Cultura

LIBRIAMOCI – I consigli per l’autunno dalla storica libreria frascatana di Alberto Collacchi

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libreria-frascatia cura di Sabrina Patruno

“Chi non legge avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni”. A dirlo è stato il grande Umberto Eco ed è con queste parole che abbiamo scelto di  aprire la pagina dedicata ai consigli di lettura. L’estate è passata e per molti questa è stata sinonimo di vacanze. Per sciogliere il dubbio su quali libri potevano essere messi in valigia e, all’occorrenza, rispolverati anche ora che le giornate si faranno via via più corte e fredde, siamo andati ad intervistare Alberto Collacchi, libraio pioniere a Frascati, che oltre ad avvicinarci ad una professione affascinante e senza tempo ci ha suggerito qualche lettura per tutti i giorni.

Come nasce il progetto della libreria?

Noi nasciamo come libreria indipendente specializzata in fumetti nel 1975 a Roma. Più tardi, nel 1980 nasce il progetto Libreria Cavour a Frascati dei fratelli Collacchi. La passione per la libreria viene fuori grazie all’amore per la lettura e perché ad un certo punto ti rendi conto che è l’unico posto in cui stai bene. È come un’illuminazione, un innamoramento, scocca una grande scintilla che rimane sempre con te. Ma a volte tutto questo si trasforma in un’arma a doppio taglio perché non ti permette di avere la lucidità necessaria all’interno di un’attività commerciale. Per tanti anni ho combattuto l’idea di essere un imprenditore perché ho sempre immaginato la libreria come un’isola felice distante dalle considerazioni di tipo economico ma bisogna dire che è un aspetto che va considerato. E se scegli di fare il libraio devi sapere che non diventerai mai ricco in termini di denaro!

Perché a Frascati?

Frascati è stata una casualità perché noi viviamo a Roma. Un giorno venimmo a fare una gita con mio fratello, da poco rientrato dagli Stati Uniti, libreria-frascatimentre io avevo appena concluso il militare. Così ci trovammo a passeggiare in questa cittadina quando vedemmo un cartello con scritto affittasi locale. È stata una follia che ti accompagna tutta la vita perché nella decisione di un attimo sono passati 36 anni. All’inizio eravamo una piccola libreria in via Cavour e da qui deriva il nome, e ricordo che la gente del posto ci considerava dei pazzi che da Roma eravamo venuti a scommettere in un piccolo paese come Frascati nel vendere i libri!

Quale era la missione?

La libreria inizialmente era specializzata in esoterismo, filosofia, religioni orientali e tutt’ora un ampio spazio è dedicato a questi settori vantando un catalogo di oltre 11.000 titoli. La libreria divenne un punto di incontro in cui convogliavano molti personaggi interessati ai temi di nostra competenza e tutto questo si tradusse in attività ed eventi che iniziammo ad organizzare. Oltre ai convegni, ideammo delle fiere all’aperto, una in particolare detta “Il Piacere di leggere”. Era un modo diverso di proporre i libri. Stand, luci e colori e ogni sera un incontro con l’autore. A queste attività abbiamo legato anche laboratori didattici, corsi di psicologia, spettacoli teatrali. Un programma di incontri ricco che ha coinvolto molte personalità. Se penso ad oggi ti dico che è tutto molto diverso. Il lettore è cambiato, il mercato è cambiato. La figura del libraio ha perso smalto, la politica degli sconti e delle promozioni ha screditato in parte il valore del libro. Il mestiere del libraio non è semplice come si possa pensare, perché il libraio è uno scrutatore d’anime. Capire in una manciata di minuti chi si ha di fronte e consigliare il libro giusto non è cosa da poco, un esempio è quando mi chiedono “Un libro adatto per mio figlio?”. In quel momento tu hai in mano una grossa responsabilità perché gli stai consegnando uno strumento che potrebbe farlo decollare così come sprofondare. Nonostante tutto però, sono fortemente convinto che ci sarà una rinascita del mestiere di libraio e delle librerie, per questo la formazione e la competenza sono aspetti fondamentali.

Da cosa è stato dettato il passaggio da libreria indipendente a Mondadori franchising quali siete attualmente?

Il passaggio a Mondadori franchising è legato ad una esigenza di tipo esclusivamente gestionale e logistico. Al tempo avevamo una serie di librerie sparse in Italia, la più bella direi fosse quella di Lucca, una vera cattedrale del libro. Si trovava all’interno di una chiesa sconsacrata con tutte le volte affrescate, un luogo incantevole tutelato dalla Sovrintendenza ai Beni Culturali. A quell’epoca ci fu l’incontro con Mondadori che ci aprì la prospettiva di iniziare a gestire tutte le nostre librerie da un unico punto. Dunque la scelta fu di tipo gestionale e assolutamente non ideologico.

Quanto ha influito l’entrata in Mondadori con la vostra scelta editoriale?

Non è cambiato nulla. Nessuna pressione e detto francamente avevo già molta esperienza alle spalle e la dirigenza Mondadori ne era consapevole. Tutt’ora quando ci incontriamo sento la necessità di tracciare una linea di confine tra il loro approccio al prodotto libro assimilabile ad un qualsiasi altro prodotto e il mio ideale. Non so come definirlo, forse è un atto d’orgoglio.

