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L’Aspal rilancia: ‘Per il futuro della nostra viticoltura necessario costituire un marchio unico, che caratterizzi i vini dei Castelli e del nord pontino’

GIAMMATTEO

“Quale sarà il futuro della viticoltura nella nostra Regione?”. Una domanda audace quella che si fa l’Aspal Lazio, che già negli anni passati ha espresso tutte le sue perplessità in merito al reddito della viticoltura del proprio territorio, in quanto, nonostante tutto negli ultimi 16 anni si è persa oltre il 50% della superficie vitata a livello regionale nel Lazio. “Ciononostante  – dichiara a tal proposito Stefano Giammatteo – il prezzo delle nostre uve non è mai salito, anzi, in alcune annate precedenti è addirittura diminuito, tanto da indurre gli agricoltori del nostro territorio a continuare ad estirpare le proprie vigne.  La dimostrazione che le nostre uve ed i nostri vini non siano valorizzati a sufficienza lo dimostra il fatto che nei giorni passati in televisione, ad un Tg di Mediaset, addirittura un ristoratore del nostro territorio, ad un’intervista ha risposto pubblicizzando un vino della costiera amalfitana, fregandosene completamente dei nostri vini, che in passato sono sempre stati il fiore all’occhiello della viticoltura italiana”.

“La nostra associazione – evidenziano dal direttivo dell’Aspal Lazio – da anni sensibilizza le istituzioni locali sulla necessità di costituire un marchio unico, che caratterizzi tutti i vini e le uve dei Castelli Romani e il nord della provincia di Latina, all’interno di un unico consorzio di tutela che ne rivendichi le caratteristiche, le qualità e soprattutto un prezzo remunerativo per gli agricoltori.  Purtroppo nessuna istituzione locale, ne tantomeno la Regione Lazio, interpellata più volte dalla nostra associazione, ha preso a cuore questa problematica, impegnandosi insieme a noi per trovare una soluzione che potesse far fronte a questa situazione di estrema crisi economica e sociale del nostro territorio vitivinicolo, aggravata dal fallimento di tutte o quasi tutte le cooperative vitivinicole della nostra Regione Lazio.

Ormai il mercato delle nostre uve nel Lazio è rimasto in mano a poche cantine private e a qualche cooperativa, che spesso fanno cartello sul prezzo delle nostre uve, oppure quando non fanno cartello non garantiscono un prezzo sufficientemente remunerativo che possa garantire agli agricoltori della nostra regione un reddito minimo tale da consentire loro  di poter continuare a lavorare i propri vigneti. La nostra associazione – conclude il direttivo Aspal – ritiene, alla luce di quanto sopra evidenziato in questo comunicato ,che per garantire un discreto prezzo ai viticoltori del nostro territorio regionale, sia necessario partire da subito da un prezzo base di almeno due euro a grado babo, visto e considerato che quest’anno le calamità naturali nella nostra regione, sia le gelate primaverili ad aprile che la siccità degli ultimi mesi, hanno compromesso gran parte del raccolto regionale sia per le uve da vino che per l’ortofrutta, tanto è vero che la regione Lazio ha chiesto al governo il riconoscimento dello stato di emergenza e di calamità naturale per tutti gli eventi calamitosi avvenuti da gennaio a luglio 2017.  Speriamo che chi di dovere recepisca questo nostro messaggio e anche gli agricoltori si sveglino, ed imparino a farsi pagare il loro prodotto ad un prezzo giusto, che possa soddisfare le loro esigenze”.

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