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A Velletri e Lariano si rinnova la tradizione dei Pasquellari in attesa dell’Epifania

Il Sindaco di Velletri Fausto Servadio questo pomeriggio in piazza Cairoli insieme ai Pasquellari

Torna l’appuntamento con la prima tradizione dell’anno tanto cara alla comunità di Velletri e Lariano: all’imbrunire, infatti, nella serata che precede l’Epifania, nelle case arriveranno i Pasquellari.

 LE RADICI
La Pasquella è – racconta Roberto Zaccagnini – “un canto augurale che si conclude con la richiesta di doni e cibarie. Con riti e nomi diversi, tra i quali quello di Pasquella, la tradizione appartiene a varie regioni d’Italia, anche se per molti l’origine è abruzzese. Sarebbe stata portata nelle nostre contrade dai pastori che d’inverno scendevano per la transumanza nella campagna romana. Sono solitamente quattro i pasquellari che compongono una squadra, detta “cavetta”. “Gavétta” era antico termine marinaresco per intendere il gruppo di soldati che mangiavano nella stessa gavetta, e poi drappello di soldati di scorta al Papa; oggi è usato per definire qualsiasi gruppo di persone addetto a un certo lavoro o operazione. Essi sono muniti di strumenti che, ovviamente, sono quelli tradizionali del luogo. Oltre al cantore che porta anche il cesto per raccogliere i doni, uno ritma col tamburello, uno suona la fisarmonica (o il vecchio organetto a due alti e due bassi, in Abruzzo detto “du’ bbòtt”), e l’altro accompagna con la “caccavèlla”.

Il Sindaco di Velletri Fausto Servadio questo pomeriggio in piazza Cairoli insieme ai Pasquellari
Il Sindaco di Velletri Fausto Servadio questo pomeriggio in piazza Cairoli insieme ai Pasquellari

LA TRADIZIONE
La notte della Befana, in concomitanza con l’arrivo dei Re Magi, i pasquellari si pongono nei pressi di una casa e iniziano a suonare la Pasquella. Di regola non dovrebbero esserci luci accese all’esterno, e chi è in casa non dovrebbe curiosare fuori. Alla fine del canto, se il padrone di casa è disposto ad accettare i pasquellari, apre leggermente la finestra o la porta. E’ il segnale che la squadra può entrare in casa. Con l’installazione della rete elettrica nelle zone rurali pure l’accensione di una luce esterna può essere il segnale, ma non c’è subito l’incontro con la famiglia: nell’ingresso vengono preparate bevande e cibarie e i doni da portar via. Solo dopo aver consumato, può esserci l’incontro con i padroni di casa, e i pasquellari possono, a richiesta, continuare a cantare e suonare in casa.

Trascriviamo un testo mediato tra quelli più accreditati tratto da “Le tradizioni velletrane” di Roberto Zaccagnini

Ti saluto padron di casa, (2 volte) prima a te, poi la tua sposa, (2 volte)
la famiglia in compagnia: Viva Pasqua Befanìa.
Siamo quattro, non siam più otto/ tutti e quattro co’ lo fagotto.
Sotto l’ombra delle rose / si sentivan cantar gli uccelli.
Usignoli e cardarelli / fanno i cori arillegrare.
Dalle grotte di Bettalèmme / ci ha mandato Gesù e Maria.
Ci ha mandato Gesù e Maria: / Viva Pasqua Befanìa.
Dall’oriente siamo partiti, / per portarvi questa novella.
Per portarvi questa novella, / l’anno novo e la Pasquella.
Benedico questa casa, / chi c’è dentro e chi ce riposa.
Il marito co’ la sua sposa, / la famiglia in compagnia.
O pe’ fossi o pe’ scatafossi / dove passiamo noi stanotte: co’ le mano e co’ li piedi, / troveremo ‘na stradella.
Per portarvi questa novella / l’anno novo e la Pasquella.
E s’accosta mezzanotte, / padrone caro apri le porte.
E dal cielo casca la brina, / fa venire la tremarella.
E se noi abbassiamo l’occhi / non vediamo più la terra, ma vediamo un manto bianco. /
Arrivederci a quest’artr’anno. (veloce; ritmo del saltarello)
Arzete padrone, piano piano, (1 volta) e piglia ‘na cannatella co’ lo vino. (2 volte)

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