Cultura

Velletri – La storia di Rosa Tomei di scena nell’aula consiliare

L'autrice Morafini con il gruppo dei relatori
L'autrice Morafini con il gruppo dei relatori
intervento prof Locci
una panoramica del publico
Un momento delle letture di Audino Pennacchini

Rosa Tomei, una delle tante ragazze della provincia romana costretta dalla necessità a lasciare il paese natale per cercare fortuna nella capitale. La speranza di trovare un lavoro, spesso “a servizio” presso una famiglia benestante. Proveniente da Cori, Rosa trovò iniziale impiego presso una trattoria gestita da parenti, per essere poi introdotta nella casa di Trilussa, a curarne la gestione e le esigenze del “signore”.

Tomei lo accudì con devozione finché Trilussa visse, per tentare di salvarne la memoria dopo il trapasso. Fosse solo questo, probabilmente tutto sarebbe stato già dimenticato ed archiviato da tempo, giustificando decenni di marginalizzazione e rifiuto che Rosa, ragazzina analfabeta, emigrata per la miseria, divenuta letterata e poetessa per capacità e tenacia, dovette subire. Ma che le cose non stiano semplicemente così lo si sapeva da tempo e uno sceneggiato televisivo (se preferite fiction) ne ha scoperto alcune sfaccettature. Il comune di Cori, paese natale di Rosa, ha pensato di dare concretezza scientifica a queste ipotesi, commissionando un saggio ad una studiosa locale: la dottoressa Secondina Morafini. Un lavoro paziente e certosino di oltre quindici mesi, basato su testimonianze documentate e documentali, riportato in un corposo tomo che ha suscitato molto interesse ed attenzione non solo tra gli addetti ai lavori. La narrazione ed il rigore scientifico sottostante l’opera hanno colpito anche il dottor Filippo Ferrara, conosciutissimo esponente dell‘intellighenzia veliterna, il quale ha pensato bene di infiammare la sensibilità dell’assessore Masi, sì da organizzare una presentazione del libro anche a Velletri, che della Morafini è terra natale.

Grazie alla disponibilità della Sala consiliare, il professor  Ferrara ha potuto chiamare a raccolta alcune associazioni del territorio, mixare la lucidità del prof. Mario Locci, con le testimonianze “oculari” di Giancarla Sissa e di Aldo Tudersti, arricchendo gli interventi dell’autrice e dello stesso Ferrara, con alcune poesie della Tomei, splendidamente interpretate da Patrizia Audino e Roberto Pennacchini. Al giornalista Cicinelli l’incombenza di moderare gli interventi e contenere l’eccessivo desiderio a partecipare di una vivace frangia del numeroso pubblico presente. Così tanti per spiegare il talento poetico della “povera popolana Rosa”, germogliato grazie alla vicinanza e agli insegnamenti del famoso Trilussa. Una storia molto singolare anche per l’articolato e complesso rapporto che ha legato queste due forti personalità, così diverse eppure così affini. Un’opera quella della Morafini sicuramente non destinata a divenire un best-seller; ma molti sono gli spunti di riflessioni che la vita di questa semplice e giovane donna ci offre.

La difficoltà di essere donna e povera in una società ancora chiusa come quella italiana della prima metà del secolo scorso (quanto è migliorata da allora?). Il potere di un mirato insegnamento, capace di “educare” il talento, presente in ciascuno (una capacità che la scuola di un Paese civile dovrebbe porsi come obiettivo primario). Anche per queste ragioni, corre l’obbligo di plaudire al lavoro della Morafini. Un libro necessariamente di non facile lettura, che può comunque essere gustato in pillole, non fosse altro per le poesie riportate, per alcuni documenti trascritti e per lo spaccato della società del tempo che ci offre.

 Emanuele Cammaroto

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