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E’ il 23 Novembre: Velletri in Festa per San Clemente

Quest’anno anche il tempo, in ossequio al nome del festeggiato, promette di poter essere…clemente! 

Venerdì 23 novembre la città di Velletri festeggerà il suo Patrono, San Clemente, e l’unica incognita rischia di essere il tempo, inteso in senso meteorologico, per una città che si appresta a vivere una delle  giornate più attese dell’anno.

Venerdì 23 novembre tutte le scuole resteranno chiuse e molte strade della zona sud del centro storico saranno interessate dalla popolare fiera, mentre nella Cattedrale dedicata al Santo Patrono avranno luogo tutte le celebrazioni religiose.

 velletri_san_clementePer spiegare l’importanza di questa festa per gli abitanti ci viene in prestito il volume ‘Le Tradizioni Velletrane’ di Roberto Zaccagnini. San Clemente, terzo successore di Pietro al soglio pontificio, fu Papa dal 92 al 101 e fu martirizzato sotto Traiano.   La leggenda lo vuole esiliato presso il Mar Nero, condannato ai lavori forzati, e gettato in mare legato ad un’ancora.  Per questo è considerato anche protettore dei marinai. Ciò ha contribuito a diffondere la credenza popolare che egli fosse un pescatore.  Ma in realtà egli fu pescatore d’anime, cioè esattamente come Gesù disse a San Pietro di volerlo.  E questa particolare pesca, tradizione vuole che San Clemente la praticasse in special modo a Velletri, dove pare che fosse stato vescovo e infaticabile evangelizzatore.  Tuttavia ogni anno, in occasione della festa, il mito del pescatore trova motivo di diffusione tra il popolo, senza possibilità di esaurirsi: infatti, essendo molto probabile che a fine novembre piova, come sovente accade con grande scompiglio per la fiera, il fatalismo popolare commenta che ciò è naturale, perché San Clemente pescatore, inevitabilmente, deve avere una certa affinità con l’acqua.

La devozione che i velletrani ebbero già dai primi secoli del cristianesimo per San Clemente, li portò a intitolargli l’attuale Cattedrale, sorta su un tempio pagano dedicato probabilmente al dio Marte.   Anche la fiera è antica di secoli: lo storico Teoli, nel ‘600, ricorda che i pontefici concessero a Velletri due fiere: una di otto giorni al 15 agosto, per l’Assunzione, e una di dieci giorni al 23 novembre, per San Clemente.  Già all’epoca, la fiera richiamava una moltitudine di gente da tutto il circondario, essendo un’occasione importante di scambio e di movimento economico.

Negli Statuti del ‘500, si tratta la figura del Capitano di Fiera: scelto dai Priori tra i capitani della milizia, inaugurava la fiera di San Clemente scendendo solennemente dal palazzo pubblico al luogo dove si teneva il mercato, accompagnato da un drappello di soldati con trombe e tamburi.  Dalle finestre di una abitazione esponeva le bandiere del Comune e della sua compagnia, diventando giudice di tutto ciò che accadeva in quei giorni nel quartiere della fiera.  I suoi soldati garantivano l’ordine, sorvegliando giorno e notte le strade a prevenire furti o risse, ed egli risolveva ogni controversia sulle merci e il commercio, o altri inconvenienti che si fossero verificati.  La fiera si chiudeva con lo stesso solenne cerimoniale, quando il capitano tornava al palazzo pubblico per deporre le insegne del comando e render conto del suo operato.   La figura del Capitano di Fiera venne abolita nella prima metà dell’800.

fieraCaratteristica della fiera di San Clemente era la vendita del bestiame.  La fiera di merci varie e di bestiame si teneva infatti il 21 maggio per Sant’Eleuterio, agli inizi dell’800 spostata alla prima domenica di maggio per la Madonna delle Grazie.  Poi il commercio di bestiame restò prerogativa della fiera di novembre.  In occasione di tutte le fiere cittadine c’era esenzione da ogni dazio.   Fino alla prima metà del ‘900 si esponevano e si vendevano anche equini e bovini, poi restando solo i suini per la consolidata tradizione contadina di tenere almeno un maialino.  Esso, acquistato alla fiera di San Clemente e allevato per un anno, si scannava alla fine dell’anno successivo.   Fuori le mura, presso Porta Napoletana, erano esposti in grosse ceste i maialini, sentendosi a distanza i grugniti, ma soprattutto gli acuti strepiti allorché l’acquirente li poneva nel sacco, che caricava sulle spalle. Nelle famiglie contadine era usanza che le donne, dopo la vendemmia, potessero disporre delle vinacce: col ricavato della vendita, esse facevano acquisti alla fiera di San Clemente.

Le fiere rappresentavano nel medioevo una necessità del commercio: a causa della diradazione della popolazione, i venditori erano costretti a raggiungere i centri abitati, promuovendo in luoghi lontani la vendita dei prodotti tipici della loro regione.   Oggi le fiere hanno perduto in gran parte la loro funzione.   Da noi, tanto la fiera di maggio, quanto quella di novembre, sono una ripetizione in grande del mercato settimanale: il consumo è uniformato dalla produzione industriale, che ha fatto scomparire i prodotti artigianali tipici delle varie province, mentre un tempo si aspettava proprio la fiera per procurarsi certi oggetti.   Anche la durata della fiera di San Clemente, come quella della Madonna, è ormai ridotta a un solo giorno.   Nonostante la solennità religiosa che si celebra in cattedrale, la festa di San Clemente è, oggi, connessa più alla fiera che alla devozione.  Così che, mentre la festa della Madonna delle Grazie conserva un eminente motivo religioso, quella di San Clemente sembra quasi, a nostro avviso, l’occasione di fare un giro tra la fiera.

La Cattedrale, pur essendo intitolata a San  Clemente, non ha una cappella né un altare per il culto del santo.  Tuttavia, il giorno della festa viene esposto alla devozione un suo busto d’argento risalente al ‘600, caratterizzato da quell’aria accigliata che tanta fantasia popolare ha stimolato nei secoli, attestandosi perfino nell’idioma: infatti, a una persona imbronciata, si usa dire che “tè’ ‘o mucco comme San Cremente”.

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