‘IL VERBO DELLA DOMENICA’ – “Non temere, continua solo ad aver fede!”

alzati

Dal Vangelo secondo Marco cap. 5,21-24.35 a cura di don Gaetano Zaralli

 

Essendo passato di nuovo Gesù all`altra riva, gli si radunò attorno molta folla, ed egli stava lungo il mare. Si recò da lui uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, vedutolo, gli si gettò ai piedi  e lo pregava con insistenza: “La mia figlioletta è agli estremi; vieni a imporle le mani perché sia guarita e viva”. 

Mentre ancora parlava, dalla casa del capo della sinagoga vennero a dirgli: “Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?”. Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: “Non temere, continua solo ad aver fede!”. E non permise a nessuno di seguirlo fuorchè a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava. Entrato, disse loro: “Perché fate tanto strepito e piangete? La bambina non è morta, ma dorme”.  Ed essi lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della fanciulla e quelli che erano con lui, ed entrò dove era la bambina. Presa la mano della bambina, le disse: “Talità kum”, che significa: “Fanciulla, io ti dico, alzati!”. Subito la fanciulla si alzò e si mise a camminare; aveva dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. Gesù raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e ordinò di darle da mangiare.

 

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“La mia figlioletta è agli estremi; vieni a imporle le mani perché sia guarita e viva”

Quel padre disperato che chiedeva il miracolo era un capo della sinagoga, probabilmente lo stesso che con altri si era scandalizzato nell’ascoltare Gesù, ebreo dalle idee un po’ strane, senz’altro nuove, rispetto agli insegnamenti tradizionali. E’ inutile vagliare in certe situazioni  di disagio e di buio assoluto, la propria e l’altrui fede, ci si troverà sempre dinanzi ad un essere umano che con l’acqua alla gola cerca e si serve di un qualsiasi appiglio, pur di emergere dall’incubo della sofferenza.

 

“Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?”

Nonostante le preghiere, le tante preghiere, la morte sopraggiunge ugualmente con i tempi che la natura stabilisce a nostra insaputa. E le preghiere, a quel punto, appaiono come energia sprecata, come formule magiche che illudono la gente semplice e fanno ripiombare nello smarrimento chi per un istante si era aperto alla speranza. Perché disturbare ancora Dio e i santi, quando il verdetto è chiaro ormai, quando, nonostante le cure e le risorse della scienza, il malato si affaccia alla morte? Se un residuo di fede ancora sussiste in chi soffre per la perdita di una persona cara, andrebbe convogliato verso la prospettiva cristiana della resurrezione.

 

“Non temere, continua solo ad aver fede!”.

Il miracolo di sua natura vuole rimandare alla fede in Cristo che attraverso la realtà tragica  della morte (anche sua) riguadagna l’uomo alla speranza di una nuova vita. Non è facile il discorso.

 

Presa la mano della bambina, le disse: “Talità kum”, che significa: “Fanciulla, io ti dico, alzati!” 

Domenica ho trovato molta difficoltà a parlare di resurrezione con le parole del vangelo, perché tra i bambini di prima comunione c’era anche Anna  Chiara, orfana di padre. Alla domanda: “cosa vuoi dire a Gesù il giorno della tua prima comunione?”, così ha scritto: “Oggi che faccio la prima comunione, più di dirgli qualcosa, vorrei chiedere a Gesù di ridarmi il mio papà. Forse questo è troppo perché non potrà ridarmelo, perciò se almeno me lo può far rivedere o sognare per un giorno. Io sono molto contenta di fare la Comunione perché credo e penso che Gesù può realizzare la mia richiesta”.

 Don Gaetano Zaralli

 

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