POLITICA

Quel foruncolo al naso che assomiglia alla fine delle Province

taglio


di Pierluigi Starace

Devo alla saggezza di Rodolfo Carelli, esprimente mesi or sono di una lucida e sanissima critica al progetto di soppressione delle province, la spunto per  questo mio tentativo d’approfondimento.  Sopprimere, chiudere, tagliare è facile e rapido: ma è sempre sospetto quando si tratti di servizi ai cittadini.

Che sopprimere questo grado della gerarchia amministrativa possa essere diventato nell’immaginario collettivo e soprattutto delle teste sormontanti  certi colletti bianchi una soluzione come un’altra per tagliare la spesa pubblica presuppone la fede  che tutto ciò che diminuisce la spesa pubblica sia buono e giusto. Una fede cieca limitatamente ad un aspetto essenziale di essa:  quello di segnare il tratto differenziale  tra uno stato costituzionalmente democratico ed un’associazione  criminale che spartisce i proventi del racket (tasse ed imposte) tra i gli associati, escludendone  il resto. In altre parole: ogni euro esatto dalle tasche del cittadino dal fisco deve, attraverso la spesa pubblica,  ritornare in esse in servizi, altrimenti non solo  possiamo, ma dobbiamo individuare quelli che spingono lo stato oltre quella linea di demarcazione.

In conseguenza, essendo non i tagli, ma la spesa pubblica in sé – a parte  i cacciabombardieri  e cose simili –  buona e giusta, è preoccupante sentir parlare con tanta faciloneria – che, mi dispiace, vedo anche in Stella e Rizzo nel loro pur importantissimo “La casta” – di questa  ventilata soppressione.

Basterebbe dire che nel Regno Unito essa è stata realizzata dalla Thatcher per costringerci a sospettarne. Ancor più annusando le secrezioni ormonali d’eccitazione di quelli che pregustano l’altro taglio alla spesa pubblica per la soppressione delle Questure e Prefetture derivante da quella delle  Province (erano quelli che s’eccitavano ieri al grido di “tolleranza zero”). Oppure pensando al fatto che Stella e Rizzo, dopo aver lodevolmente esemplificato e quantificato l’uso “castale” dell’istituzione provinciale, non spendano una sillaba per rispondere alla domanda: tutti quelli che ci lavorano, a parte i già garantitissimi vertici,  che fine faranno? 

Allora: l’istituzione provinciale non va soppressa, ma riconvertita dall’ uso castale a quello civile. Se ho un foruncolo sul naso me lo faccio asportare: il foruncolo, non tutto il naso.

Per dare  una giusta soddisfazione agli abolizionisti riaccorpiamo pure a quella in cui erano precedentemente comprese  tutte le neo-province che siano al di sotto d’un certo numero d’abitanti, che dei “tecnici” veri fisseranno.

Poi definiamo ridefiniamo rigorosamente le competenze istituzionali dell’ente, evitando ogni  inutile sovrapposizione, e sopprimendo ogni spesa discrezionale: una provincia ha stanziato 1.200.000 per la squadra di calcio. Poi fissiamo le retribuzioni di tutti i dirigenti, presidente compreso, a quella d’un insegnante di scuola media superiore, e degli impiegati  a quella d’un collaboratore scolastico, ( un bidello, per intenderci). Nessun gettone di presenza per le riunioni, come per gli insegnanti, è un dovere d’ufficio, e chi le diserta è licenziato in tronco. Incandidabilità a qualunque tipo d’elezione per chi occupi una carica provinciale, a meno che non se ne dimetta a tutti gli effetti. Fissazione d’una gerarchia d’urgenza ovvero un ordine di priorità nei capitoli di spesa, in modo che vi siano alcuni di essi che per nessuna ragione devono essere lasciati scoperti, mentre altri sì. In modo che non succeda mai che non ci siano più soldi per pagare i libri gratuiti agli alunni meritevoli ma sì per pagare un viaggio negli  USA ad una comitiva di parenti amici e conoscenti d’un dirigente provinciale. Fissazione d’una tabella delle spese personali ammesse, da sostenere comunque di tasca propria,  con rimborso solo dietro presentazione di scontrino, biglietto di viaggio, ricevuta fiscale o fattura, e dopo un accurato controllo di ognuna di queste pezze d’appoggio.Un ‘ultima cosa: la scarsa appetibilità monetaria della carriera dovrebbe essere una garanzia che ne farebbe girare al largo gli aspiranti ad entrare nella casta, lasciando spazio a chi è diverso da loro.