Cultura

Velletri – Domenica 13 dicembre al Teatro Aurora va in scena l’Orgoglio Velletrano

Orgoglio Velletrano locandina

Domenica 13 dicembre, alle ore 18, presso il Teatro Aurora di Velletri, andrà in scena, ad ingresso libero, lo spettacolo teatrale in dialetto, L’Orgoglio Velletrano’.  Da un’idea di Maria Paola De Marchis, sostenuta da:  Colombo Cafarotti, Filippo Ferrara, Giorgio Manganello,  Mario Lozzi,  Patrizia Audino e Tonino Cicinelli, realizzata da Roberto Pennacchini e interpretata da Angelo Cavaterra, Antonella Fede, Enrico Cappelli, Federico Vitale, Lorenzo Vitale, Marco Tredici, Massimo Martoccia, Paolo Acchioni, Roberto Pennacchini, Sara Leoni e Tiziana Di Lazzaro. Con la preziosa collaborazione di: Cristian Marsella, Giulio Montagna, Roberto Zaccagnini, Sandro Natalizi e Velester Folk.

 Orgoglio Velletrano locandinaIl filo  della  vita  scorre  implacabile  per  tutti  ed  assume  colori diversi.  Essi rappresentano gli stati d’animo che ognuno nutre nel suo pensiero, nei battiti del cuore, nei ritmi più o meno accelerati del respiro.

Ciascuno ha il suo filo e, con quelli degli altri intreccia tessuti, matasse, nodi, spesso inestricabili, qualche volta belli e colorati di fantasia.

Questo lavoro ha afferrato la treccia di fili che scorre a Velletri. Treccia che sa di terra, di vino, di danze e canti, di baruffe e di poesia.

Un racconto di sofferenze, spesso sopportare con pazienza, spesso origine di liti e ribellioni, a volte cemento di amore profond o.  Su tutto questo intrecciarsi di eventi, per la maggior parte angosciosi, campeggia la  fantasia creatrice dei personaggi.. Che è espressa nella lingua  del paese. Lingua e non dialetto, scaturita da eventi antichi  e da un ininterrotto scorrere di culture secolari. Lingua che  sarà presentata  soprattutto  in  forma poetica: dolce, allegra,

ironica. Lingua che sottolineerà la violenza delle liti che i poveri portano  al parossismo  per  una  esigua  striscia  di terra.  Lingua ancora   che  saprà descrivere  la  tenerezza  generosa  dell’amore

materno  e la ruvida voglia del padre, che vorrebbe vedere i figli crescere con un benessere che sembra solo ingannevole.  Si  tratta  di  situazioni  varie  dove  con  la danza della tradizione,  come il saltarello, sembra come se si cercasse di scuotere via la fatica giornaliera, la terra che si è attaccata alle vesti e alla pelle, l’angoscia del domani intriso di povertà e di fame.

Uno squarcio di vita del passato, dove il simbolo dominante è una capanna. Ci piove, ci si sta stretti, ma lì dentro c’è vita, passione, amore.  E poi la speranza. Una casa vera. Di pietra, calce, tegole. Una speranza che a noi, abituati agli appartamenti,  non svela più il senso  del saper apprezzare quello che  si vive.

Una casa che nasce anche dalla violenta energia dell’abitante di Velletri che è capace di dire perfino al Creatore:  “Che me sì sputato?”.   

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