POLITICA

Velletri – Comunali, sviluppi clamorosi: Greci si ritrova con un Felci disorientato, un Cerini furente e una venatura civica ormai sbiadita

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Quella che si è chiusa pochi minuti fa, a Velletri, è stata una domenica che rischia di pesare sui destini della tornata elettorale delle Amministrative 2018. Una domenica, l’ultima di questa primavera assolata, che nel cuore del pomeriggio avrebbe sancito, come poi effettivamente è stato, la definita composizione dello scacchiere in vista della sfida finale, quella del ballottaggio del 24 giugno.

Fino alle 18 di questa domenica era infatti possibile depositare in Comune eventuali apparentamenti tra i candidati sindaci ancora in lizza e le liste di quelli rimasti fuori dal secondo turno.

Da riscontri formali, che ci sono giunti proprio dai meandri del Palazzo comunale veliterno, abbiamo appreso che la coalizione trainata da Casapound ha in qualche modo fraternizzato e aderito al progetto del candidato sindaco Giorgio Greci, dopo averlo a lungo osteggiato, come spesso rimarcato anche dal giornale vicino al movimento tartarugato. Un Felci poco…intransigente, quindi, quello che non ha aderito con le tre liste, come poche ore prima aveva messo nelle sue inderogabili condizioni (pena, parole sue, la rottura delle trattative), ma soltanto con una di esse, finendo stranamente per accontentarsi di molto meno di quanto annunciato, e depotenziando  notevolmente il beneficio decantato dallo stesso leader del movimento tarturagato, che da un’intesa totale avrebbe visto triplicati i suoi rappresentanti in Consiglio e, in caso di vittoria, avrebbe ottenuto una rappresentanza in Giunta.  Peraltro, da voci interne al Palazzo, Felci sarebbe uscito dal Comune piuttosto rabbuiato, mentre abbandonava gli uffici comunali scuro in volto (non si sa ancora se beffato da qualche inatteso tiro mancino o imbarazzato per il clamoroso epilogo). I prossimi giorni, in tal senso, potrebbero essere illuminanti, perché dopo mesi di frasi al vetriolo, di duri attacchi, e di una contrapposizione muscolare e radicale, non appare francamente facile il “lavoro” che lo aspetta: quello di provare a far metabolizzare ai suoi un accordo del genere, visto che il suo elettorato non ha mai fatto mistero di sentirsi ben distante dalle politiche del centrodestra targato Righini – Greci, avendo nel tempo sposato ben altri ideali ed essendo persino già pronto a sostenere la candidatura a sindaco di Orlando Pocci, pur di sbarrare la strada agli acerrimi “nemici”. Lo stesso imbarazzo, d’altronde, che immaginiamo potrà avere chi aveva spacciato la coalizione per civica e si ritrova, ora, a sperare che l’accordo tra Lega – Fratelli d’Italia e Casapound (impossibile da prevedere appena pochi giorni fa) riesca a reggere all’onda d’urto delle urne. 

Alle spalle di un diniego così forte, comunque, sembrerebbe esserci un fronte più o meno variegato di liste e listarelle, tra le tante che hanno concorso in appoggio al cardiologo residente a Lariano (ben 9, difatti, le liste in supporto alla candidatura del dottor Giorgio Greci, ndr). Fra queste quella di Luciano Ciocchetti, che sembrava quasi essersi trasferito in città durante la campagna elettorale, e che con l’ingresso delle truppe tartarugate avrebbe visto venir meno la sua rappresentanza in Consiglio comunale e, quindi, anche un possibile posto in Giunta. Ciocchetti che ha beneficiato non poco, in termini di consenso elettorale, dal fortunato piazzamento della sua lista “Noi con Velletri”, posizionata proprio a ridosso del nome di Greci. A detta di tanti parrebbe che molti cittadini, erroneamente, avrebbero posto una croce sulla sua lista, scrivendo poi accanto il nome dei propri beniamini, rendendo vani i voti di preferenza accordati a quest’ultimi, e contribuendo involontariamente a dar linfa alla lista dell’ex assessore regionale. Ne sarebbe testimonianza, ci dicono i ben informati, il fatto che la lista, a fronte degli 800 voti incamerati, abbia conseguito appena poco più di 200 preferenze, a dispetto di altre, come quella di Cuori Italiani che, pur avendo ottenuto oltre il doppio delle preferenze, hanno chiuso con molti meno voti di lista. Un particolare non certo trascurabile al momento di interpretare il voto…

Ma l’analisi tardo domenicale non finisce qui, perché proprio in una di queste sere si è assistito ad un teatrino in cui l’oggetto del contendere sarebbe stato lo scranno più alto del consiglio comunale, ovvero il ruolo di Presidente del Consiglio, quello più lautamente remunerato e quindi il più appetibile dagli attori in gioco. Un riconoscimento che, così come da accordi sovracomunali, spetterebbe alla Lega, il partito di quel Matteo Salvini che proprio giovedì sembrerebbe in procinto di far tappa nella città volsca, nel suo girovagare da campagna elettorale permanente. Uno scranno così delicato che verrebbe quindi occupato dal suo neo rappresentante consiliare, quel Riccardo Iannuzzi che, orfano di Forza Italia, ha beneficiato del traino del partito del Carroccio, chiudendo al primo posto. Uno Iannuzzi che presenterebbe, a detta di alcuni elementi della squadra di Greci, anche una parziale preparazione amministrativa e politica, tanto da preoccupare non poco per la gestione di un così importante ruolo istituzionale. A contendergli, e da qui la lite, questa più o meno legittima aspettativa, vi sono però altre due figure (sempre che il “sissignore” di Paolo Felci, non nasconda una clamorosa confluenza del leader tartarugato nel partito del Carroccio, tale da schiudergli la poltrona economicamente più appetita). La prima è una donna, aspetto già di per se innovativo e positivo: la neoeletta Chiara Ercoli che, sebbene pure lei priva di un’esperienza consiliare pregressa, rappresenterebbe quantomeno una novità, se non altro per la giovane età e per il fatto di essere donna. Terzo incomodo il primo degli eletti, quell’Andrea D’Agapiti che si è già dimenato come vicepresidente nella precedente consiliatura.

