queste elezioni risponde al nome di Fausto Servadio. Cosa ha portato di suo l’attuale Primo cittadino che mancava ad un Centrosinistra che per anni si era assuefatto a collezionare sconfitte?

“La svolta credo sia arrivata durante la consiliatura del Cesaroni Ter, quando la composizione del gruppo consiliare dei Ds venne largamente rinnovata. Lì iniziò a maturare l’idea che si potesse battere il centrodestra non tanto con le carte bollate, ma proponendo una vera alternativa politica. La forza di Servadio è stata infine quella di aver calato in una realtà pubblica la mentalità di una strategia lavorativa legata agli obiettivi. Il leader è fondamentale in una squadra, e lui la tendenza ad amalgamare ce l’ha innata. Il Pd e l’intero centrosinistra dall’approdo di Servadio sono riusciti a svincolarsi dalle strutture legate alle logiche stantie del passato, slegandosi dalle ideologie fine a se stesse ed ancorando il proprio operato alla pratica quotidiana della politica amministrativa”.

Dica la verità: trovandosi di fronte ad un giovanotto come Stefano Pennacchi, poco più che 20enne, preverrà la sensazione che anche lei sta crescendo o l’idea che è in atto un forte rinnovamento nella politica cittadina dal quale difficilmente si tornerà indietro?

“Il rinnovamento scaturito dalla recente consultazione elettorale è evidente  e non si può negare. Si tratta di un rinnovamento trasversale, che non coinvolge solo il Pd, ma anche altri partiti o liste civiche. La cosa non può che farmi piacere, visto che stanno per entrare in consiglio persone come Giorgio Fiocco, che considero un fratello. Ho iniziato a fare attività politica con lui ed insieme abbiamo condiviso sconfitte e vittorie e lo stesso può dirsi di Giulia Ciafrei. Al contempo penso allo stesso Pennacchi, ma anche a Francesco Cavola, altra grande risorsa del Centrosinistra. Ma il rinnovamento emerge anche altrove, e penso ai vari Priori, D’Agapiti e Di Luzio, per addentrarci nelle fila dell’opposizione”. 

Eppure c’è chi lamenta un eccessivo ricambio, parlando addirittura di un impoverimento nella qualità del consiglio comunale, scaturito dalle estromissioni di nominativi eccellenti.

“La democrazia è democrazia e certi fenomeni sono normali quando si affaccia all’orizzonte una nuova classe dirigente.  Il tutto, è fisiologico, non avviene mai senza traumi. Lo stesso mio ingresso, qualche anno fa, avrà provocato l’uscita di un altro esponente, ma fa parte del gioco. Piuttosto mi dispiace che non sia stato giustamente premiato il lavoro di persone che hanno lavorato davvero bene e penso a Carlo Guglielmi, cui va dato atto di aver rilanciato al meglio un settore strategico come quello agricolo, ma anche ad Augusto Di Lazzaro e Gianfranco Cestrilli, che avrebbero meritato miglior sorte”.

L’età media risulta sostanzialmente abbassata ed è singolare che il tanto agognato consiglio dei giovani venga calato proprio all’interno del consiglio dei ‘grandi’. 

“E’ vero e personalmente ricordo di aver portato in consiglio una freschezza per la quale l’inesperienza è stata subito sopperita da un entusiasmo che contagia. Questa volta ci sono tutti i presupposti per fare una bella ‘congiura’ di giovani, parafrasando il grande Tiziano Terzani, che auspicò di esser governato da una ‘congiura di poeti’. Comunque mi viene da ridere quando ascolto la gente dire ‘il futuro è dei giovani’…Ma quale futuro? Il presente è dei giovani, che vivono la città 24 ore su 24, ne respirano le evoluzioni e ne assaporano i cambiamenti”.

Una parola di conforto per gli esclusi?

“Ma non c’è bisogno. In tal senso siamo tutti grandi, grossi e vaccinati. Si può comunque far politica anche fuori dal consiglio comunale; basti pensare al compianto Francesco Velletri, che non faceva il consigliere da più di 30 anni ma è stato a lungo il cardine del partito”. 

Ancora una volta è risultato essere il primo degli eletti. Dica la verità: se lo aspettava?

“Lo speravo ma non me l’aspettavo, perchè le risorse non c’erano ed in certi campi possono far la differenza. Spicca un risultato omogeneo in tutto il territorio comunale, sintomo di un apprezzamento generale. In quasi tutte le famiglie è entrato il mio nome e in quasi tutte è entrato grazie ai figli, a testimonianza del rapporto che ho saputo tessere coi giovani, che non è solo frutto delle deleghe gestite, ma della disponibilità quotidiana a fermarsi e a recepire le esigenze di tutti”.

