Attualità

VINOPEDIA – Quando il vino è ‘green’, scelte etiche e buone pratiche

Coccinella in vigna (1)

vinopedia

a cura di Fabio Ciarla

Parlare di sostenibilità in agricoltura non è semplice, per quanto possa sembrare strano l’intervento dell’uomo tende da sempre a “sfruttare” in qualche modo l’ambiente per ottenere più grano, più verdura, più uva. Il mondo del vino si confronta poi con la tematica “green” su un doppio registro, da una parte sul piano pratico con soluzioni tecniche migliorative e, dall’altra, con la scelta etica di produrre in modo “naturale”. Senza entrare nel dibattito ontologico che vede contrapporsi biologico, tradizionale, biodinamico, naturale e via a seguire, proviamo a fare una panoramica, anche questa per esigenze di brevità non completa, su quali sono le scelte che si pongono di fronte al produttore, e al consumatore, nell’ambito dell’ecosostenibilità nel mondo del vino.

L’impatto ambientale nella produzione vitivinicola è difficile da ridurre a un numero preciso visto che andrebbero sommate tantissime variabili. La più conosciuta, e dibattuta, è ovviamente l’uso di concimi e prodotti di sintesi per la protezione da attacchi di funghi e insetti. La normativa in materia negli anni ha limitato sempre di più l’uso della chimica e spinto per produzioni sempre più pulite e sane. Questo è anche il principale discrimine delle categorie biologico, biodinamico, tradizionale e naturale (per quanto solo la prima preveda una certificazione vera e propria in base a protocolli ben definiti). Come succede spesso la cosa più in vista non è detto che sia la più importante o, comunque, l’unica sulla quale ragionare.

Fondamentale infatti è l’uso dell’acqua, per la maggior parte impiegata nell’irrigazione (nelle zone dove serve) e poi nelle pratiche di cantina, ma fondamentale anche per la produzione delle bottiglie, dei tappi, dei cartoni per l’imballaggio ecc. Di certo la vite non è una delle colture che ha un impatto enorme da questo punto di vista, al contrario magari degli ortaggi, ma certo viste le superfici citate in Italia il consumo idrico non può essere sottovalutato e deve perciò essere rigidamente contingentato.

Sui trasporti e le pratiche in vigna ci sono addirittura esperimenti di ritorno all’uso dei cavalli, probabilmente utili ma certo non esportabili su larga scala. Quello che è importante è la consapevolezza che in molti casi la vigna non necessità di “pulizia” costante. Inerbimento quindi, colture alternate nei filari e via dicendo sono soluzioni che dal passato tornano a noi con il loro carico di vantaggi per il vino e per l’ambiente, considerando che lavorazioni continue del terreno con trattori alimentati a gasolio ha una serie di controindicazioni sul piano della sostenibilità.

Saltando qualche passaggio arriviamo a un elemento comune a più settori, ovvero il packaging. Se consideriamo che il vino è la bevanda più consumata in contenitori di vetro possiamo immaginare le ricadute su questo materiale, ancora lontano – almeno in Italia – da serie politiche di riciclo. Sul contenitore si può agire in modo “verde” su più fronti, infatti l’alleggerimento delle bottiglie ha benefici effetti sul consumo di vetro e sul peso del prodotto finale, che per grandi quantitativi significa impatti ambientali consistenti.  Discorso simile per i tappi, anche se in questo caso la scelta più rispettosa dell’ambiente è ancora in fase di definizione, e soprattutto per i cartoni, con l’esigenza di proteggere il vino ma anche quella di usare meno involucri possibili.

Tanto altro ci sarebbe da dire, come per le energie rinnovabili, che trovano in vigna un campo di azione privilegiato grazie alle biomasse (potature e vinacce) che possono diventare carburante per creare energia.

Per chiudere facciamo solo i nomi di un paio di progetti collettivi che vedono impegnati produttori e centri di ricerca per trovare le soluzioni più “verdi” nelle produzioni vitivinicole. Tergeo (www.uiv.it/tergeo) vede impegnata l’Unione Italiana Vini e rappresenta un’associazione tesa a diffondere buone pratiche in vigna e in cantina, anche se non esclusivamente dal punto di vista ambientale. Magis (www.magis.me) è un progetto di sostenibilità ambientale nella produzione di vino in Italia, mira in particolare alla “misurazione” dei risultati ottenuti.

