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Velletri – Giovedì lo sgombero su viale Roma. Il drammatico appello di Anna Maria

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anna mariaMancano poche ore allo sfratto per le famiglie dello stabile di viale Roma, che da circa trent’anni occupano appartamenti resi disponibili dal Comune, che a sua volta li aveva avuti da un proprietario a seguiti dell’emergenza abitativa, su cui aveva pesato anche il terremoto degli anni ’80. Noi di castellinotizie.it, avendo dato voce in primis alle dichiarazioni del coordinatore di Forza Italia, Riccardo Iannuzzi (leggi qui), e chiedendo lumi in seguito all’assessore ai Servizi Sociali, Giulia Ciafrei (leggi qui), raccogliamo ora gli sfoghi e le rivendicazioni di una signora coinvolta nella delicata vicenda, peraltro in un precario stato di salute (invalida al 100%, che vive da sola, con una sola bombola d’ossigeno e due tumori a farle compagnia). 

“Noi non siamo abusivi – dice Anna Maria de Marchis – perchè qui ci ha messo il Comune, ed io personalmente ho sempre pagato quanto dovuto tramite bollettino postale, ossia 100 euro al mese, che prima erano 100 mila lire, senza contare le bollette per le utenze. Quando ho chiesto spiegazioni all’ufficio patrimonio non mi hanno saputo rispondere e mi hanno chiesto pure 6mila euro di morosità pregresse”.

Uno dei tanti bollettini pagati al Comune dalla signora Anna Maria

Uno dei tanti bollettini pagati al Comune dalla signora Anna Maria

“Se mi mandano via dove vado?”: una domanda drammatica quella di Anna Maria, la stessa che probabilmente si pongono tutti gli altri inquilini dello stabile, che ora la proprietà rivuole indietro.  L’assessore Ciafrei nello spiegare le motivazioni dello sfratto ha sottolineato che a trent’anni di distanza, per almeno sei famiglie su otto che abitano nell’edificio, non sussistono più le condizioni originarie: “Quelle cose – ha replicato Anna Maria – dovrà venire a dirmele in faccia, solo allora scenderò per strada e mi metterò a dormire sul Ponte Rosso”.

“Ormai non ho più nulla da perdere, mi hanno messo loro qui nel dicembre 1985, sola con tre bambini  – continua amaramente la donna -, dopo che avevo persino dormito in macchina. Ho chiesto una casa più piccola, mi basta anche con una camera e cucina, ma non me l’hanno data, nonostante sarei disposta a pagare sino a 200 euro. Venite a vedere in che stato sono queste case, umide e senza riscaldamenti. Abbiamo persino dovuto mettere soldi di tasca nostra per eseguito dei lavori per ripulire tutto, e io ho speso 3mila euro, tutti dimostrabili con apposite ricevute. La beffa – ha aggiunto Anna Maria – è che ci considerano pure abusivi e ci hanno escluso dalla lista delle case popolari, dopo che ho fatto svariate domande per accedervi”.

In trent’anni di permanenza c’è un’intera vita che rischia di essere smantellata dando seguito all’ordinanza di sfratto. “I citofoni ce li siamo messi da soli, chiamando un elettricista, compresa la luce delle scale, che è intestata a me da tanti anni”.

Il racconto di Anna Maria si fa drammatico: “Sono stato operata 4 volte al fegato e non so neppure quanto camperò ancora. Ho un tumore, sono in ossigeno terapia 18 ore al giorno, e la notte mi sveglio per gli incubi. Avrei bisogno di serenità” ha aggiunto, “ma mi hanno tolto anche quella”.

Lo sfogo assume i contorni di un’emergenza sociale e abitativa che pesa enormemente sulle spalle di tante famiglie veliterne, tra sfratti, lunghe attese di un alloggio e vicende incancrenite nel tempo – come in questo caso – dove a rimetterci sono le persone, e per cui ci si auspica una soluzione diversa. “Dopo trent’anni ci mandano via, come se stessimo parlando di un loculo. Vorrei sapere i soldi che ho versato che fine hanno fatto, e in base a cosa se li sono presi se non è mai esistito un contratto. Invece di fare teatri e teatrini facciano una casa famiglia, per le persone sole, perchè a 64 anni non posso farmi mangiare la pensione per un alloggio. Purtroppo – ha dichiarato amaramente Anna Maria – siamo diventati la feccia dell’umanità: non sono razzista, ma è pazzesco che i primi in graduatoria siano tutti extracomunitari. Per giunta, da quel che so, per sentito dire, la proprietaria sarebbe stata persino propensa a lasciarci gli alloggi, facendoci pagare l’affitto al Comune, che però pare non volerne sapere. Per 30 anni – ha concluso – si sono presi i soldi e voglio sapere cosa ci hanno fatto e a quale titolo se li sono presi se non c’è un contratto. Io non l’ho mai saputo che quell’alloggio era di un privato, visto che all’epoca fui accompagnata qui dal funzionario dell’ufficio casa, insieme a due vigili e all’assistente sociale. Dopodichè mi hanno dato la casuale del conto corrente dove mandare l’affitto e così ho fatto, come testimoniato dalle ricevute in mio possesso…”. 

Giovedì 28 aprile, ore 9.30, se ne saprà di più, visto che proprio a quel giorno e a quell’ora è previsto l’arrivo dell’ufficiale giudiziario…

Michela Emili 

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