POLITICA

Nel convegno di ‘Velletri Libera’ prove di disgelo sulla Toponomastica: presto via Muti sarà un pallido ricordo

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relatoridi Daniel Lestini

 Presto via Ettore Muti sarà solo un pallido, ancorché per taluni squallido, ricordo. E’ un po’ questo – fatto salvo l’intervento di Riccardo Pacifici, presidente della Comunità Ebraica di Roma – il concentrato dell’incontro andato in scena giovedì 24 aprile nella Sala Tersicore del Palazzo comunale veliterno, quando su organizzazione del Movimento ‘Velletri Libera’ si è tornati a parlare di toponomastica cittadina.

Dopo anni di polemiche, ad infuocare le quali hanno contribuito, non poco, le diatribe interne ai partiti, s’intravede finalmente la luce in fondo ad un tunnel fatto di opere – tante, e spesso controverse – ed omissioni – ancor più numerose ed inquietanti.

Anni in cui si è fatta politica (anche) coi nomi delle strade, con intitolazioni bislacche e, in alcuni casi, smaccatamente sfrontate. Anni in cui al governo era dapprima il centrodestra di Bruno Cesaroni, la cui Giunta, in una spirale di esaltazione amministrativa, pensò bene di dedicare una via, neppure tanto periferica, al potestà Cesare Cesaroni, prima di fare ‘bingo’ col gerarca fascista Ettore Muti, uno che nella sua epoca non si distinse certamente per valori da ‘peace & love’, e le cui nefandezze sono state dettagliatamente sciorinate dal professor Luigi Starace, intervenuto nelle battute finali del convegno.  

Nel far piazza pulita di certe storture fu proprio Fabio Taddei, nella prima Giunta Servadio, che si fece portabandiera di una storica opera di revisione dell’intera toponomastica cittadina, con un’attenzione certosina, per alcuni persino maniacale, ad un versante sino ad allora trascurato che il ‘Marco Polo’ veliterno seppe rivoltare come un calzino, prima di arenarsi a poche centinaia di metri dalla riva, annaspando in mare per dissidi coi suoi stessi compagni di avventura, nel frattempo salpati verso altri lidi, con lui alla disperata ricerca di risalire in fretta, come poi è avvenuto, pur se con alterne fortune, sulla zattera della coerenza personale. 

vincenzo bagagliniE’ in questo clima che, ad alcuni, la contemporanea presenza in sala dell’Assessore Luca Masi  (nelle sue mani la delega alla topomastica, ndr) e dello stuolo di Carabinieri in prossimità delle scalinate del palazzo comunale veliterno può aver fatto pensare ad un inasprirsi della lunga ‘faida’, senza esclusione di colpi (e querele), che da ormai mezzo lustro proprio Taddei e Masi vanno combattendo, l’un contro l’altro ‘giuridicamente armati’.

Se le camionette e i militari sono stati invece schierati a protezione di Pacifici, la presenza di Masi, in rappresentanza dell’amministrazione comunale, è invece servita a squarciare i veli dell’ipocrisia e a fare il punto su quanto fatto e quanto ancora da fare, in un settore che non infoltirà le tasche dei cittadini, ma che la dice lunga su come in certe dinamiche l’attuale Amministrazione abbia ingenuamente lasciato campo a chi, in alcune sue sfaccettature, l’ha accusata e tuttora l’accusa di una malcelata affinità con alcune anime della passata destra di governo, facilitati dalla testardaggine con la quale il sindaco Servadio, per primo, è parso far spallucce di fronte a certi temi, quasi a volerla far ulteriormente ‘pagare’ all’ex compagno di navigazione.

Se allora neppure la mimica di un Taddei notoriamente avvezzo a qualche comparsata dietro a pellicole di livello nazionale è riuscita a far celare la sua sorpresa nel ‘dover’ cedere il microfono al ‘nemico’ di tante battaglie, l’intervento dell’assessore Luca Masi ha impreziosito ed avvalorato un convegno che se voleva raggiungere dei risultati concreti li ha raggiunti proprio beneficiando dell’accorta e lungimirante presenza dell’amministratore piddino, cui il presidente di ‘Velletri Libera’, Vincenzo Bagaglini, ha saggiamente ceduto la parola.

Proprio Bagaglini, in precedenza, aveva sviscerato il tema della toponomastica in rosa, rimarcando come “di tante vie, poche, pochissime, sono quelle dedicate alle donne. Nella precedente consiliatura l’apposita commissione – ha rimarcato Bagaglini – si occupò di queste tematiche, di concerto con la commissioni ‘pari opportunità’, prima che tutto scemasse e finisse nel dimenticatoio”.

