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Le spoglie mortali di Francesco Pennacchi hanno lasciato l’Italia e il Cimitero di Velletri: il commercialista veliterno ‘riposerà’ a Lugano (Svizzera)

francesco maria pennacchi lugano

La tomba nel Cimitero di Lugano, nel quale da diversi giorni, ormai, sono state traslate le spoglie mortali di

Francesco Maria Pennacchi se ne è andato. Un’altra volta. E anche questa volta, come la prima, per sempre. Lontano dal posto in cui la sua vita si é infranta, squarciando i suoi sogni di ragazzo e i suoi tanti propositi di giovane appena affacciato nell’età adulta.

Nel suo destino non é previsto un viaggio di ritorno, perché nella tragica notte in cui gli é stata tolta, la sua vita terrena é terminata. Inesorabilmente. E ad appena 32 anni. Quasi 3 anni da quel 27 novembre del 2015, giorno in cui sulla sua esistenza é calato il sipario, ed é iniziato l’incubo per i suoi familiari, costretti a dover vivere senza il suo sorriso.

Un sorriso che é rimasto nel cuore dei suoi cari. Non nei loro occhi, che si sono dovuti “accontentare” di quella lapide, dimora inesorabile per le sue spoglie mortali.

C’è chi non s’attarderà a storcere il naso. Chi resterà coerente anche nella critica. Eppure, al di là delle dicerie di chi in fondo non ha saputo fare altro, le sue spoglie mortali, che riposavano da quasi 3 anni all’interno del Cimitero di Velletri, sono state traslate fuori dall’Italia, in quel Cimitero di Lugano, nel Canton Ticino, in Svizzera, dove riposeranno in quella Cappella che i suoi familiari non sono riusciti ad avere nella città in cui Francesco viveva e in cui ha perso barbaramente la vita.

La cappella dove riposa Francesco Maria, ucciso a Velletri il 27 novembre del 2015, per gli effetti della coltellata infertagli da Lorenc Prifti

Un proposito che si é persino infranto di fronte agli impacci, davvero imbarazzanti, di una politica veliterna che aveva dato l’illusione di dare il via libera alla richiesta dei familiari di poter una sua sepoltura nella parte monumentale del Cimitero veliterno, in quegli spazi “riservati a situazioni degne di particolare attenzione”. Se il Consiglio comunale si era infatti mostrato favorevole, la possibilità di far riposare le sue spoglie mortali in quell’area é poi stata negata dalla Giunta comunale guidata dall’allora Sindaco Fausto Servadio, tra i più recalcitranti all’idea. Per i familiari anche la beffa del pronunciamento del Tar, che ha rigettato il loro ricorso, definendo di “grande impatto emotivo” e forte “valenza mediatica” quanto accaduto quella tragica notte, pur senza esimersi, di fatto, dal considerarlo un episodio “di comune, seppure efferata, criminalità”.

Scoramento, rabbia e delusione per loro, che sin dal primo giorno successivo a quella tragica notte, avevano chiesto una giustizia esemplare per l’assassino di Francesco Maria, ritrovandosi a dover subire l’onta morale di un rito abbreviato grazie al quale, dai 30 anni comminati all’omicida in primo grado, si é passati ad un quasi dimezzamento della pena, che in secondo grado é stata mitigata ad appena 16 anni e 8 mesi. Un bel colpo per Lorenc Prifti, il fornaio albanese che quella notte uscì di casa con un coltello bell’affilato e lo infilò nel petto del giovane commercialista veliterno.

La scelta di portare via le spoglie di Francesco Maria va quindi inquadrata nell’indignazione di chi si é visto sbattere le porte in faccia dalla giustizia italiana, nonché dalla poca considerazione, se non dall’indifferenza, di chi non avrebbe mostrato la giusta empatia di fronte al dramma di una famiglia che non ha trovato conforto nello Stato, ma forse neppure in buona parte della comunità.  

LE PAROLE DEL FRATELLO, ROBERTO MARIA PENNACCHI 

Roberto, in piedi, insieme a Francesco e alla loro mamma Isabella, in una delle tante serate felici, passate insieme nel locale sulla via Caranella

Di seguito le parole di Roberto Maria Pennacchi, l’inseparabile fratello di Francesco, che con lui condivideva tutto, dalle avventure da bambini agli studi per la professione di dottore commercialista, passando per l’attaccamento alla famiglia e alla passione per l’arbitraggio.

Parole struggenti, a tratti forti; parole che non nascondono il dolore di chi, da quasi 3 anni, si ritrova a piangere un congiunto, senza poter trovare una sola parola che dia un barlume di ragione a quell’efferata tragedia.

“Oggi termina un incubo, dove lo scorrere del tempo era segnato da chi contava i fiori che avevi davanti, da chi sosteneva l’eccessività di sottolineare la tua laurea, di chi non ha compreso il dolore di una famiglia di fronte ad un giovane strappato alla vita da una coltellata al petto senza motivo dall’ultimo degli infami, chi criticava la panchina, chi sparlava di fronte a lacrime o alla mera necessità di esserti vicino perché si ricorda dei suoi defunti solo i primi 2 giorni di novembre.
Da oggi non vedrai più chi ha sentito le tue urla di dolore e di disperazione e passa al cimitero senza salutarti, o chi fa finta che non sia successo nulla in quel palazzo, e ancora ci abita e ci lavora.
Da oggi non vedrai più chi ha criticato la nostra sete di giustizia – non di vendetta – chi ha criticato semplicemente la parola amore, chi dimentica i figli della sua terra, chi indegnamente ha prima promesso e poi non rispettato, prima concordato e poi firmato un diniego per una tomba al cimitero!
Da oggi non vedrai più chi ci ha remato contro, chi si è approfittato del nostro dolore e delle nostre debolezze pensando esclusivamente ai propri interessi, i Giuda travestiti da amici che si permettono di esprimersi con termini minacciosi…
A volte basta contare fino a 10 per capire quanto sia difficile questa vita senza di te…chi dimentica è complice! Sono orgoglioso che da oggi hai una nuova casa e non vedrai più chi ti ha rimosso, chi ti ha abbandonato, chi prima ti cercava perché eri un esempio e poi oggi fa finta di non sapere chi eri, chi pensa a farsi i selfie, a fare shopping, a farsi i video alle scarpe o alle cazzate invece di dedicare il pensiero al valore della parola AMICIZIA, perché il vero amore è per SEMPRE!”.

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