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E’ la notte della Pasquella: a Velletri e Lariano ci si appresta ad ospitare le ‘cavette’

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Il sindaco Servadio, con la sciarpa rossa, insieme ad una 'cavetta' in una Pasquella del 2012

Il sindaco Servadio, con la sciarpa rossa, insieme ad una ‘cavetta’ in una Pasquella del 2012

Ora che le luci del giorno stanno lasciando spazio al buio della notte, sperando che le condizioni meteorologiche volgano al meglio, cresce l’attesa e la trepidazione per l’arrivo dei Re Magi, che sanciranno, nel giorno dell’Epifania, la fine delle festività natalizie.

Se in tantissimi attendono anche la visita della Befana c’è chi, a Velletri e Lariano, questa notte resterà sveglio nell’attesa dell’arrivo dei pasquellari, che entreranno in azione nelle campagne e nelle zone pedementonane, dopo essersi già esibiti nel pomeriggio lungo le vie cittadine.

Con l’ausilio de ‘Le Tradizioni Velletrane’ di Roberto Zaccagnini, andiamo a scoprire qualcosa di più della Pasquella. “Si tratta di un canto augurale che si conclude con la richiesta di doni e cibarie. Con riti e nomi diversi, tra i quali quello di Pasquella, la tradizione appartiene a varie regioni d’Italia, anche se per molti l’origine è abruzzese. Sarebbe stata portata nelle nostre contrade dai pastori che d’inverno scendevano per la transumanza nella campagna romana. Sono solitamente quattro i pasquellari che compongono una squadra, detta “cavetta”.

“Gavétta” era antico termine marinaresco per intendere il gruppo di soldati che mangiavano nella stessa gavetta, e poi drappello di soldati di scorta al Papa; oggi è usato per definire qualsiasi gruppo di persone addetto a un certo lavoro o operazione. Essi sono muniti di strumenti che, ovviamente, sono quelli tradizionali del luogo. Oltre al cantore che porta anche il cesto per raccogliere i doni, uno ritma col tamburello, uno suona la fisarmonica (o il vecchio organetto a due alti e due bassi, in Abruzzo detto “du’ bbòtt”), e l’altro accompagna con la “caccavèlla”.

Una 'Pasquella' cantata al Bargello nel gennaio del 2013

Una ‘Pasquella’ cantata al Bargello nel gennaio del 2013

La notte della Befana, i pasquellari si pongono nei pressi di una casa e iniziano a suonare la Pasquella. Di regola non dovrebbero esserci luci accese all’esterno, e chi è in casa non dovrebbe curiosare fuori. Alla fine del canto, se il padrone di casa è disposto ad accettare i pasquellari, apre leggermente la finestra o la porta. E’ il segnale che la squadra può entrare in casa. Con l’installazione della rete elettrica nelle zone rurali pure l’accensione di una luce esterna può essere il segnale, ma non c’è subito l’incontro con la famiglia: nell’ingresso vengono preparate bevande e cibarie e i doni da portar via. Solo dopo aver consumato, può esserci l’incontro con i padroni di casa, e i pasquellari possono, a richiesta, continuare a cantare e suonare in casa.

Della Pasquella esistono diverse versioni, pur nascendo tutte evidentemente da uno stesso canovaccio e riconducendosi tutte allo stesso spirito. Alla fine ogni gruppo di Pasquellari, avendo tramandato a voce i testi, riesce ad apportare le proprie personali modifiche. Due sono invece le diverse, principali intonazioni del canto, caratteristiche delle due contrade montane dove la tradizione è più viva”.

 

Trascriviamo un testo mediato tra quelli più accreditati tratto da “Le tradizioni velletrane” di Roberto Zaccagnini

Ti saluto padron di casa, (2 volte) prima a te, poi la tua sposa, (2 volte)

la famiglia in compagnia: Viva Pasqua Befanìa.

Siamo quattro, non siam più otto/ tutti e quattro co’ lo fagotto.

Sotto l’ombra delle rose / si sentivan cantar gli uccelli.

Usignoli e cardarelli / fanno i cori arillegrare.

Dalle grotte di Bettalèmme / ci ha mandato Gesù e Maria.

Ci ha mandato Gesù e Maria: / Viva Pasqua Befanìa.

Dall’oriente siamo partiti, / per portarvi questa novella.

Per portarvi questa novella, / l’anno novo e la Pasquella.

Benedico questa casa, / chi c’è dentro e chi ce riposa.

Il marito co’ la sua sposa, / la famiglia in compagnia.

O pe’ fossi o pe’ scatafossi / dove passiamo noi stanotte: co’ le mano e co’ li piedi, / troveremo ‘na stradella.

Per portarvi questa novella / l’anno novo e la Pasquella.

E s’accosta mezzanotte, / padrone caro apri le porte.

E dal cielo casca la brina, / fa venire la tremarella.

E se noi abbassiamo l’occhi / non vediamo più la terra, ma vediamo un manto bianco. /

Arrivederci a quest’artr’anno. (veloce; ritmo del saltarello)

Arzete padrone, piano piano, (1 volta) e piglia ‘na cannatella co’ lo vino. (2 volte)

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