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Velletri – Alla libreria Contromano la scrittrice Maria Scerato rievoca le storie di passione, fierezza e sangue delle brigantesse dell’Ottocento

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Fiori di Ginestra, donne briganti … Gialli e a grappoli, appassionatamente caldi per i raggi solari che vi si concentrano, i fiori della ginestra formano quelle macchie di colore che in tarda primavera sembrano regalarci strali roventi di una stagione esplosiva. Sembrano essere proprio, nella loro natura carica di calde tonalità, un emblema di quelle donne che nella seconda metà dell’Ottocento, fiere, coraggiose, determinate e crudeli quando necessario, affiancavano i capi e spesso guidavano al comando i temuti briganti. Intense nella loro vistosa fioritura, le ginestre erano proprio le piante amate dalla brigantessa Nicolina Iaconelli, una delle sette figure femminili che Maria Scerato, docente di inglese in un Liceo di Alatri, ha descritto, donando anima e corpo, sentimenti ed emozioni, nel romanzare il suo libro Fiori di Ginestra – donne briganti lungo la Frontiera, Arte Stampa editore, presentato il 18 febbraio nella libreria Contromano a Velletri.

Nell’aria sembrava aleggiare una fierezza tutta femminile di invisibili presenze, quasi le sette protagoniste del bel libro della Scerato si fossero date appuntamento: oltre alla già citata Nicolina, Maria Teresa Roselli, Michelina Di Cesare, Elisa Garofoli, Rosa Antonucci, Cristina Cocozza, Maria Capitanio sono state invisibili entità, mentre Anna Paola Sanna illustrava con dovizia di particolari il bel lavoro di ricerca che l’autrice ha fatto negli archivi. E i canti briganteschi di Fabio Menditto e Gian Franco Santucci creavano atmosfere di un passato lontano di sangue, passione, morte e libertà. Maria Scerato le ha presentate una a una, evocandole, sottolineando le particolarità del momento storico, del luogo di frontiera tra lo Stato pontificio e il regno dei Borboni appena conquistato dai piemontesi… frontiera che, varcata, consentiva di salvarsi da una cattura, sfuggendo ai gendarmi. Donne, solo donne che avevano compiuto una scelta. Erano crudeli? Erano creature determinate. Erano brigantesse? Erano anche madri, mogli, amanti. Erano sottomesse? Avevano scelto quella vita per uno slancio verso la libertà e fino in fondo: una di loro, dopo la morte del suo amante ucciso in uno scontro a fuoco, si dà la morte ingerendo frammenti di vetro, un suicidio in carcere dopo aver appena ottenuto la libertà pagata dalla famiglia… i casi di corruzione sono sempre esistiti. E lei Maria Capitanio preferisce morire piuttosto che tornare sottomessa in famiglia. Par di ascoltarla, fantasioso ologramma, mentre la lettrice Annamaria Abbate dà voce alla sua storia, alla sua scelta, all’estremo gesto che la consegna alla storia. Donne, le brigantesse che nella banda non erano relegate a ruoli secondari, gestivano tesori, usavano e maneggiavano armi, determinate anche nell’usarle. Donne per le quali non è stato usato rispetto e alcune di loro gridano vendetta in alcune immagini d’epoca che le immortalano, corpi senza vita, ai quali viene negata la pietà dovuta a un cadavere. Belle, fiere, altere, evanescenti, così come sono state evocate, al termine dell’incontro svaniscono nei ricordi di un passato che lascia nei presenti un rammarico per i numerosi epiloghi non a lieto fine, di chi nella ribellione vedeva il riscatto di un’ingiustizia storica.

Rita Gatta

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