Attualità

Emissioni elettromagnetiche, i Comitati di tutela contro l’innalzamento dei valori limite di esposizione

montecavo

E’ stata lanciata su change.org la petizione dei comitati e associazioni ambientaliste contro la bozza di decreto del Ministero dell’Ambiente per l’innalzamento dei valori limite per i Campi Elettromagnetici. Un problema fortemente sentito ai Castelli Romani, sui quali svetta il “puntaspilli” di Monte Cavo, dal quale trasmettono centinaia di emittenti radio e tv, coinvolte in un braccio di ferro giuridico che dura da anni. 

IL TESTO DELLA PETIZIONE
“Gli attuali limiti di legge devono essere piuttosto significativamente abbassati per tutelare la salute pubblica e l’ambiente – si legge nella petizione lanciata dal Comitato di Tutela di Monte Porzio Catone -. La tutela e la salvaguardia della salute umana e la tutela ambientale sono valori di rilievo costituzionale, nonché beni inalienabili: la nostra Costituzione Italiana in forma sempre attuale fissa i criteri generali basilari della tutela ambientale nell’art. 9, comma secondo e nell’art. 32 comma primo:

– art. 9: “La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico ed artistico della Nazione”;
– art. 32: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività”.
A tal riguardo Vi scriviamo poiché, rispetto al parere dell’ Istituto Superiore di Sanità (del 2001), da cui derivano i limiti del DPCM 08/07/2003 sui campi a radiofrequenza pubblicato sulla G.U. n199 del 28/08/2003, le conoscenze scientifiche sui rischi per la salute correlate all’esposizione ai campi elettromagnetici sono
notevolmente aumentati (Si veda la lista allegata).
Si segnalano, in particolare, i recenti studi del National Toxicology Program e dell’Istituto Ramazzini, che evidenziano un aumentato rischio sia per i tumori alla testa sia per gli schwannomi, il più pericoloso dei quali è il tumore cardiaco. Tali risultati, basati sulla sperimentazione animale in entrambe le sponde dell’Atlantico, insieme agli ultimi studi epidemiologici sugli utilizzatori di cellulari dell’oncologo Lennart Hardell, fanno concludere agli studiosi che è tempo di aggiornare la classificazione IARC. Al momento, infatti la IARC classifica la radiofrequenza come “Possibile Cancerogeno per l’Uomo”, perché si basava solo su risultati epidemiologici ma non su studi in vivo, che oggi fanno propendere per la classificazione “Probabile cancerogeno” di Classe 1A o, come suggerito da Hardell, “Cancerogeno Certo” di Classe 1.
Il problema centrale è che gli standard di sicurezza internazionali promossi dall’OMS, su indicazione di una associazione privata l’ICNIRP, fanno riferimento ai cosidetti “effetti termici”, cioè al riscaldamento indotto sul materiale biologico dall’ esposizione alle radiofrequenze, mentre esistono migliaia di evidenze scientifiche sugli “effetti non termici”, che avvengono per valori di esposizione nettamente inferiori a quelli italiani. Questi effetti biologici non termici comprendono, per esempio, l’apertura della barriera ematoencefalica (con un aumento del rischio di malattie neurodegenerative), infertilità, disturbi neurocomportamentali, danni al feto, aumento dello stress ossidativo, aumento di danni al DNA, ecc, senza escludere quelli più gravi di natura oncologica. Gli attuali limiti di legge italiani, quindi, non sono sufficienti a tutelare la salute pubblica.
La stessa Food and Drug Administration Americana (FDA) riconosce gli effetti non termici dell’ esposizione a radiofrequenza (nell’approvazione del dispositivo medico “Optune”).
Già nel febbraio 2015 oltre un centinaio di scienziati italiani (medici, fisici, biologi e ricercatori), assieme ad altre 50 associazioni e comitati italiani, hanno chiesto al governo di abbassare significativamente i limiti di legge per le emissioni elettromagnetiche.
Stando a tali constatazioni i valori limite di campo andrebbero drasticamente ridotti (non certo aumentati): un primo semplice passo che il Governo può intraprendere in questa direzione è cancellare immediatamente l’articolo 14 del Decreto Sviluppo “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese” (DL n° 179 del 18/10/2012 pubblicato sulla G.U. n° del 19/10/2012), che impone una misurazione dei campi elettromagnetici su una media di 24 ore (valore arbitrario), anziché su 6 minuti (valore basato su motivazioni biologiche).
Per tutelare appieno la salute pubblica, si rende indispensabile attuare quanto indicato dalla Raccomandazione 1815 dell’Assemblea Plenaria del Consiglio d’Europa del 2011, volta ad un abbassamento dei limiti di legge a 0,6 V/m nell’immediato e a 0,2 V/m sul lungo termine.
Collegata al paventato aumento dei limiti di legge è la diffusione della tecnologia 5G, la quale dovrebbe essere soggetta a valutazioni di impatto sanitario e ambientale preventive con analisi dei costi economici e sociali pubblici derivanti da eventuali impatti biologici indotti.

E’ necessario stabilire se lo sviluppo di tale tecnologia sia compatibile con i dettami costituzionali in quanto una eventuale non “provata innocuità” del 5G, dovrebbe, al pari della cannabis light, essere la motivazione perchè il Consiglio Superiore della Sanità “raccomandi che siano attivate, nell’interesse della salute individuale e pubblica e in applicazione del principio di precauzione” adeguate misure. Per la cannabis light così è stato dichiarato dal CSS in un parere richiesto a febbraio dal Ministero della Salute sui «prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa»: “Non si può escludere la pericolosità del Thc anche a basse concentrazioni in alcuni soggetti”. Riteniamo che siano motivazioni generalizzabili e perfettamente estendibili anche al caso dei campi elettromagnetici per le motivazioni sotto esposte.
A tal proposito quindi risulta indispensabile bloccare ogni sperimentazione del 5G come richiesto anche da oltre 170 scienziati indipendenti nell’ appello di pochi mesi fa: infatti prima di prevedere l’ utilizzo commerciale delle frequenze adoperate dal 5G è necessario attendere che vengano pubblicati studi INDIPENDENTI, cioé non finanziati dall’industria neanche attraverso sistemi di mascheramento, sugli effetti biologici (studi su animali, piante, studi biomolecolari e sui meccanismi d’azione), derivanti da tale esposizione, attivando quindi, “nell’interesse della salute individuale
e pubblica e in applicazione del principio di precauzione” adeguate misure, al fine di “escludere la pericolosità della tecnologia specifica anche a basse concentrazioni in alcuni soggetti”.

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