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Vinopedia – Il buon vino si fa in vigna. Quanto vale il lavoro nei campi prima della vendemmia?

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a cura di Fabio Ciarla

Il nostro è un mondo che premia l’immagine, la velocità, la sintesi. Ecco perché anche quando si parla di vino spesso si dà tanto spazio alla presentazione (marketing compreso), al massimo si parla dell’affinamento o dell’enologo che sta dietro quella bottiglia. E si dimenticano spesso, troppo spesso, la vigna e l’agricoltore, il terreno e la potatura. Salvo poi, ogni tanto, tirare fuori frasi ad effetto sulla vendemmia manuale.

Ecco, ripartiamo dalle basi, nel vino come in ogni altra attività umana, ricordiamoci da dove veniamo e restituiamo l’importanza che meritano il contadino, l’agronomo, il potatore e chi in vigna ci suda d’estate e patisce il freddo d’inverno. Perché la realtà dei fatti è questa, il buon vino si fa innanzitutto in vigna. Portare in cantina un’uva non sana o non matura a sufficienza rappresenta una sfida impossibile per il più bravo degli enologi e per qualsiasi ritrovato della tecnica.

PDF_BDORipeterò più volte in questo spazio, che si chiama Vinopedia perché rimarrà sempre aperto ai contributi dei lettori, che esistono vini e vini, nessuno dei quali va disprezzato. Esiste il vino da 2 euro a litro che, se fatto bene, rappresenta un ottimo prodotto per alcuni consumatori e determinate occasioni. Poi esistono i vini di qualità e i vini di pregio, per fare questi però – con una crescita di livello continua tra la prima e la seconda categoria – non ci si può affidare a progetti di massa, tecniche invasive e professionalità dedite esclusivamente al massimo risultato. Per fare vini di (alta) qualità e di pregio c’è da lavorare, e tanto, in vigna. Studiando il terreno e la sua acidità, osservando quotidianamente l’andamento delle temperature e dell’umidità, scegliendo il taglio giusto per la potatura, fino alla cura maniacale del dettaglio negli ultimi mesi prima della vendemmia. Agronomi quindi, che sanno fa interagire le conoscenze scientifiche con la sapienza contadina, ma anche potatori capaci di scegliere il sistema di allevamento e il taglio giusti. Potare non è da tutti, quei pochi che conoscono un po’ l’agricoltura sanno che è una delle specialità più pagate, e in effetti un motivo c’è. L’errore di un taglio può portare seri problemi ad una pianta, sbagliare la forma di allevamento pregiudica il rendimento della pianta nella stagione e, in alcuni casi, per il resto della sua vita. Ecco perché sono nati progetti di formazione specifici, il più importante dei quali in Italia, e forse nel mondo, è quello di Simonit & Sirch (http://www.simonitesirch.it/), due friulani che hanno deciso di integrare nozioni scientifiche con conoscenze pratiche e dar vita a un sistema di istruzione per “preparatori d’uva”. Così rispondiamo anche alla domanda iniziale: quanto vale il lavoro nei campi prima della vendemmia? Tantissimo, è essenziale alla buona riuscita del vino. 

Marco Simonit e Pierpaolo Sirch e i loro collaboratori, forti di dodici sedi stabili della loro scuola di potatura in tutta Italia, sono arrivati anche ai Castelli Romani con un corso che ha raccolto iscritti da tutto il centro Italia. Lezioni teoriche alla sede dell’Unità per le produzioni enologiche dell’Italia centrale del CRA (Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura) di Velletri, l’ex Cantina Sperimentale, e dimostrazioni pratiche nei vigneti di Mauro Carpineti a Cori. Uno progetto partito nel 1998 e ormai attivo nei migliori territorio di produzione d’Europa con consulenze specifiche oltre che in Italia anche in Francia, Austria, Germania, Portogallo e Spagna. Il concetto di base di questo metodo è legato allo studio della fisiologia della pianta, ben visibile nelle sezioni longitudinali delle viti portate in giro comodamente in una sacca da tennis dagli insegnati. Gli esempi sono chiarissimi, una potatura scoordinata provoca intensa lacerazioni nel legno, ferite che mano a mano si rimarginano perché la natura a suo modo è sempre vivificante, ma che evidentemente provocano alla pianta stress inutili, cadute di rendimento e – come per l’uomo – maggiore vulnerabilità. Il tutto raccolto in quattro regole fondamentali: il Metodo si fonda su 4 regole base che possono essere applicate universalmente: permettere alla pianta di crescere con l’età e di occupare spazio col fusto e con i rami; garantire la continuità del flusso linfatico all’interno della pianta; eseguire tagli corretti e di piccole dimensioni sul legno giovane, poco invasivi; utilizzare la cosiddetta tecnica “del legno di rispetto” per allontanare il disseccamento dal flusso principale della linfa. Insieme a questi aspetti generali esistono poi una serie di conoscenze sul taglio vero e proprio, magari ovvie per quei pochi esperti potatori rimasti in circolazione, che però in larga parte erano andate perse. 

