di Pier Luigi Starace
I lettori che ci seguono con attenzione avranno certamente notato che da quasi un anno compaiono solo notizie sulla raccolta di fondi, e solo accenni a quanto si sta facendo in Malì. Per evitare che qualcuno pensi, giustamente, che pure a me sia venuto il bel vizio del “governo tecnico” di succhiare soldi e di non cacciarli per le pubbliche necessità, comunico analiticamente quello che con quei soldi è stato fatto nel 2011, ed in questa prima metà del 2012. Il motivo del mio silenzio è stato la mancanza di foto, fino a pochi mesi fa, per documentare le azioni, a causa difficoltà delle linee di comunicazione.
Oramai dal 2010 siamo marciando lungo le sette seguenti direttrici.
– La prima è la coltura degli orti “Italo Zaccagnini” e “Gaetano Zaralli”, che ha avuto un rilancio d’intensività dall’autunno 2011, sfruttando l’acqua dei pozzi e le sementi per metà donate dalla ditta Galante.
– La seconda è l’incremento dell’allevamento di pollame (idea di Umberto Galante), con le sue ricadute positive anche per concimazione degli orti.
– La terza è il rifornimento, senza mai lasciarlo vuoto di cereali, del magazzino “Corrado Deserti”.
– La quarta è l’acquisto di foraggi locali secchi per mantenere in vita il bestiame rifugiatosi in città per l’esaurimento dei pascoli e dei punti d’abbeverata durante la stagione secca.
– La quinta è il rifornimento ed il funzionamento del “Centro contro la malnutrizione”, dove centinaia di bambini e ragazzi ricevono gratuitamente un alimento nutrientissimo, preparato con soli ingredienti locali.
– La sesta è il finanziamento per lo scavo di pozzi e per l’acquisto di cereali in Niger.
– La settima è il mantenimento agli studi di tutti i bambini dell’accampamento che assistiamo e di qualche altro che ha iniziato gli studi superiori a Bamako.
Per quanto riguarda il recente colpo di stato in Malì, la città di Gao è stata forse il punto più critico, perché “candidata” nelle intenzioni degli indipendentisti tuarèg, a capitale dell’Azawad, cioè il nord Malì, una specie di Milano della Padania maliana per capirci. Conseguentemente è stata obiettivo prioritario degli attacchi degli indipendentisti, da un lato, e del blocco totale da parte delle autorità del governo centrale. (Un mio bonifico del 20/3 non è pervenuto per il congelamento dei conti correnti bancari). Il blocco delle vie di comunicazione ha condannato alla fame gli abitanti di Gao e per primissimi tutti quelli gravitanti intorno alle nostre azioni. Il capo dell’accampamento il 12/4 ha preso una decisione estrema: coi residui dei nostri fondi partire per la capitale, Bamako, dove poter ricevere via Western Union i nostri fondi, acquistare dei cereali, e riportarli a Gao: 2600 km. tra andata e ritorno. Il 14/4 gli ho inviato 457 euro, quelli del bonifico “congelato” che mi erano stati restituiti. Il 16/4 altri 482,50. Il 18/4 acquistava una tonnellata di miglio, ed organizzava il ritorno.
Il 23/4 gli inviavo altri 582,50 euro. Il 3/5 rientrava a Gao. In una telefonata commossa mi diceva che il carico era stato atteso come un intervento della Croce rossa, perché c’era gente che non mangiava da quattro giorni, e che quella telefonata di ringraziamento era stata voluta “a furor di popolo” per esprimere la gratitudine. Siccome la situazione non cambiava ripartiva per Bamako, dove riceveva altri 728 euro, con i quali acquistava e pagava il trasporto d’un altro carico, rientrando “a casa” a fine maggio. Pronto a ripartire se Gao non viene “sbloccata”. “E se ci sono soldi” dirà il lettore attento. Tranquillo, ad oggi ci sono. E mai come ora ho sentito di dover aggiungere, come i miei fraterni amici islamici: “grazie a Dio!”.
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