 

DI SEGUITO I CONSIGLI DI LETTURA

amos CONTRO IL FANATISMO DI AMOS OZ

(pp 78, € 6, Feltrinelli, 2015)

Perfettamente in linea con il momento storico che stiamo vivendo questa lettura può offrire diversi spunti di riflessione. Contro il fanatismo, racchiude le tre lezioni sul fanatismo che Amos Oz tenne nel 2002 all’Università di Tubinga, in Germania. Quattro mesi prima, l’11 settembre, gli Stati Uniti avevano subìto l’attacco terroristico più drammatico della loro storia. Nell’introdurre l’argomento, lo scrittore inizia a raccontare di sé, delle sue esperienze di vita, fin da ragazzo. Descrive i motivi che lo hanno spinto a diventare uno scrittore, e tra questi uno è stato proprio il fanatismo. Era figlio unico di una modesta famiglia della classe media, di fatto una famiglia povera di Gerusalemme; il padre faceva il bibliotecario e la madre dava ogni tanto lezioni private. Il padre era in grado di leggere sedici o diciassette lingue e ne parlava perfettamente undici. La madre ne conosceva sei o sette. Fra di loro, nella vita di tutti i giorni, parlavano russo e polacco, leggevano in tedesco, francese e inglese per la cultura e sognavano in yiddish. O almeno così voleva credere il figlio. Abitavano in un minuscolo appartamento che pareva l’abitacolo di un sommergibile, zeppo di libri in diverse lingue. La sua era una famiglia di profughi, dal cuore a pezzi, che lasciarono la Russia e l’Ucraina negli anni Venti e Trenta.

I genitori, ricorda, portarono a Gerusalemme le loro passioni: i libri, le memorie, le idee, i paesaggi, la musica. Lo scrittore, tra sofferenze per il fanatismo razziale e conflitti di guerra tra palestinesi e israeliani vissuti sulla propria pelle, è stato in grado, fin da bambino, di vestire i panni degli altri e rivela di aver imparato ad alleviare la sua solitudine osservando la gente, immaginando e inventando, come ancora oggi confessa di fare.

Si può guarire un fanatico? Il fanatismo, per Oz, è una componente onnipresente della natura umana, è dappertutto e nelle sue forme più silenziose. Il fanatismo è più antico dell’Islam, del cristianesimo, dell’ebraismo, più antico di ogni stato o governo, d’ogni sistema politico, più antico di tutte le ideologie e di tutte le confessioni del mondo. La risposta è nel trovare un antidoto. Quello che lui auspica è la forza ideologica all’interno dell’Islam moderato, l’unica che possa fermare l’estremismo islamico sia in Medio Oriente che altrove nel mondo. L’Islam moderato può infondere la speranza di una vita migliore, in modo che la disperazione dei popoli affamati e oppressi possa cedere il passo e contenere il fanatismo. Contro il fanatismo è un libro prezioso per comprendere il fanatismo e le sue logiche estremiste. Un’opportunità di riflessione di come si può essere intolleranti e fanatici nella propria esistenza, senza rendersi conto della mancanza di rispetto e di dignità verso gli altri.

 

celliE SENZA PIANGERE DI PIERLUIGI CELLI

(pp 253, € 12.75, Tea, 2015)

Il nuovo libro di Pier Luigi Celli si presenta come un giallo di ambientazione universitaria. Una mattina, dopo una conversazione piuttosto brusca con il rettore, il professor Brandi, molto amato dagli studenti e molto meno dai colleghi, fa perdere le sue tracce, fatto che mette in agitazione gli ambienti universitari, ma anche sua moglie e sua figlia, che vivranno da subito un piccolo psicodramma famigliare. Poi fa recapitare all’ateneo un certificato medico da Lione, dove è in cura in una fantomatica clinica per malati di cuore. Ma chi è il professor Brandi, lo scontento insegnante universitario fumatore incallito di toscani? È un uomo inquieto, un idealista un po’ fuori tempo, che criticando l’ordine costituito viene sconfitto illuminandone i lati oscuri e perversi. Glielo dice persino in faccia il rettore, durante il loro ultimo scontro verbale, per giunta con tono sprezzante: “Lei è un perdente, mio caro, si rassegni. La benevolenza degli studenti non sposta un grammo di potere”.

Si indaga per l’università, c’è movimento, e intanto un gruppo di studenti cerca di proteggere in modo militante l’immagine del professore; la narrazione oscilla tra il giallo psicologico-sociale e il racconto dell’assurdo finché non entra in scena il commissario Guglielmi e arriva pure il morto. Brandi, intanto, vive la sua vita di scomparso e nello stesso tempo, nell’assenza, continua a muovere dall’interno i fili del racconto, fino allo scioglimento del complicato e attraente plot.

Celli costruisce con grande abilità e divertita regia un romanzo corale sull’Italia refrattaria ai cambiamenti, dentro i gangli di una classe dirigente obsoleta, qui vista nelle sue tante maschere, che sembra arroccata fuori dalla realtà nell’esercizio della conservazione del potere, incapace di rinnovarsi.