FLASH
di Maria Lanciotti
“Cavallo Morto” ad Anzio. Ed ecco pinete e dune che sebbene ridotte e sofferenti rimangono comunque invitanti per una camminata salubre che conduca magari a un bel tuffo a mare. Anche perché quel tratto di spiaggia del fantastico litorale laziale – in sé un dono di natura che si va snaturando senza alcun ravvedimento e sempre più celermente – appare ben curato e custodito dai gestori dei vari servizi, sempre all’opera perché tutto funzioni al meglio. Anche il mare non sembra poi così inquinato, e comunque tutti a mollo senza divieti di balneazione.
Già il pensiero vola speranzoso verso qualcosa di bello che ci riporti in carreggiata, ma dietro l’angolo ci aspetta lo schiaffone. Costeggiando le belle casette private con giardino del Consorzio Lido dei Pini, si arriva a un fosso di melma scura che si supera attraverso un ponticello e repentinamente lo scenario cambia.
Siamo nei pressi del mega depuratore – detto appunto di “Cavallo Morto” – sorto nel 1999 si può dire sulla spiaggia, fra Lido dei Pini e Lido dei Gigli. Ad annunciare il ferale impianto l’inconfondibile puzzo, proveniente anche da una fossa ricolma di rifiuti, tra scoli marci e grossi tubi di scarico fra la vegetazione infestata. E poi quel tubo osceno, un serpentone nero di cui non si vede né capo né coda che attraversa la spiaggia e sparisce in mare.
Divieto di sosta e di balneazione, ma – a leggere il cartello – solo perché qui si fanno attività sportive. Nemmeno un gabbiano in giro, forse esodati per crisi respiratoria, e comunque la gente si gode il sole in beata incoscienza.
Qualche giglio ancora spunta dal suolo ferroso, residuo di una natura stupenda, massacrata.