A rammentare ai convenuti come nel settore si sia spesso navigato a vista (eccezion fatta, dicevamo, della ‘gestione Taddei’) c’ha pensato Franco De Santis, uno dei decani della politica veliterna. “La legge che regola la toponomastica – ha premesso – è sintetica ma fissa alcuni paletti ben precisi. Se li analizziamo e vediamo quanto accaduto nel nostro territorio, soprattutto negli ultimi 15 anni, dobbiamo ammettere di essere di fronte ad uno quei casi in cui è bene rimproverare alla politica di non aver saputo dare il buon esempio. L’intitolazione di una strada – ha ricordato De Santis, riallacciandosi a quanto già dichiarato da Fabio Taddei – ha un iter che richiede l’approvazione del Prefetto, tramite invio di una documentazione che la giustifichi, cosa che non sempre è avvenuta. In passato ci si accordava su personaggi di spicco come Moro, Amendola e La Malfa, mentre oggi siamo arrivati a far spazio a figure che non meritano assolutamente questa attenzione, e il caso di Ettore Muti, in tal senso, è davvero emblematico.  Come in passato ci opponemmo all’intitolazione di personaggi meno dannosi di costui avremmo gradito che un’Amministrazione oculata eliminasse dal nostro territorio una sconcezza di questo tipo, restituendo alla città l’orgoglio di dirsi democratica, anche attraverso le sue strade”.

A rispolverare i meriti di Fabio Taddei c’ha pensato Gian Luca Trivelloni, già consigliere comunale ed oggi nell’orbita del Nuovo Centrodestra: “il suo – ha ricordato l’ex capogruppo uddiccino – è stato un lavoro certosino, frutto di una passione vera ed un impegno senza condizioni. A lui il merito di aver collocato le tabelle a tutti gli ingressi cittadini, come quello di aver trovato decine di famiglie che malgrado abitavano nel nostro territorio risultavano residenti in altri Comuni, con tutti gli annessi, anche fiscali, del caso”. Senza tentennamenti, ma con l’onestà intellettuale che in tanti gli riconoscono, Trivelloni non ha sottaciuto i demeriti, in questo versante, delle Amministrazioni Cesaroni, che fecero “scelte assurde, che già allora ci diedero enormemente fastidio”.

A dar manforte a quanto detto l’intervento di Piero Petrassi, consigliere regionale del Centro Democratico: “non si possono intitolare od avvallare strade che non rispettano il comune senso del pudore.  Mi appello anche io all’assessore affinchè questa svista amministrativa venga riportata nell’alveo della legalità”.

Luca MasiUn appello che ha subito trovato conforto nell’intervento dell’assessore Masi, che ha rassicurato i presenti sulla volontà di far propri “gli stimoli arrivati in quest’occasione”, prima di ricordare tutte le vicissitudini che hanno contraddistinto l’intitolazione ad Ettore Muti di una traversa di via Paganico. “Sono contrario culturalmente e per convinzione politica a quest’intitolazione” ha subito premesso Masi, prima di rammentare alcuni “difetti di comunicazione” che hanno rallentato l’iter.

Dopo l’esposto del dottor Taddei la Prefettura ha chiesto all’amministrazione se le motivazioni fossero pertinenti, prima che quest’ultima replicasse al Prefetto, non più tardi di una settimana fa, con l’elenco di tutto quanto accaduto.  La novità – ha aggiunto Masi, facendo chiarezza sul tema – arriva proprio dai capigruppo, che questa mattina sono convenuti su una mozione da portare in consiglio per rimuovere quanto prima quell’intitolazione”.

“Non è mai troppo tardi – ha replicato con soddisfazione, ma anche con una punta di sarcasmo, Vincenzo Bagaglini –. Va dato atto e merito a chi ha lavorato per anni a questa cosa, lottando affinchè chi si è macchiato di gravissimi atti contro le persone, operando sul filone delle celeberrime leggi razziali, non avesse tale visibilità pubblica. Purtroppo – ha aggiunto Bagaglini rivolgendosi al membro della Giunta comunale – avete a lungo fatto finta di nulla su questa storia, ma siamo contenti, seppur con ritardo, che sia stata infine capita ed accolta”.

