Ciampino – IGDO, una savana cittadina chiusa in un parco pubblico mai realizzato

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di Maria Lanciotti

DSCN1019Polmone verde al centro di Ciampino. Innegabile. Basta intrufolare l’occhio o l’obiettivo di una macchina fotografica in uno dei pertugi dell’area blindata, rigorosamente “protetta” da eccezionali misure di sicurezza, per sentirsi catapultati in altro clima e ambiente, determinati da una folta boscaglia che sempre più velocemente sta invadendo il colosso architettonico, noto come il Sacro Cuore, annesso alla chiesa parrocchiale omonima. Pare addirittura di vedere aggirarsi, nel folto della rigogliosissima vegetazione, belve e serpentoni boa, a caccia grossa di animali di ogni specie che al Sacro Cuore si sono infrattati e riprodotti nel corso degli ultimi decenni. Una savana cittadina chiusa al pubblico, di cui non andare certo fieri, in sostituzione di un parco urbano frequentabile e curato, mai realizzato.

La storia dell’IGDO – Istituto Gesù Divino Operaio – è un coltello nel fianco dei ciampinesi doc e un blando punto interrogativo per i nuovi arrivati, che vivono la cittadina dei servizi per quello che offre, senza agganci con i precedenti storici del luogo. Tanti gli utilizzi prospettati per il meraviglioso complesso – edificato intorno alla metà degli anni Venti, nucleo centrale della “Città giardino” che stava sorgendo – tutti miseramente accantonati dalle Amministrazioni di passaggio, nonostante l’impegno di Associazioni e Gruppi di Studio a fornire e sollecitare soluzioni per la salvaguardia di un patrimonio invidiabile, incredibilmente lasciato a marcire nel disinteresse della cittadinanza. Fatta salva la parte di pertinenza della chiesa, debitamente ristrutturata e in funzione come “Opera Gesù Divino Operaio”.

Passare da quelle parti e rilevare la diversa gestione dello stesso complesso, solido e saldo e solo bisognoso di adeguati interventi strutturali, come inconfutabilmente dimostrato con il recupero dell’ex IGDO da parte della parrocchia, scatena una ridda di riflessioni amare da mozzare il respiro, e quel “polmone verde” che dovrebbe fornire ossigeno si pianta in gola come un boccone storto, impossibile da mandare giù. Ma tant’è: ci si abitua a convivere anche con le peggiori sconcezze, riportandone al massimo un senso di dispnea in forma acuta e cronica, da addebitare  semplicisticamente all’inquinamento, che non riguarda solo l’Ambiente.

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