Attualità

Vinopedia – Tra terra e mare, vini di Sardegna e di Maremma

porcheddu

di Fabio Ciarlaporcheddu

La Sardegna è un’isola, famosa per le acque cristalline, si mangerà tanto pesce. La Maremma è zona di butteri e cavalli, si mangerà tanta carne. Enunciati tanto veri quando imprecisi, è vero che in alcune zone dell’isola famosa per la Costa Smeralda (ma anche per il torrone di Tonara per esempio) il pesce è richiestissimo ma è pur vero che la vera tradizione culinaria sarda è di terra, parliamo di formaggi e carne di pecora, ma anche maiale e cinghiale. Al contrario, per la Maremma, insieme ai cinghiali e alla cacciagione in generale, è bene ricordare la grande tradizione marinara, che a Grosseto è più che presente anche in centro e non solo nella zona balneare.

E come saranno i vini di regioni così ambivalenti per poter accompagnare pietanze tanto diverse? La risposta è sicuramente nella tipologia, bianco o rosso, ma non finisce qui. Sia nella parte bassa della Toscana sia in alcune zone della Sardegna, sono presenti infatti suoli dalle caratteristiche davvero uniche, perché espressione di eruzioni vulcaniche, con tutto quanto di buono questo può portare con sé. Parliamo quindi di vigneti, spesso con piede franco, che possono esprimere una mineralità unica, diversa da qualsiasi altra e frutto proprio delle particolari condizioni del terreno dove nascono. Ecco una delle caratteristiche che possono rendere questi vini adatti sia a cucine di terra sia di mare, la sapidità che spesso li accompagna rende fresca e piacevole la beva mentre la ricchezza di profumi si abbina perfettamente alle cucine tipiche delle macchie della costa mediterranea. Una storia raccontata sapientemente dall’associazione Volcanic Wines, che parte dal Consorzio di Soave e raccoglie più o meno tutti i territori vitati su suolo vulcanico d’Italia (Lazio, Sardegna, Campania, Basilicata, Umbria, Toscana, Sicilia e Veneto).

Un focus aggiuntivo va probabilmente fatto sul valore della cacciagione, con le tradizioni sarde e maremmane che vedono prevalere il cinghiale su qualsiasi altro selvatico in circolazione. Carni gustose e ricche di nutrienti, dalle proteine nobili ai minerali, e quasi prive di grassi grazie all’attività fisica che gli animali liberi fanno. Concetti di responsabilità che, come per la cucina di terra in Sardegna e di mare in Maremma, sembrano cozzare con il senso comune. Eppure rimane sicuramente più accettabile il consumo di un animale selvatico prelevato in natura che di un vitello o un maiale nati e allevati in cattività al solo scopo di diventare la nostra bistecca a buon prezzo in vendita al supermercato. Una rivoluzione che, come per i vini cosiddetti “artigianali”, deve cominciare a trovare spazio nelle persone e nei fornitori.

Un brindisi quindi ai vini del vulcano e alla carne di cacciagione.

 

La bottiglia della settimana

Terraferma

Terraferma

Terraferma 2010 IGT Puglia Rosso – Cantine Paradiso (www.cantineparadiso.it)

Due vitigni autoctoni, uno ormai famoso (il Primitivo) e uno ancora da riscoprire (Nero di Troia), uniti in parti quasi uguali per formare questo ottimo rappresentante dei vini del Sud. Le Cantine Paradiso hanno scelto di premiare la riscoperta di produzioni locali pugliesi, a questi si aggiunge infatti il Negroamaro, per ottenere prodotti di qualità seguendo la tradizione e, a volte, reinterpretandola. In questo caso l’unione del robusto Primitivo con il Nero di Troia, espressione di altra zona del territorio e con caratteristiche di freschezza, sembra offrire la giusta dose di emozioni per chi non riesce a decidersi tra i due. Anche la raccolta segna una distinzione netta tra i due, con il Primitivo raccolto a fine agosto e il Nero di Troia a inizio ottobre, ma entrambi curati per avere basse rese, tra i 70 e gli 80 quintali per ettaro. L’affinamento, dopo i primi due mesi in acciaio, prevede anche un anno in barrique sebbene poi i sentori di vaniglia e boisé al naso non siano, per fortuna, così presenti. Un vino interessante proprio perché esprime doti di robustezza e di freschezza insieme, con un ingresso dolce in bocca tipico di molti rossi del Sud.

Prezzo medio in enoteca*: 18 euro

* I prezzi sono puramente indicativi e possono variare anche in maniera considerevole.

 

Piccoli sorsi – Nozioni e termini tecnici dell’enomondo

Marne o argille, sabbioso o tufaceo: il ruolo del suolo

L’argomento principale di questa puntata di Vinopedia tratta in qualche modo anche questo aspetto, ora cerchiamo di andare un po’ più nello specifico – ma rimanendo comunque nella divulgazione e non nell’approfondimento scientifico – del rapporto tra vino e geologia.

Il fatto che esistano vari tipi di suolo e che ognuno apporti qualcosa di diverso al vino, qualunque vitigno si pianti, è accertato e frutto di considerazioni chiaramente comprensibili. Suoli calcarei daranno robustezza e finezza al vino grazie all’apporto di calcio (Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene), quando abbonda invece il Potassio come nel caso dei terreni vulcanici spesso si hanno vini ricchi di grado zuccherino (Greco di Tufo, Aglianico del Vulture, Moscato di Pantelleria ecc.), i terreni argillosi invece anno solitamente un aumento di intensità di colore e di alcol (Primitivo di Manduria, Brunello di Montalcino ecc.). Insomma quando si apre un vino, per assurdo che può sembrare, si dovrebbe conoscere anche il suolo dal quale proviene per poterne capire tutti i pregi e gli eventuali difetti.

 

Per l’invio di campionature in degustazione, gratuite e senza alcun vincolo né per la redazione né per l’azienda, scrivere a direttore@castellinotizie.it o a fabiociarla@gmail.com

In collaborazione con www.enoagricola.org

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