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VINOPEDIA – Alla ricerca dell’identità del Cannellino col progetto ‘We Can’

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Paolo Pietromarchi del Cra-Enc di Velletri

Paolo Pietromarchi del Cra-Enc di Velletri

di Fabio Ciarla

Il “Cannellino” è ufficialmente una menzione entrata a far parte del riconoscimento della DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Garantita), ovvero il massimo delle classificazioni di tutela in Italia, ma pur vantando una tradizione secolare non è probabilmente tra i vini più conosciuti e “riconoscibili” del territorio. Per far luce su questa criticità e sulle possibilità di sviluppo, favorite dalla tecnica e della sperimentazione, è stato organizzato un convegno, venerdì 14 marzo, nell’azienda Felice Gasperini di Monteporzio Catone, nel quale sono intervenuti i responsabili del progetto di ricerca “We Can”, gioco di parole in cui Can sta anche per Can-nellino, insieme a produttori e istituzioni locali.
Il progetto, nato da una collaborazione di trasferimento/ricerca in base al PSR Lazio 2007-2013, ha come obiettivo finale proprio l’apporto di innovazioni nel processo produttivo “mediante tecniche di postraccolta e appassimento”, che sono poi una delle specializzazioni della sede CRA (Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura) di Velletri in quanto Unità di ricerca per le produzioni enologiche dell’Italia centrale, in collaborazione con il DIBAF (Dipartimento per l’Innovazione dei Sistemi Biologici, Agroalimentari e Forestali) dell’Università della Tuscia di Viterbo. Tra i partner non potevano mancare, ovviamente, il Consorzio per la Tutela della Denominazione Frascati, rappresentato all’appuntamento dal presidente Mauro De Angelis, e la Comunità Montana dei Castelli Romani e Prenestini con il presidente Giuseppe De Righi. Onori di casa affidati invece al sindaco di Monteporzio Luciano Gori.
L’apertura dei lavori è stata affidata a Fulvio Comandini, coordinatore del progetto, che prima di lasciare spazio agli interventi tecnici ha dato conto del perché di certi ritardi, con un processo burocratico assurdo che ha richiesto – addirittura – la certificazione che l’Università della Tuscia fosse abilitata a svolgere ricerca scientifica. Entrando poi nel merito Comandini ha anche ricordato che la menzione Cannellino, riconosciuta nel 1963 e assimilabile a un vino da vendemmia tardiva con uve parzialmente appassite in pianta, oggi sia “difficile da interpretare in un mercato che chiede personalità nette per farsi largo in un ampio contenitore come i vini da dessert” aggiungendo anche “In futuro cercheremo anche di dare suggerimenti sugli uvaggi in base a studi ed esperimenti ma rimane fondamentale capire come inserire questo prodotto nel mercato di oggi”.
A conferma di queste difficoltà sono arrivati gli interventi di Simonetta Moretti del CRA-Enc di Velletri dal titolo “Il trasferimento del know-how per la valorizzazione della DOCG Cannellino Frascati”, del professor Fabio Mencarelli (con la collaborazione di Andrea Bellincontro) dell’Università della Tuscia “Gestione e controllo delle uve in appassimento” e, per finire, di Paolo Pietromarchi e Domenico Tiberi (CRA-Enc) su “Aspetti tecnici nella vinificazione delle uve passite”.

La relazione del prof. Fabio Mencarelli

La relazione del prof. Fabio Mencarelli

La variabilità dei prodotti, constatata prima con i dati analitici presentati dalla dottoressa Moretti e poi con la degustazione finale di quattro Cannellini in commercio accostati a una Malvasia in purezza con appassimento presso il CRA-Enc di Velletri, è stata sicuramente la prima ad essere messa sul “banco degli imputati”, dando per scontato che il primo obiettivo è proprio quello di raggiungere, nonostante le larghe maglie del disciplinare di produzione, una tipologia univoca di Cannellino che possa così presentarsi – al di là delle ovvie differenze qualitative di ciascuna azienda – come un vino riconoscibile. Altro concetto caro agli istituti di ricerca è ovviamente l’ingresso, anche economico, del mondo imprenditoriale e istituzionale nei progetti di sviluppo.

Le risposte, a cominciare dall’azienda che ha ospitato l’incontro, sono sembrate positive, ci sono quindi buone possibilità affinché gli sforzi fatti possano essere presto trasferiti in protocolli condivisi e diffusi. Un miglioramento di identità e di qualità del Cannellino che possa portare, di conseguenza, a un aumento del valore del marchio che attualmente con solo 1000 ettolitri circa l’anno di produzione (sugli 80/90 mila della Denominazione Frascati) rappresenta una piccolissima parte del tutto, ma che può diventare la punta dorata di una produzione vitivinicola che vuole riscoprirsi, oltre che conosciuta, anche “grande”.

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