A questo punto un altro dei problemi che affligge la coalizione di Giorgio Greci (ma non soltanto la sua, ad onor del vero) è l’esigua disponibilità dei ruoli di assessore, che la legge ha ridotto da 10 a 7, di cui minimo 3 dovranno essere donne. Un problema che affligge particolarmente il versante situato alla parte destra del Consiglio (oggi, con l’ingresso di CasaPound in coalizione, utilizzare questo termine sembra più che mai che appropriato, visto che si è sancito il passaggio da un progetto goffamente sbandierato come civico ad uno che più di destra non è possibile, visto che a trainarlo sono la Lega, Fratelli d’Italia e CasaPound).

Alla fine della fiera, a complicare il quadro è allora il fatto che sarebbero stati promessi più assessorati di quanti, nella realtà, ce ne sono a disposizione (stando alle tante promesse, difatti, esisterebbero già una miriade di assessori allo sport o al commercio in pectore). Per ovviare a questi dilemmi, oltre alla estemporaneità dei titoli e alla capacità di alcuni nomi, si è passati addirittura a proporre il “ticket a tempo”, ovvero la soluzione dell’assessorato con scadenza concordata, per far poi posto ad altri nomi da accontentare strada facendo. Il tutto mentre è più che mai calzante il detto che ‘se Sparta piange Atene non ride’, visto che anche dall’altra parte della barricata si sentirebbe l’eco di tensioni e litigi per la spartizione delle poltrone. Il peggiore epilogo, pertanto, di una campagna elettorale un pò particolare e forse anche un pò deludente. 

Un elemento piuttosto curioso, che è emerso in maniera nitida, pur in un contesto così ombroso, è rappresentato dalla veemente reazione di Gianni Cerini,  che non avrebbe tenuto per se l’amarezza del tradimento per non essere stato avvertito di quanto si stava profilando con l’accordo tra Greci, Righini e Paolo Felci. Ad alcuni ha fatto quasi tenerezza, però, che al “buon” Gianni, anziché preoccupare la deriva destrorsa del “fu civico” progetto, è sembrato interessare più il posto consiliare, così caldo e comodo per il suo deretano. L’ormai ex consigliere comunale starebbe infatti lamentando in maniera veemente la sua estromissione consiliare, pressocché certa con l’apparentamento tra Greci e la Lista Felci. Tra i tanti argomenti, nobili e sicuramente più condivisibili che potevano essere addotti per la sua levata di scudi, appare però singolare che Cerini, dopo aver rappresentato per giorni, settimane e mesi, il cecchino della controparte, si sia inalberato così tanto per il suo “sacrificio”. La cosa più curiosa, che si va a sommare alle altre già evidenziate, è che lo stesso Cerini, rappresentante di Forza Velletri, avrebbe parlato addirittura di imminenti dimissioni da consigliere comunale. Cerini, dimenticando o facendo finta di dimenticare che il Consiglio si è già sciolto e che lui si dimetterebbe dal nulla, ha un pò ricordato quando proprio Giorgio Greci, qualche mese fa, fece sfoggio di una singolare mozione di Giancarlo Righini, appena approvata in Consiglio Regionale, che fece sorridere non poco, soprattutto i vecchi volponi della politica cittadina, come Lamberto Trivelloni, che in tempo reale gli fecero notare che il biogas fosse già stato deliberato negativamente da oltre un anno e mezzo, e pertanto già morto e sepolto dalla scena cittadina.

In questo baillamme di voci e forzature non siamo ancora in grado di stabilire se Cerini sia diventato o meno il coordinatore di Forza Italia, aspetto che potremo ufficializzare a mezzo stampa solo quando verrà mostrato il documento della sua nomina, che ad oggi nessuno ha ancora visto e può testimoniare.

In chiusura sembrano tanti i cittadini che iniziano a domandarsi cosa dica e faccia il candidato sindaco Giorgio Greci, rimasto in terza fila in trattative portate avanti direttamente dai vertici di Fratelli d’Italia e da imprenditori vicini al partito di Giorgia Meloni. Per alcuni faticherebbe a nascondere il proprio imbarazzo per una coalizione in cui di civico è rimasto ben poco, e persino per l’aver a più riprese negato ogni possibilità di apparentamento al secondo turno, salvo ritrovarsi sul groppone quelli di CasaPound, non senza qualche scotimento di capo da parte dei civici più integralisti, che si chiedono se davvero per avere più chance di vittoria valeva la pena spostare così a destra il baricentro della coalizione, mentre un pò tutti – da Di Lazzaro a Pennacchi, passando per Priori – sembrerebbero far l’occhiolino ad Orlando Pocci, convergendo su di lui, pur senza alcun apparentamento ufficiale.  

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