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Velletri – Nel ricordo di Enzo Valentini, che d’oro aveva anche il cuore

orafo

 

MEMORIE – Con Enzo Valentini, qualche giorno fa, se n’è andato un orafo cesellatore veliterno di grande qualità e valore professionale, ma anche una persona squisita che d’oro aveva anche il cuore, tanto era perbene, semplice, disponibile verso il suo prossimo e dedito, con molto amore, alla famiglia. Non sono frasi di circostanza, chiunque l’abbia conosciuto appena un pò, potrà soltanto confermare le mie parole. Che non sono le semplici parole di una collaboratrice della stampa cittadina, bensì le parole di un’amica d’infanzia che con Enzo ha condiviso tante cose di una vita intera e che ha sempre mantenuto con lui e la sua famiglia rapporti di stima e d’amicizia. E voglio tracciare di lui un ricordo tutto personale durato una vita.

Da bambini abitavamo entrambi in contrada Casale, sulla via di Cori; inevitabile che si frequentasse la stessa scuola elementare. Di più: eravamo nella stessa classe. Lui era un bambino robusto e pacioccone; non amava molto studiare ma faceva il suo dovere, a dispetto dei tanti ragazzi pluri ripetenti che non si applicavano in nessuna materia e della scuola se ne infischiavano, preferendo girovagare per i boschi o per i campi, nella spietata caccia alle lucertole, alle bisce, ai nidi di passeri, specie al tempo della cova per distruggere le uova. Un giorno capitò perfino che dal soffitto della vecchia casa della famiglia Maggiori, affittata  al Comune per farne una scuola, si staccò un bel pezzo di intonaco, a causa delle infiltrazioni della pioggia, e cadde proprio addosso ad Enzo; lui, tranquillamente, si diede una spolverata, tra lo spavento generale – specie della maestra – e diede una ripulita al banco, pronto per continuare la lezione.

Ecco, questo era Enzo; e non è mai cambiato, nel corso della vita. C’è stato un periodo, verso la fine degli anni ’70 in cui viaggiavamo spesso insieme, in treno o in autobus, per andare a Roma, ciascuno occupato con il proprio lavoro. Una sera, durante il viaggio di ritorno, lui era seduto insieme ad un amico mentre io ero vicino al finestrino – mi piaceva guardare il paesaggio anche di notte – ma al di la del corridoio: parlavano a bassa voce ma capii che parlavano di ragazze. Ad un certo punto credo che Enzo volesse raccontare particolari personali o forse un po’ piccanti ma, avendo una voce abbastanza possente, non osava, nel timore di essere ascoltato da altri. Soprattutto da me, perché subito dopo, mi si rivolse come un gentiluomo d’altri tempi, dicendomi “Marì, tu nun sentì”! Un po’ difficile, non sentire, a due passi di distanza; eppure mi concentrai nei miei pensieri e captai qua e la, casualmente, solo qualche parola smozzicata: questo per dire del rispetto che aveva nei miei confronti.

Tre o quattro anni fa mio marito trascorse alcuni giorni in ospedale per delle ricerche mediche; Enzo era ricoverato nella stessa corsia per problemi più seri: eppure era lui che si preoccupava di mio marito, lo confortava, lo tranquillizzava, si rendeva utile in ogni modo: e non voleva che io protestassi, perché lo faceva davvero con il cuore. E sapendo che c’era Enzo, a fargli da fratello maggiore, ero più tranquilla anche io. Enzo era così; se poteva minimamente aiutare gli altri, lo faceva con tutto il cuore, un cuore che, pur malandato, aveva completamente ricoperto d’oro.

Era un’anima bella. Di questo buon cuore hanno approfittato molti clienti, quando Enzo aveva la sua piccola ma bella gioielleria; ritiravano gli oggetti riparati senza pagarlo, promettendo “pagherò” ben sapendo che non lo avrebbe fatto mai. Enzo non pretendeva di essere pagato subito, capiva le situazioni personali di ognuno, anche se palesemente inventate,  e aspettava e pazientava: fino al giorno in cui le cose cominciarono ad andare economicamente male. Ma Enzo aveva una famiglia da mantenere. Purtroppo dovette rinunciare al negozio, anche se molto a malincuore, per continuare a fare dei piccoli lavori di riparazione, soprattutto di orologi, a casa sua. Ciononostante, anche qui molta gente, approfittando del suo buon cuore, continuava a non pagargli il lavoro fatto. Enzo se ne crucciava ma non poteva certo modificare il suo carattere, la sua indole; essendo anche un religioso osservante e praticante, non poteva fare del male al suo prossimo, a costo di rimetterci in prima persona e di tasca propria.

Oltre al lavoro Enzo amava la bella famiglia che si era costruito e tutti i nipotini di cui era diventato nonno e che hanno alleviato il dolore della brutta malattia che l’aveva colpito la scorsa primavera. Lascia un vuoto? Certamente, che lascia un vuoto. Però è un vuoto pieno dei suoi insegnamenti, della sua dignità, di una vita vissuta nella serenità e nella gioia delle piccole cose. Da adulti, la nostra classe ogni tanto si riuniva per andare a mangiare una pizza tutti insieme; ma spesso Enzo proponeva un panino col prosciutto sotto la pergola. Una volta l’abbiamo anche accontentato ed è stata una bella serata, allegra e spensierata, proprio come piaceva a lui. e se potesse dirci come vorrebbe essere ricordato, penso che direbbe proprio questo: mentre mangia un panino col prosciutto sotto la pergola, in compagnia dei suoi cari e dei suoi amici, che non smetteranno mai di volergli bene.

                                          Marisa Monteferri

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