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Vinopedia – Vinitaly 2014, il punto più basso per i vini del Lazio?

Padiglione Lazio Vinitaly 2014

vinopedia

A Verona il padiglione si è dimezzato, alcune delle aziende più conosciute si trovano in altri spazi e la regione continua ad essere la Cenerentola dell’appuntamento più importante del vino italiano

 

Padiglione Lazio Vinitaly 2014a cura di Fabio Ciarla

Quella che si è da poco conclusa a Verona è probabilmente l’edizione più difficile per i vini del Lazio, almeno negli ultimi dieci anni, e si spera sia anche quella in cui si è toccato il fondo, dalla quale cioè si possa seriamente ricominciare a crescere.

Un dato su tutti, il “padiglione” Lazio, già una delle tensostrutture non certo tra le più grandi ma comunque in ottima posizione di fronte all’ingresso Cangrande, quest’anno era addirittura diventato la metà, con il restante spazio occupato dalle cantine e dai vini dell’Irpinia. 

Un dato negativo di rilevanza oggettiva, solo in parte mitigato dagli sforzi fatti con la creazione di un nuovo sito internet dalla difficile memorizzazione (www.vininelazio.com) e iniziative regionali forse non eccezionali pur se lodevole è stato vedere presenti l’assessore all’Agricoltura, Sonia Ricci, e il presidente della Regione, Nicola Zingaretti, tra gli stand. In particolare si è parlato di quella che per ora è solo una norma, ovvero la DOC Roma, con un progetto complessivo tutto da valutare.

A concludere invece il  quadro negativo c’è la responsabilità delle aziende, a cominciare dalla veliterno Coprovi che per anni ha occupato un intero angolo del padiglione e che quest’anno, per le vicende finanziarie che tutti conosciamo, non era presente. A toccare realmente il fondo in effetti è stata proprio la città di Velletri, del tutto assente al Vinitaly se non fosse per “Omina Romana”, mega progetto creato da un imprenditore tedesco (Anton F. Borner, presidente dell’associazione per il commercio estero del suo Paese) che ha realizzato uno stand bellissimo ed enorme fuori dal padiglione del Lazio, con enologi e vitigni assolutamente NON locali, con lo scopo dichiarato di agire soprattutto sul mercato estero. Insomma di Velletri c’è solo il terreno, scelta rispettabile e che comunque lancia una sfida a chi pensa che in zona non si possano produrre vini eccellenti e di alta qualità.

Aziende note anche fuori dai confini regionali comunque erano presenti nel padiglione, dalle affermate Casale del Giglio, Sergio Mottura e Marco Carpineti alle nuove Cantine Lupo e la rinnovata Cincinnato, per non parlare di realtà storiche del Frascati come Conte Zandotti o del nord della Regione come Casale Cento Corvi. Senza nulla togliere ovviamente a tutte le altre realtà che hanno creduto, a loro spese, nell’evento e nella propria appartenenza regionale e che, anche solo per questo, vanno ringraziate. Mancavano d’altronde anche i Consorzi, a cominciare da quello del Frascati.

Il problema, evidentemente, è strutturale e non può riguardare un solo aspetto. Né la politica, né le aziende, né i Consorzi da soli possono cambiare le cose dalla sera alla mattina. L’idea di fare sistema e di segnare una via comune e condivisa non è semplice e, ormai è evidente, la Regione Lazio non è in grado di uscire dai vincoli politici, e di bilancio, che le impediscono di ergersi a ruolo di coordinatrice del tutto. Le aziende già scontano difficoltà economiche dovute alla crisi e alla burocrazia, non è pensabile di chiedere – se non ai più grandi – sforzi filantropici. 

Cosa fare dunque?

Ognuno un pezzo, la Regione potrebbe per il 2015 (anno dell’Expo di Milano dedicato all’Alimentazione) innanzitutto organizzarsi per tempo e riprendersi tutto il padiglione A. Con una certezza veloce in questo senso, e i dovuti contrappesi verso i singoli, si può sperare di agire verso quei marchi che comunque rappresentano il Lazio ma che al momento si collocano, per scelta imprenditoriale, fuori dal padiglione. La già citata Omina Romana ad esempio ma anche la famosa e storica Tenuta di Fiorano, la grande Fontana Candida o il Gotto d’Oro.

Le aziende da parte loro accettino il concetto che, oggettivamente, non sono tutte uguali. Ci sono progetti che prevedono investimenti di milioni di euro e altri che hanno notorietà internazionale che devono in qualche modo primeggiare su altri, magari di simile qualità ma di impronta familiare. La scelta in questo senso non è etica ma pratica, in questa situazione può essere un bene far esporre le grandi e affermate, che devono servire da traino e spendere – non solo economicamente ma anche in relazioni e contatti – di più delle altre ma allo stesso tempo devono poter beneficiare di questa leadership. Una situazione che, in un padiglione Lazio davvero unito, significa un grande sviluppo per tutti.

Infine una nota estetica, tra le novità che devono contraddistinguere il nuovo corso dei vini del Lazio ce n’è una che può significare molto, ovvero l’esterno del padiglione. Uno spazio quadrato, non un vero e proprio cerchio quindi ma facilmente trasformabile con un’apposita scenografia in un piccolo Colosseo. A quel punto si potranno evitare anche i noti e consueti richiami al vino, di sicuro il 90% dei visitatori stranieri (ma anche quelli italiani di altre regioni) entreranno a fare un giro dentro al Colosseo, anche solo per curiosità. Certo ci vogliono investimenti, lungimiranza, visioni lontane dal tornaconto politico, sistemi di comunicazione e promozione efficienti e innovativi. Insomma un progetto vero e serio, qualcosa che nel Lazio forse non si è mai visto e che sembra davvero un’utopia.

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