Attualità

‘Di quando in quando ‘ – Carestia, questa parola così desueta

CARESTIA

‘DI QUANDO IN QUANDO’

di Marisa Monteferri

Non siamo più abituati ad usare le parole correttamente; anzi, molte parole, in pochi anni, sono cadute in in un disuso sconcertante: non c’è una ragione specifica: semplicemente non sono state più usate, non si si usano più. Credendo – più a torto che a ragione – che non ne avremmo più avuto più bisogno, le abbiamo dimenticate o quantomeno non sappiamo più applicarle al momento del bisogno né sappiamo più individuare con certezza il momento del bisogno.

CARESTIASi è generata troppa confusione nella vita sociale attuale; e molte parole, con tanto di radice greca e latina, sono state verniciate o sostituite con vocaboli inglesi, di cui neppure conosciamo l’etimologia e l’uso quotidiano che ne fa la gente di madrelingua. Non ne conosciamo neppure le accezioni e le eccezioni; però cinema, giornali, tv e via dicendo le usano come se non ci fosse un corrispettivo italiano e così tutti dietro a queste simulazioni mediatiche che a volte vengono pronunciate anche male e usate senza cognizione di causa. Un esempio; il job act, di cui tanto si parla fra i politici: io, personalmente, rifiuto questo termine in quanto straniero; se il governo deve fare un legge, un decreto, un qualcosa che riguarda l’Italia, voglia che lo faccia in italiano, non in una lingua straniera: io non sono tenuta a conoscere l’inglese. E se passa una legge con un nome straniero il governo deve quantomeno fornire gli strumenti adatti affinché i cittadini siano messi in grado di capire di cosa si sta parlando. E’ come se una dominazione straniera si fosse infiltrata nelle cose di casa nostra e ci obbligasse a cambiare lingua, cultura, cibo, modo di essere, di sentire, di fare, di vestire … tutto, insomma. Fermo restando che gli americani non usano la frase “job act” con il senso che gli ha dato l’Italia.

Invece di usare bene l’italiano andiamo a cercare quà e là parole di cui non conosciamo neppure il vero senso e con quattro parole pretendiamo perfino di conoscere una lingua! Ma, per tornare alle parole dimenticate, abbiamo vissuto un anno di eventi politico sociali molto inquietanti, dimenticandoci di ciò che ci circonda, della natura – soprattutto – della sua forza o della sua “volontà”. Per cui soltanto in novembre, quando c’è stata la raccolta delle olive – anzi, la non raccolta – ci si è resi conto che quest’anno la terra non ha dato frutti, non ha prodotto niente: niente ortaggi, niente frutta, niente uva,niente noci, niente olio, niente miele: niente di niente. In altre epoche un fatto così grave si sarebbe chiamato CARESTIA, il nome esatto per una situazione così disastrosa.

Ma la società, distratta da eventi anche futili, non ci ha badato, non si è resa conto che bisognava trovare la parola che concatenasse tutti questi eventi e mettesse un po’ in allarme tutti quanti. Invece no. Il mercato globale ci ha presentato sempre una opulenza di dubbia provenienza; tuttavia il cibo non è mai mancato, anche se prodotto in altre parti del mondo. Con questo sistema non ci siamo accorti quasi di niente; tutt’al più abbiamo attribuito la “colpa” alla cattiva stagione, dovuta magari alla chimica che tutto il mondo usa in gran quantità: senza preoccuparsi di approfondire la questione. La chimica è senz’altro un elemento responsabile di tante cose; tuttavia la Carestia, anche a livello mondiale, è sempre esistita e ogni “tot” anni si ripropone: e si ripropone anche nel mondo cosiddetto moderno e civile, solo che non la sappiamo più riconoscere, occultata com’è da altri cibi prodotti altrove e venduti da noi, magari contaminati, geneticamente modificati, o esenti da efficaci controlli. Invece non si dovrebbe mai perdere il fiuto, la percezione, la considerazione di certi avvenimenti locali e globali perché tutto, ormai, si ripercuote su tutto.

Non è detto che il prossimo anno sia un anno prospero di raccolti agricoli e che i raccolti siano di buona qualità, che le stagioni siano favorevoli ai raccolti; dimenticando di chiamarle cose con il loro nome è probabile che ci ritroveremo in casa dei frigoriferi pieni d’aria in quanto ci sarà ben poco cibo da conservare nel loro interno (sempre che si abbia a disposizione l’elettricità per farli funzionare) e non potremmo farci niente. Non oso pensare a cosa saremmo capaci di fare per lottare contro la fame, la sete e via discorrendo. Forse allora ci torneranno in mente le parole obliate ma che tutt’ora sono ben scritte anche nella Bibbia. Ma se non si legge neanche la Bibbia, non si può sapere cosa c’è scritto. Riappropriamoci dunque di ciò che ci appartiene: sono parole, ma hanno il senso della vita e della conoscenza, della saggezza e del fatto che non dobbiamo dimenticare che la storia si ripete ciclicamente. Un po’ di giudizio e un po’ più di memoria fanno bene alla coscienza.