Orientarsi in tutto questo per il consumatore è difficile, anche il modaiolo “Km0” non aiuta più di tanto, avendo una ricchezza e una diversità di vini, già solo in Italia, così ampie che sarebbe un peccato puntare solo al consumo in loco. Certo si può pensare di tornare a consumare vini locali per accompagnare i pasti quotidiani, lasciando ad occasioni più o meno speciali, ma sicuramente meno frequenti, la scelta di bottiglie di altre zone, così da soddisfare comunque la doverosa curiosità che ogni buon appassionato di vino deve sempre conservare.

La bottiglia della settimana

Chianti Classico DOCG Vignavecchia 2012 – Fattoria Vignavecchia (www.vignavecchia.com)

Vignavecchia - Chianti Classico

Vignavecchia – Chianti Classico

 

Quando si dice Chianti Classico si parla della storia del vino in Italia e nella sua regione forse più famosa, la Toscana. Come non passare allora da Vignavecchia, fattoria che dalla seconda metà dell’Ottocento produce vino a Radda in Chianti. Nella cantina storica sono state rinvenute, durante lavori di restauro, bottiglie con fascette metalliche del 1876, una rarità che ha riempito di gioia Orsola e Brigida Beccari, le attuali proprietarie nonché nipoti del fondatore dell’azienda, Odoardo Beccari che prima di essere vignaiolo era un grande botanico di fama internazionale (basta cercare su Wikipedia per farsi un’idea).

Non perdiamoci troppo in chiacchiere, andiamo ad assaggiare questo Chianti Classico 2012, il rosso base dell’azienda, che anche per questo si presenta come facile da bere pur nella finezza di un Sangiovese di montagna ammorbidito da un 10% di Merlot. Già perché le circa 70 mila bottiglie di questo Chianti Classico nascono a Radda, su colline che sfiorano i 500 metri sul livello del mare, dove la neve d’inverno non è un’eventualità remota. Proprio per queste caratteristiche la vendemmia è molto ritardata, di solito avviene la prima settimana di ottobre, ovviamente in modo manuale e con selezione in vigna. L’affinamento di 12 mesi avviene per un 70% in acciaio e il restante 30% in barrique, prima di terminare con almeno altri due mesi in bottiglia. 

In bocca si percepisce la ricchezza e la forza del Sangiovese, appena ammorbidite dalle rotondità del Merlot. Stessa cosa per quanto riguarda l’affinamento, che certo non mira a nascondere con forti presenze di legno ma solo a rendere più ricco il vino. Un vino basato quindi sul piacere quotidiano, come erano in fondo i primi vini prodotti in Chianti e molto diversi da quelli di oggi, che vuole farsi bere senza pensarci troppo.

Prezzo medio in enoteca*: 12-15 €

* I prezzi sono puramente indicativi e posso variare anche in maniera considerevole

Piccoli sorsi – Nozioni e termini tecnici dell’enomondo

La vendemmia “verde”

Contrariamente a quello che il termine, e il tema della puntata di Vinopedia, potrebbero lasciar pensare, per vendemmia “verde” non si intende una raccolta più ecosostenibile bensì la completa distruzione del raccolto. Il perché è da ricercare nelle logiche di mercato, secondo le quali a minor produzione corrispondono prezzi più alti, a vantaggio di tutti gli attori della filiera. Per i viticoltori che scelgono la vendemmia verde, secondo il regolamento UE, è previsto un rimborso forfettario ad ettaro che si basa su una stima dei costi di eliminazione dei grappoli e del mancato guadagno se fossero stati vendemmiati a maturazione. Questo tipo di interventi sono previsti soprattutto, come è ovvio, in regioni dove le rese sono alte ma senza grandi picchi di qualità. Spesso i vini prodotti in queste zone, prima dell’opzione vendemmia verde, finivano in gran parte nelle distillerie.

Per l’invio di campionature in degustazione, gratuite e senza alcun vincolo né per la redazione né per l’azienda, scrivere a direttore@castellinotizie.it o a fabiociarla@gmail.com

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