Ancora una volta, dopo la puntata sul sommelier, ho voluto indagare un aspetto spesso ritenuto secondario ma che, invece, ha molta importanza e può anche essere a tutti gli effetti una soluzione lavorativa per giovani con voglia di fare e di imparare.

 

La bottiglia della settimana

Sole-Uve_webSole Uve Umbria IGT Grechetto 2012 – Tenuta Le Velette (www.levelette.it

Il Grechetto ha trovato in Umbria, e in particolare a Orvieto, uno dei suoi territori d’elezione. Pur non riuscendo, fino a qualche tempo fa, a diventarne protagonista assoluto. Usato quindi per entrare negli uvaggi dell’Orvieto Classico è poi stato, finalmente, scoperto in purezza. In questo senso va il Sole Uve della Tenuta Le Velette, nell’omonima contrada posta sulla rupe di rimpetto alla rocca tufacea su cui sorge uno dei Duomi più belli d’Italia. Qui Corrado Bottai e la sua famiglia coltivano oltre 100 ettari di vigne proprie in un luogo che ha visto avvicendarsi nelle vigne gli Etruschi, poi i monaci e infine la famiglia elici-Bottai appunto. 

Passiamo ora al vino, un bianco di grande struttura (data proprio dall’uva) e di forte personalità. Giallo intenso con riflessi dorati al naso presenta profumi speziati e leggeri sentori di vaniglia anche grazie al passaggio in legno per la fermentazione della metà del mosto. Le uve vengono raccolte di solito alla fine di settembre, la fermentazione avviene per metà in acciaio inox a temperatura controllata mentre l’altra metà viene vinificata in fusti di rovere senza controllo termico. L’affinamento, prima in vasca e poi in bottiglia, serve a smussare i tannini espressi copiosamente, per essere un bianco, dal Grechetto. Alla fine il vino è robusto, intenso nei profumi ma anche fresco vista la provenienza vulcanica dei terreni. Risulta capace di invecchiare più di altri, quindi – più che per l’Orvieto Classico – in questo caso si può aspettare senza timore qualche anno per stapparlo. L’abbinamento va oltre il classico pesce, anzi da evitare forse con preparazioni troppo delicate al vapore, per sfruttare invece i sapori decisi dei salumi e dei formaggi di media stagionatura, primi con carne o sughi ristretti. 

Prezzo: 12/14 euro in enoteca*

* I prezzi sono puramente indicativi e posso variare anche in maniera considerevole

 

 

Piccoli sorsi – Nozioni e termini tecnici dell’enomondo

Franco di piede

No, non stiamo parlando di un calciatore di nome Franco ma dell’essenza stessa del vigneto europeo. L’epidemia di Fillossera, un insetto capace di attaccare e distruggere la vite “importato” dalle Americhe, di fine ottocento distrusse completamente le vigne europee, incapaci di reagire a questo attacco. La vite americana invece aveva sviluppato la sua difesa, almeno per le radici, e quindi per impiantare nuovi vigneti fu necessario – dopo vari esperimenti – arrivare alla vite composta, ovvero un “piede” fatto di vite americana (di cui ormai esistono tantissimi cloni con caratteristiche diverse) e un “innesto”, che è il vitigno vero e proprio (Grechetto, Trebbiano, Sauvignon, Sangiovese ecc.). Sappiate quindi che in Europa tutti i vigneti che vi capiterà di visitare non sono formati da viti “franco di piede”, ovvero da vite europea unica ma da viti composte. Ad esclusione di qualche piccolo appezzamento nelle isole sparse per il Mediterraneo (Sant’Antioco in Sardegna ad esempio), dove la Fillossera non è riuscita – per fortuna – ad arrivare.

 

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