Senza dilungarsi molto: nei settori che hai amministrato di quali progetti vai più orgoglioso?

“Il servizio della Raccolta Differenziata Porta a Porta merita una citazione a se. Luca Masi, che eredita la delega, ha la strada spianata in tal senso, con un avvio progettuale che dovrà ancora dare tutti i suoi frutti, a partire dal Compostaggio domestico per arrivare alla seconda Isola Ecologica, che verrà presto inaugurata a Colle Caldara, in un terreno confiscato alla mafia”.

Altro?

“Beh in tema culturale l’elenco sarebbe lungo, ma non si può non andare orgogliosi della riapertura del Teatro Artemisio, della valorizzazione di Villa Bernabei e del recupero della Chiesa di San Francesco. Ma l’elenco è lungo e meriterebbero una citazione anche l’estensione dell’orario di apertura della biblioteca e la risistemazione del Fondo Antico, prima confinato in un sottoscala del ‘Ciammellone’.  Quel che emerge, e che invito tutti a valutare per bene, è stato il costante contatto con le associazioni, che spesso e volentieri hanno prestato il proprio servizio a costo zero, ma che sempre e comunque si sono sentite coinvolte, come fossero a casa lor. Andate a vedere quanti soldi pubblici ho speso: troverete un rapporto costi – benefici davvero difficile da replicare”.  

Tra le luci anche qualche ombra? In fondo i detrattori non sono mancati…

“Le critiche ci sono state e ci stanno. Solo chi nulla fa mai sbaglia. La differenza è che io mi pongo sempre nell’umiltà di chi di fronte al proprio interlocutore sa di avere sempre da imparare. L’arroganza di chi ha la presunzione di sapere tutto non paga, tuttavia una volta che si è deciso bisogna essere forti e saper difendere le proprie scelte”. 

Riavvolgiamo il nastro. Regionali 2013: a distanza di quasi 4 mesi è più la soddisfazione per i tanti consensi incamerati o l’amarezza per non avercela fatta?

“Quando si perde si perde, inutile perdersi in giri di parole. Ma io non gioco mai per testimonianza e sapevo benissimo, facendo politica da anni, che sarebbe stato difficilissimo spuntarla.  Il risultato c’è stato ed è stato fonte di riflessione all’interno del partito, visto che Daniele Ognibene, dal nulla, senza sostegni particolari, ha chiuso con 5mila voti, risultando il primo degli umani, pur essendo il candidato più giovane di una lista in cui i romani l’hanno fatta giocoforza da padroni”.

Eppure dai Castelli sono arrivati consensi quasi oceanici.

“Certamente, e questo ha rappresentato il frutto di anni di impegno quotidiano, di un lavoro fatto senza rinchiudersi mai nel recinto veliterno, a partire dall’incarico di Segretario della Sinistra Giovanile dei Castelli e dal coraggio dimostrato nell’andare incontro ad un progetto di più ampio respiro qual è stato ed è tuttora quello che fa capo a Matteo Renzi”.

Che sensazioni le suscita il Governo Letta?

“Credo che debba essere un governo a tempo, che operi su punti prestabiliti, a partire da una riforma elettorale che è imprescindibile. A tal proposito nei prossimi giorni ospiteremo proprio a Velletri un dibattito a tema con Stefano Ceccanti, ex deputato e costituzionalista, e Matteo Giacchetti, deputato del Pd nell’area renziana”.

Cos’ha Renzi che altri non hanno?

“Non si tratta tanto di un non avere qualcosa, quanto di capire l’esigenza di una profonda opera riformatrice, fondamentale per garantire un percorso di rinnovamento che si generi nel partito e coinvolga gradualmente tutto il Paese”.

Se guarda al futuro del nostro territorio cosa vede?

“Credo ogni giorno di più nell’esigenza di ragionare non più  singolarmente ma nell’ottica dell’intero territorio dei Castelli Romani. Temi come i trasporti, i rifiuti, la cultura e tanto altro ancora non possono più essere trattati a compartimenti stagni dalle singole realtà comunali. Se vogliamo che i Castelli assumano davvero un ruolo di primo piano, e hanno tutto per farlo, dobbiamo fare sistema, superando ogni campanilismo di bottega. Il futuro è nella coesione, ed è ragionando come una città dei Castelli che si può far da volano alle economie locali, incentivando il turismo tramite la valorizzazione dei prodotti tipici ma anche il sistema museale tramite un’organizzazione capillare sulla falsa riga del sistema bibliotecario. In tal senso Velletri, pur se territorialmente periferica, può essere davvero il motore propulsivo di una presa di coscienza che apra le porte ad una nuova stagione, che gratifichi il presente di realtà che insistono in un territorio paesaggisticamente unico al mondo”.

 

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