CRONACA

Ancora un suicidio nel Carcere di Velletri: s’impicca un 40enne

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Ancora un sucidio all’interno delle sbarre del carcere di Velletri. A togliersi la vita, nella giornata di domenica, un 40enne di origini rom, che si è impiccato nella sua cella a poche ore dall’inizio della sua detenzione nella casa circondariale veliterna. L’uomo, in custodia cautelare per fatti legati alla droga, era stato trasferito in giornata dal penitenziario di Regina Coeli.

“La notizia dell’ennesimo detenuto suicida – ha subito commentato Donato Capece, segretario generale del SAPPE (Sindacato Autonomo di Polizia Penitenziaria) – è sempre una sconfitta per lo Stato. Essendo l`ennesimo tragico caso di morte incarcere – ha continuato – bisognerebbe darsi concretamente da fare per un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere. Serve un carcere nuovo e diverso perché quello attuale è un fallimento. Fino a qualche decennio fa si era riusciti a portare al centro dei problemi della sicurezza e della giustizia il mondo delle carceri, avviando un profondo processo di riforma, coniugando sicurezza con ragionevolezza, con trattamento, con umanità. Nell`ambito delle prospettive future occorre che lo Stato, pur mantenendo la rilevanza penale, indichi le condotte per le quali non è necessario il carcere, ipotizzando sanzioni diverse, e ridisegni in un certo senso l`intero sistema. Per questo la Polizia Penitenziaria deve connotarsi sempre più come polizia dell`esecuzione penale, oltrechè di prevenzione e di sicurezza per i compiti istituzionali ad essa affidati dall`ordinamento, è sicuramente quella propriamente deputata al controllo dei soggetti ammessi alle misure alternative. Ci vogliono riforme strutturali – ha concluso Capece – che depenalizzino i reati minori e potenzino maggiormente il ricorso all’area penale esterna, limitando la restrizione in carcere solo nei casi indispensabili e necessari”.

Immediato il commento del Garante Angiolo Marroni: “otto ore di detenzione – ha dichiarato – nonostante l’attenzione sanitaria e trattamentale dedicata dagli operatori del carcere sono davvero troppo poche per capire se una persona abbia una sofferenza psicologica tanto grave da portarla al suicidio. A far riflettere è che il carcere può piegare la resistenza anche di chi, come la vittima di Velletri, aveva purtroppo già conosciuto la durezza della vita in cella. Il sovraffollamento, la drammatica carenza di risorse e di personale sono tutti fattori che costringono a guardare ai grandi numeri e non al particolare, dimenticando che dietro ogni cifra ci sono uomini con i loro problemi e le loro debolezze”.

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