Cultura

Velletri – ‘C’era due volte…’ bussa a Porta Napoletana per lo strano viaggio di uscita e ritorno dall’Eden di Mario Locci e Stefano Giorgi

alcuni dei presenti posano con gli autori

Alcuni dei presenti posano con gli autori

di Emanuele Cammaroto

L’appuntamento è fissato per le l’ora del the a Porta Napoletana, di domenica 10 dicembre. A fissarlo due “eretici” veraci; ad accettarlo, un coraggioso gruppetto che ha sfidato il freddo e una pioggia che Camilleri avrebbe definito a “zuppaviddanu”. L’occasione? L’ultima pubblicazione di Stefano Greci insieme a Mario Locci; un lavoro di non facile lettura che, come ha esordito lo stesso Greci, sarebbe stato un sicuro viatico per “Campo dei Fiori”, se vigessero ancora certe “focose” tradizioni di alcuni secoli orsono.

Il testo è sicuramente “eretico”, incalzano all’unisono gli autori; eresia da intendere nell’accezione positiva dell’etimologia della parola: avere idee e posizioni divergenti rispetto al proprio gruppo, avendone il coraggio di mettere in dubbio i dogmi, proponendo diverse interpretazioni.

MarioLocci_StefanoGiorgi

Mario Locci e Stefano Giorgi

Tema impegnativo quindi, quasi in contrapposizione con il titolo dell’opera: “C’era due volte…” Un titolo che ci aveva depistato, immaginando si trattasse, in questo clima natalizio, di una favola moderna, magari mutuando l’idea del raddoppio, cara in questo periodo ad una nota compagnia telefonica. Invece l’argomento è ben altra cosa.

Non certo originale, sicuramente non sorprendente, eppure tale da suscitare la curiosità dei presenti: la ricerca della felicità.

Un tema caro a tutti gli essere umani, centrale nelle congregazioni, manifesto in qualche Stato, sotteso in ogni società, eppure spesso disatteso, quasi dimenticato dalla quasi totalità di noi. Locci e Greci lo affrontano come un viaggio. L’uscita (c’era la prima volta), il viaggio di andata in cui l’uomo perde l’equilibrio interiore, perseguendo negli errori indotti dall’originale peccato. Il ritorno (c’era la seconda volta, e così si spiega il titolo), descrive il percorso per ritrovare quell’equilibrio iniziale.

Un processo che, lungo, difficile e di sofferenza, conduce ad una conclusione: la soluzione è dentro ciascuno di noi. Una sintesi che, istintivamente ci riporterebbe all’ironica interpretazione del Quelo di Guzzanti, se l’esperienza, la testimonianza e i trascorsi di studio dei due autori non deponessero all’assoluta qualità delle riflessioni proposte nel volume e che meritano una lettura attenta, nonché un momento (magari più di uno) di riflessione e comparazione con altre visioni e indicazioni su sé e l’oltre di sé, proposti da un’ampia letteratura.

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