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Rocca di Papa – L’ultima domenica di luglio la comunità torna a omaggiare la ‘Madonnella del Fuoco’ (leggi la storia)

madonnella rocca di papa

Domenica 29 luglio, esattamente l’ultima di luglio, com’è ormai consuetudine, a Rocca di Papa sarà celebrata la S. Messa presso la piccola edicola della Madonnella, in via Vicinale delle Faete, viottolo che attraversa il bosco. Si legge in una lapide poco distante: Gente che passate per questa via, fate un saluto a Maria, che nel salutar Lei vi proteggerà… I rocchegiani la chiamano anche Madonna del Fuoco o Madonna della Forcella, trovandosi vicino a un bivio che conduce alla Capanna bruciata a Vivaro.

Numerosi partecipano i fedeli assorti in preghiera, alla sentita celebrazione e, dopo la cerimonia religiosa, un rinfresco preparato dall’Associazione della Madonnella rappresenta un piacevole momento conviviale. Questa tradizione che nel 2006 ha portato alla nascita di una Associazione fondata da Paolo Fei, Lorenzo Gabrielli e Angelo Giovanazzi, ha radici che risalgono agli inizi del secolo scorso, nel 1912, quando i boschi non erano proprietà dei rocchegiani… Non tutti, forse conoscono la storia della nostra Madonna della Forcella… Il velo del tempo ci porta lontani, tra boscaioli e guardiani alle dipendenze – allora- della famiglia Colonna, successivamente della Società Monte Pendolo, proprietaria dei tagli boschivi: se ne tagliavano dai 70 ai 100 ettari l’anno e l’operazione era finalizzata anche a sfoltire e ringiovanire la macchia.

In via Sicilia a Vivaro, poco distante dalla fonte dell’Acqua Frannoa, in zona Ceraselle, un grosso casale a due piani – Casale Monte Pendolo – era adibito a ricovero e stalle. Poco distanti due grandi capannoni: in uno di questi viveva una squadra formata da cinque fratelli boscaioli provenienti da Pesaro; a rotazione la moglie di uno di loro, scendeva dalle Marche per governare marito e cognati: le avrebbe dato il cambio il mese successivo, la moglie di un altro fratello. Alessio, giovane figlio del fratello maggiore, viveva e lavorava con il padre. Era un quattordicenne che non dimostrava la sua età: mingherlino ed esile al punto di essere chiamato ‘ a Roditella ( lo scricciolo) da altri boscaioli e guardiani rocchegiani, tra i quali Olivio Valle, Rinaldo Spagnoli e Luigi De Santis, detto Gigi u Bellu, nonno di uno dei miei interlocutori, suo omonimo. Il giovane ragazzo era un po’ la mascotte della squadra e li accompagnava al lavoro portando il corno con l’acqua, la lima e la pietra focaia per arrotare le accette e il segone. Nel tempo libero amava scolpire legno di tiglio, molto tenero, come aveva appreso dagli adulti: quando la squadra tornava in paese una volta ogni trenta giorni, queste sculture di legno venivano vendute al mercatino e in questo modo si arrotondavano le entrate in famiglia. In quei giorni la squadra aveva terminato il taglio e rimaneva da concludere la parte finale che prevedeva la pulizia del bosco: andavano tirate fuori le frasche, le fascine già pronte e accatastate, per fare il collaudo, cioè per verificare che il lavoro conclusivo di pulizia del taglio boschivo fosse stato ultimato. Quel mattino però, alla squadra non restò che constatare amaramente le conseguenze di un incendio scoppiato durante la notte, evento che aveva arrecato un grosso danno alla particella, mandando in fumo sia le giovani piante lasciate per la ricrescita, sia la ramaglia da raccogliere e raggruppare in fascine. Alessio senza dir nulla prese il cavallo e si allontanò lasciando gli adulti a commentare la gravità di quanto accaduto: ogni incendio era una tragica fatalità che tutti i boscaioli temevano e paventavano. Quando il padre si rese conto che il figlio non era più con loro andò a cercarlo e, tornato a casa, la cognata gli disse di aver visto il ragazzo prendere qualcosa e ripartire a cavallo. Di nuovo il capofamiglia si mise alla ricerca e lo trovò in località Faggio, così denominata perché là svettava un albero secolare di quella specie, qualche anno dopo schiantato da un fulmine. Con un’accetta ‘a Roditella aveva appena scavato una nicchia nel lapillo: subito dopo, suo padre vide che in silenzio il figlio metteva nella rientranza scavata, una piccola Madonnina di legno. L’uomo gli fece notare che quel bel manufatto, venduto al mercato, avrebbe fruttato una bella sommetta, ma a nulla valsero le sue rimostranze e i tentativi di convincerlo: Alessio fu irremovibile. La Madonnella doveva restare là, al Faggio, oggi Forcella, nella sua piccola cavità naturale a protezione dei boschi, affinché mai più si verificassero incendi. Ma perché proprio là, al Faggio? Perché per i boscaioli quel bivio rappresentava l’ingresso del bosco.

Da allora, la Madonnella veglia e protegge i nostri boschi: proprio ‘a Crastica, Luigi De Santis, omonimo nipote di uno dei vecchi guardiani afferma che, eccetto qualche piccolo focolaio subito domato e circoscritto, non si sono più verificati incendi. Quella piccola scultura di legno oggi non c’è più: il tempo inclemente ha cancellato quel segno di devozione profonda del piccolo Roditella, ma non la sua Fede. Infatti in tutti questi anni, 

qualcuno ha sempre sostituito quella Madonnina o con una piccola statuina o con un’immaginetta riparata da due tegole, appoggiate l’una all’altra come un piccolo tetto e la tradizione s’è mantenuta spontanea con una devozione sempre viva: si commuove Angelo Giovanazzi ricordando quando da bambino passava là con i suoi i genitori, aiutandoli a raccogliere felci, asparagina e altre specie arboree che venivano poi vendute ai fiorai a Roma: con sua madre, mai mancava una preghiera o un segno di Croce…

Nel 2012, in occasione del centenario, davanti la piccola edicola ristrutturata è stata celebrata la prima messa da Padre Paolo, Trinitario del Santuario della Madonna del Tufo: erano presenti Autorità religiose e civili. In quell’occasione una pianta di tiglio e una lapide di peperino furono sistemate dal De Santis che, insieme a Luciano Casciotti e Gabriele Palozzi collabora ora con i primi fondatori dell’Associazione.

Vi si legge: A te Madonnella che proteggi i nostri boschi dal fuoco e dagli incendi. Con devozione la comunità rocchegiana. Partono dal cuore, queste semplici parole e custodiscono la Fede che da sempre alimenta la devozione di tutti noi rocchegiani.

Rita Gatta

festa madonna della forcella
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