“E’ dal 2009, da quando ho preso in mano la toponomastica – ha aggiunto Taddei -, che ho combattuto questa battaglia e forse oggi, grazie al nostro impegno, siamo vicini alla soluzione, come già accaduto con via Cesare Cesaroni, poi trasformata in via Ilaria Alpi. Quel che proprio non capisco è perché nonostante gli errori delle Amministrazioni Cesaroni le successive non abbiano dedicato la giusta attenzione a quanto avvenuto, accettando che io subissi offese continue, anche pubbliche, pur di non dare giusto seguito a quanto andavo sostenendo. Purtroppo – ha concluso Taddei – sino ad oggi non c’è stata la volontà di sanare le storture del passato ed è solo grazie ai nostri esposti se la fine è vicina e presto, si spera, si potrà arrivare alla piena applicazione della legge, evitando che Velletri cada ancora nel ridicolo”.

comunità ebraicaA richiamare l’attenzione su “temi più alti” è stato proprio Riccardo Pacifici, presidente della Comunità Ebraica di Roma: “perderci su certe beghe locali rischia di far avere successo ai tanti demagoghi che tra un mese si presenteranno alle elezioni Europee. La concomitanza col 25 Aprile ci induce a determinate riflessioni, facendoci notare i tanti errori fatti, a partire dall’aver lasciato la piazza del 25 aprile ad una sola area del Paese. Dobbiamo avere la maturità di ‘riprenderci’ tale celebrazione da Paese che ha fondato l’Europa e abbiamo la responsabilità di portare un valore, quello dell’unità nazionale, nell’intero Continente, lottando affinchè non ci si ritrovi con più di un terzo di parlamentari europei che si ispirano a ideologie xenofobe. Una galassia nera, che va dalla Grecia di Alba Dorata e arriva sino alla Francia di Marie Le Pen, di fronte alla quale non possiamo abbassare la guardia”.

“Tuttavia – ha aggiunto Pacifici, riallacciandosi alla vicenda di Ettore Muti – se il mare è fatto di tante gocce anche la bega di una cittadina assume la sua importanza e nel termometro della condivisione dei valori anche l’opposizione dovrebbe sposare tale annullamento, visto che Velletri è stata un importante luogo di presenza ebraica. Un luogo di accoglienza e rifugio, come tutti i Castelli Romani, dove tanti ebrei trovarono la salvezza,  grazie  a tanti cittadini che rinunciarono ad un profitto sicuro pur di salvarli”.

“Di fronte alle imminenti Elezioni Europee, e ad una gioventù fiaccata dalla disoccupazione, senza lavoro e con poche speranze, pullulano gruppi d’estrema destra che sono molto attivi e anche qui hanno diverse basi.   La gloria la si costruisce su certi valori, imprescindibili, attraverso i quali si può prefigurare un rilancio e uno scatto di orgoglio nazionale, oltre i singoli personalismi. Se il Sindaco vorrà davvero elevarsi e distinguersi potrà sfruttare l’occasione del 25 Aprile per annunciare a tutti che si libererà da un fardello che non rende onore alla Liberazione:  lo dobbiamo a chi è morto, ma anche a chi è sopravvissuto e a chi lotta ogni giorno. L’Europa unita – ha concluso Pacifici – , nata sulle ceneri di Auschwitz, può rinascere solo se terremo fede a questi valori”.

IMG_5663Nei successivi interventi il prof. Adeo Viti ha sciorinato diversi aspetti riguardanti la toponomastica cittadina, ricordando come “anche Velletri aveva un ghetto, con tanto di Stella di David, in onore di una comunità ebraica molto nutrita”. Nella sua lunga disamina Viti ha poi rammentato diversi esempi di strade intitolate a personaggi più o meno leggendari, partendo “dall’assurdo di Metabo, re dei Volsci, un personaggio senza alcun riferimento concreto, ma prettamente letterario, cui si sono intitolate persino una piazza ed una via. Idem per Andrea Velletrano, cui sono state intitolate una strada e una scuola media, pur non essendo mai esistito, come accaduto con altri artisti, di cui non si ha alcuna informazione e persistono forti dubbi sulla loro esistenza”.  

Se a personaggi come Guido Nati sono state dedicate un largo e una via, e a San Francesco persino una piazza, una via e un vicolo, Viti ha ricordato come “una figura della levatura del Cardinale Dario Bandini sia finita nel dimenticatoio dopo le revisioni del dopoguerra, che furono ingenerose nei confronti di chi con una spesa ingente fece costruire l’acquedotto che portò l’acqua a Velletri”. 

 

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