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Monte Porzio – 60 anni di tradizione con l’Hosteria Amedeo, di padre in figlio

staff hosteria amedeo

L’Hosteria Amedeo, a Monte Porzio Catone, non è certo nata da poco. Non ha nemmeno cambiato proprietario. Non è stata ristrutturata in modo affascinante. Né si affida alla consulenza di uno chef stellato per rilanciare l’immagine. L’Hosteria Amedeo semplicemente continua a presentare la sua cucina, da oltre 30 anni a questa parte, senza clamore e senza fantasmagorici rinnovi. Presenta una cucina tipica romana di qualità, che bada al sodo. Piatti abbondanti, come piacevano negli anni 70 e 80 ai romani della provincia, e che hanno ancora un fascino non trascurabile per le gole di tante famiglie. Prezzi non eccessivi (i primi piatti si aggirano tutti intorno ai 10 €), arredi semplici, informali, con il doppio tovagliato spesso come quello di una volta, i tavoli e le sedie di legno massello ben piantati per terra, i pavimenti in cotto e i muri di color salmone.

La cucina non è a vista. Meglio così. E gli impiattamenti non sono amatricianaall’ultima moda. Si bada alla sostanza non all’estetica. Un’Amatriciana è un’amatriciana. Niente scherzi tra titolo (in menù) e opera. Se la ordini ti arriva un bel piatto di paccheri dal colore rosso acceso, immersi nel pomodoro con guanciale croccante e il peperoncino ben dosato. Se la mangi ti basta e dopo non vorresti nient’altro. Se la analizzi ti accorgi che il sugo è denso, carico e pensato per accompagnare la “scarpetta” finale (in romanesco quando raccogli il sugo rimasto con il pane). Da fare senza troppi timori. Se anche gli chef stellati stanno ripensando alle mani come valida alternativa alle posate, figuriamoci chi da sempre invoglia i clienti con la ricchezza dei suoi intingoli. È la tradizione! E non a caso la cucina di questa Hosteria su strada è quella tipica romana con il quinto quarto a farla da padrone.

Se l’amatriciana, la grigia e la carbonara sono di casa, lo sono anche gli gnocchi fatti a mano con l’agnello, un piatto sorprendente per delicatezza, leggerezza e bontà. Senz’altro da preferire all’Amatriciana, che sebbene fatta con materie prime di alta qualità conserva una eccessiva robustezza di palato, assente negli gnocchi. Stessa cosa dicasi per la trippa alla romana che ci è stata presentata nel corso della degustazione riservata alla stampa. L’unico vezzo estetico che i proprietari si sono concessi è stato quello di servirla in alcuni tegami di alluminio, ma non di estetica vive questo antipasto tipico romano all’Hosteria Amedeo, piuttosto di equilibrio fra le parti. La trippa era delicata, priva di note amare (i critici gastronomici direbbero amarostiche), dalla cottura calibrata. Colorata appena dal pomodoro e con un giusto dosaggio tra mentuccia e peperoncino. Servita tiepida, ha conservato un sapore di freschezza, di fragranza e di riscoperta di un piatto alle volte evitato non si sa il perché. Ingredienti semplici e tradizionali, eppure sorprendenti. Questa vecchia locanda, situata sulla strada principale che da Monte Porzio Catone porta a Monte Compatri, quindi nel cuore dei Castelli Romani, uno di quei posti di passaggio che alle volte in macchina ti lasci scorrere alle spalle dicendo “vabbè la prossima volta”, per la pigrizia di frenare o per una scarsa capacità di riflessi, da sempre si dedica alla cucina romanesca; e la sua vera rivoluzione l’ha compiuta in due mosse. La prima è stata quella di concentrarsi sulle materie prime di qualità, selezionando con attenzione prodotti e fornitori. Perché è importante come si cucina, ma anche quali elementi andranno a comporre il piatto. Per il resto niente tecniche particolari. Solo tradizione, continuità e poca voglia di stupire. Il tratto saliente è far mangiare bene.

La seconda mossa è stata quella di dotarsi di un’agenzia di comunicazione. Il passaparola resta nella ristorazione la più potente azione di marketing che si possa fare. Ma ci vuole tempo. Oltre che un prodotto di altissima qualità. In un mondo in cui però domina l’apparenza e la voglia di nuovo a tutti i costi, non seguire i traccianti della concorrenza può far perdere terreno, anche ad un ristorante che ha le radici e i piedi ben piantati a terrà e, strutturalmente, non avrebbe nulla da temere. Quindi, bene ha fatto a coinvolgere la stampa specializzata e i cosiddetti influencer, coloro che possono rilanciare il passaparola sui social, per certificare la propria esistenza in vita. A 60 anni dalla sua apertura, infatti, l’Hosteria Amedeo aveva bisogno di rimarcare la presenza nel panorama ristorativo. La propria unicità. La propria idea di cucina. Quattro generazioni si sono alternate alla sua guida. Nata negli anni 60 (non si sa bene quando) da un’idea di Nonno Amedeo, nel 1988 è stata presa in gestione dal figlio Mario, che ha trasformato l’hosteria in una piccola trattoria. Nel 2002 il passaggio alla figlia Stefania, che oggi la dirige dalla cucina, mentre il bis nipote di Amedeo, Emanuele, serve in sala. Insomma di padre in figlio, l’Hosteria ha conservato un carattere tradizionale, popolare e provinciale allo stesso tempo, unito però all’attenzione contemporanea ai particolari, che emergono nella scelta degli ingredienti e delle materie prime e che fanno poi ricco, piacevole e gustoso un piatto. Qualunque esso sia.

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