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C’è tanto di Velletri, nelle mani del giovane ricercatore Luca Borro, nell’impresa che ha portato a dividere le due gemelline siamesi algerine

Luca Borro gemelline siamesi

Nel riquadro il ricercatore di Velletri, Luca Borro, mentre a destra il papà delle gemelline abbraccia felice una delle sue bambine

“Che dire…sono così emozionato e così soddisfatto che mi mancano le parole”. Fatica ancora a trattenere l’emozione per quanto accaduto, Luca Borro, uno dei membri dell’equipe grazie alla quale l’intervento effettuato nella giornata di ieri all’Ospedale Bambino Gesù di Roma, sulle bambine siamesi di 17 mesi, è andato a buon fine.  L’operazione è durata 10 ore ed è stata eseguita con tecniche d’avanguardia e con un team multidisciplinare di circa 40 persone, guidato dal professor Alessandro Inserra, direttore del Dipartimento Chirurgico, del quale ha fatto parte anche il giovane architetto veliterno, ricercatore presso il noto ospedale capitolino, ed esperto di 3D Advanced Modelling.  “Ho lavorato insieme ai medici dell’Ospedale per un anno a questo caso fornendo supporto tecnico per tutta la parte di ricostruzione e stampa 3D delle pazienti insieme ai radiologi e a tutta l’equipe” ha svelato Luca a poche ore dalla sospirata riuscita del delicatissimo intervento cui sono state sottoposte le due sorelline algerine. “Oggi le bimbe stanno benissimo e fra poco torneranno alla vita che le aspetta” ha dichiarato il 31enne ricercatore veliterno, prima di aggiungere che “la modellazione e la stampa 3D ha consentito di dimezzare i tempi operatori”, riducendoli di addirittura 8 ore.

Tra i medici di 7 diverse aree, infermieri ed anestesisti, quindi, c’era anche lui ed il suo ruolo è stato decisivo. Figura inusuale, peraltro, quella dell’architetto in un’equipe medica, ma che mostra quanto l’innovazione tecnologica possa essere importante anche in sala operatoria: Luca Borro, ricercatore in percorsi clinici e innovazione all’ospedale pediatrico romano, ha infatti realizzato modelli in 3D di ultima generazione per ‘replicare’ gli organi, le dimensioni e la rete vascolare delle bimbe.
Preciso l’obiettivo: poter studiare in ogni minimo dettaglio la fisiologia delle bimbe, attraverso i modelli di ricostruzione in 3D, per arrivare più preparati in sala operatoria e poter limitare i rischi. Questo lavoro, ha spiegato all’Ansa, “è durato un anno. Ho realizzato i modelli insieme al radiologo Aurelio Secinaro, che ha seguito le bimbe”. Da architetto, chiarisce, “ho impiegato le mie competenze per realizzare la modellistica in 3D dell’anatomia delle gemelline e per la stampa dei modelli”.

Con una ‘marcia’ in più, perchè Borro sta per conseguire una seconda laurea in Biologia sanitaria. Il Bambino Gesù è uno dei pochi ospedali in Italia in cui e’ presente un architetto nella equipe medica. Un lavoro, il suo, di estrema complessita’: “Il modello degli organi delle due bimbe unite – afferma – è stato realizzato in 3D ed è composto da 4,5 milioni di piccoli tasselli geometrici. Per stamparlo sono state necessarie 24 ore e abbiamo impiegato altre 48 ore per pulirlo e lucidarlo per renderlo trasparente”.

Ma qual è la ricaduta pratica di tutto cio’? “I modelli hanno permesso ai medici di studiare al dettaglio il caso prima di arrivare in sala operatoria, ‘smontando e rimontando’ gli organi e facendo delle ‘prove’ per ogni passaggio dell’intervento”.

Questo ha portato ad un “risultato concreto importantissimo”: “I medici sono arrivati già preparati all’operazione e quindi hanno potuto ridurre la durata dell’intervento, dalle circa 20 ore per questo tipo di operazione chirurgica a circa 10 ore, con minori rischi per le piccole pazienti”.

E non finisce qui: “Il prossimo obiettivo sarà quello della realtà aumentata – dice Borro – ovvero proiettare direttamente sui pazienti immagini anatomiche in 3D, partendo dalle immagini radiologiche del singolo paziente, in modo che il medico con visori particolari o con un tablet possa guardare all’interno del paziente come se la pelle fosse trasparente, prima di operarlo chirurgicamente. La realtà aumentata – chiarisce – faciliterà l’approccio chirurgico e contiamo di poterla praticare in modo operativo in sala operatoria nel giro di un anno”.

Quella vissuta con le gemelline algerine è stata pero’ un’esperienza “senza dubbio unica: da architetto – ha raccontato il ricercatore di Velletri – non sono abituato alla tensione di una sala operatoria. Quando al termine dell’intervento mi hanno detto che le gemelline stavano bene ed erano state separate mi sono emozionato tantissimo”.

“Un risultato reso possibile anche grazie alle nuove tecnologie, che rappresentano – ha affermato all’Ansa – la porta del futuro”.