Cultura

Scampoli di Sicilia, a Velletri, con ‘Il Cistercense’ di Nino Galofaro

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galofaroPomeriggio di alto spessore culturale al Dopolavoro Ferroviario di Velletri: con l’autore Nino Galofaro ed altri ospiti è andato in scena infatti l’incontro “libresco” alla scoperta di una Sicilia così vicina e così lontana, quella del XII secolo.
”Il Cistercense” infatti è un titolo che può fuorviare, perchè pur essendo la storia del monaco Antoine (nomignolo francesizzato nonostante si tratti di un siciliano doc) non va confuso con un trattato di storia, ma piuttosto come un romanzo di testimonianza diviso a metà tra racconto ed evocazione.
 
A dare il benvenuto è stato Rocco Della Corte, direttore editoriale di Velletri Life e coordinatore delle iniziative culturali del DLF: “Sono contento di vedere ancora una volta una bella risposta di pubblico. Mi fa molto piacere ospitare qui Nino Galofaro, perchè il suo libro merita di essere letto per tanti motivi. E’ un romanzo dal tono confidenziale, dolce, pacato. Leggendolo e conoscendo l’autore sembra di sentire la sua voce nella lettura di queste pagine, ironiche ma accattivanti. L’onore è doppio perchè è la prima volta che si presenta il libro a Velletri, anche se Nino è nostro concittadino da parecchi anni“.
Poi un riepilogo sul lavoro svolto al Dopolavoro nei primi tre mesi di nuova gestione: “Può sembrare ancora poco, ma per noi è tantissimo ciò che si sta realizzando: questo è il quarto evento, stiamo migliorando tanto anche la struttura per riconsegnarla alla città e alla socialità“.
Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente Ermanno Pastina – che oltre a rievocare le iniziative degli anni d’oro del Dopolavoro – ha annunciato l’intenzione di proseguire nel percorso intrapreso: “Fare associazionismo oggi è difficile, ma noi resisteremo con tutte le nostre forze“. 
Ha lasciato i suoi saluti da parte dell’amministrazione l’assessore Sergio Andreozzi, impossibilitato a partecipare per problemi idrici che – neanche a dirlo – si sono verificati nel sabato veliterno.
Il momento più atteso è stato quello di Nino Galofaro, autore che ha saputo tenere alta la soglia dell’attenzione in platea impostando il discorso in una perfetta fusione tra storico, aneddotico e biografico: “Perchè il Cistercense? Perchè il primo monastero cistercense è stato edificato a 5 km da casa mia, ed essendo un appassionato di storia di quel periodo ho cominciato a fare ricerche ricostruendo una vicenda di fantasia come quella di Antoine e catapultandoci dentro personaggi che invece ho ‘rubato’ dalla realtà“.
 “La Sicilia era un crogiuolo di etnie che vivevano d’amore e d’accordo, finanziavano la costruzione di monasteri, sinagoghe, moschee. C’era a quei tempi una libertà di culto per tutti, così come accaduto con i romani“: la grande attualità del “Cistercense” sta in questa come in altre numerose osservazioni che l’autore con sapiente semplicità ha posto agli spettatori.
 “Che cosa lasceremo ai nostri figli, con costruzioni di nessun valore ed opere prive di estetica e contenuti artistici? Stiamo vivendo di rendita – ha affermato Galofaro – di quello che hanno costruito i nostri antenati, come quelli dei tempi del romanzo“. Il periodo storico è stato chiarificato dall’autore con naturalezza di dati ed eventi, in un raccontare semplice e gradevole.
 
I personaggi, umani e curiosi, caratterizzati, hanno dato modo anche di esplorare la Sicilia del XII secolo con usanze, tradizioni, cibi, religioni e leggende, accompagnate dalla citazione di numerosi proverbi. Senso civico, concezioni culturali, episodi di cronaca: il libro dà alla fine un messaggio di pace attraversando dei motivi che sembrano essere oggetto del pernicioso mondo dell’informazione odierna, costretto a fare i conti con un audience assetato di cronaca nera che in realtà è la stessa o quasi dell’epoca. Galofaro ha raccontato di averci messo quasi due anni per scrivere questo libro, che è costato molto tempo per fare ricerche precise anche sul campo. Di alto livello come sempre l’intervento storico del professor Pierluigi Starace, il quale ha confessato di avere tra i suoi interessi personali proprio questo periodo a cui sta dedicando studi andando ad “integrare” quanto affermato da Galofaro. “In quegli anni ci fu un bel rilancio dell’agricoltura, e all’arrivo dei normanni, popolo di pirati temuti, ci si trovò di fronte ad un rischio gravissimo di pulizia etnica: i normanni di fronte ad una massa di arabi, islamici convinti (Palermo aveva 300 moschee). Il rischio di un massacro si trasformò in un grande miracolo perchè non accadde nulla”. “Un’idea puerile – ha concluso Starace – può stare nel fatto che un uomo normanno vincitore davanti ad una bella ragazza tunisina può pensare che la deve massacrare per amore della fede o forse evitare, e viceversa”. Numerosi gli interventi del pubblico, in un incontro che si è trasformato spontaneamente come nello spirito e negli intenti degli organizzatori in un confronto dialettico molto attivo. Gianni Molisina, autore anch’egli siciliano, ha preso la parola per “augurare a Nino, visto che si svolge il suo libro in un monastero, di avere la metà dei lettori che hanno letto Il nome della rosa di Umberto Eco“.
 
Altri tre spettatori – tra cui l’ex consigliere comunale Fabio Taddei (che ha raccontato come ha conosciuto Galofaro per delle “pigne cadute“) e il socio DLF Ignazio Zito – che hanno preso la parola hanno fatto domande e chiesto spiegazioni – senza rinunciare alle curiosità – a Galofaro, che ha risposto con soddisfazione. Presente una vasta delegazione della università della Terza Età di Velletri, oltre a numerosi ferrovieri e soci del Dopolavoro.
 Nel finale foto ricordo, chiacchiere e il fornito rinfresco offerto dall’Unicoop hanno chiuso un pomeriggio culturale – libresco pienamente riuscito, sia per afflusso di pubblico che per qualità dei temi trattati: l’obiettivo di viaggiare nella Sicilia di secoli fa è riuscito, l’interesse suscitato è stato molto e i presenti hanno potuto lasciare il Dopolavoro con il bagaglio culturale arricchito, segno che la cultura è una missione che vince sempre. 
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