CRONACA

E’ di Velletri l’81enne morto di Coronavirus a Tor Vergata – La rabbia del figlio: “Ecco cosa è accaduto…”

Nando Spallotta Tor Vergata

Deceduto uomo con positività #covid19 di 81 anni con pluripatologie preesistenti. Avviata indagine epidemiologica”.

E’ stato archiviato così, con questa scarna e fredda comunicazione, veicolata via social, il decesso del cittadino veliterno Nando Spallotta, venuto a mancare all’affetto dei propri cari nel tardo pomeriggio di ieri, in una stanza del Policlinico di Tor Vergata, dove era costretto da alcuni giorni.

In una serata già di per se terribile, i parenti si sono ritrovati di fronte a quel post, della Pagina Facebook dell’Assessorato Regionale alla Sanità del Lazio, con una comunicazione stringata e sovraimpressa l’età e la scritta “pluripatologie preesistenti“, quasi a voler alleggerire a tutti il peso del trapasso, in mezzo al dolore e alle tante domande di parenti ed amici, che s’interrogano su quanto sia davvero accaduto.

Nando Spallotta
Nando Spallotta (1939-2020)

Una persona per bene, un uomo mite, educato, un onesto lavoratore per decenni, prima della meritata pensione; un marito, padre e nonno amorevole e premuroso, la cui esistenza è finita per via di quel virus che sta seminando il panico in mezzo mondo, mettendo a repentaglio persino il diritto e la qualità delle cure di chi, dopo una vita di fatiche, meriterebbe di poter contare su un sistema sanitario all’altezza dei propri diritti di cittadino.

A rendere ancor più triste questa vicenda, che colpisce al cuore la città di Velletri e l’intero territorio dei Castelli Romani, che conta così la prima vittima del Covid-19, è che l’ultimo respiro della sua vita Nando lo ha esalato senza nessuno dei suoi cari, impossibilitati a poter rendergli visita, di fronte allo spettro del virus tanto temuto.

Suo padre è positivo al Coronavirus“, “Anzi no, è negativo“, sono state solo alcune delle informazioni contraddittorie rese alla famiglia negli ultimi giorni, fino all’inaspettato decesso, giunto nel pomeriggio di domenica, come un fulmine a ciel sereno (la mattina di domenica, al telefono, rassicurava sua moglie, dicendole di star bene).

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Solo il giorno prima, nella giornata di sabato, era stata comunicata che il tampone del Coronavirus era di nuovo negativo; una notizia che aveva in qualche modo rassicurato i familiari, costretti dalle autorità ad osservare la quarantena nella propria abitazione ed impossibilitati a rendere visita al proprio caro.

Poi la situazione è di colpo precipitata, rendendo ancor più doloroso quel bollettino dato in pasto ai media e alla comunità, in cui sostanzialmente, dopo il decesso, si è confermata nuovamente la positività al Covid-19, esclusa solo il giorno prima, facendo così calare il sipario su una vita che meritava sicuramente un approccio diverso da chi è chiamato ad informare i cittadini con una sensibilità che si vorrebbe più spiccata.

Subito smentita, dai familiari, la tesi delle pluripatologie esistenti. “Niente di più falso” ha tuonato uno dei figli.

Ben altro, infatti, sarebbe stato il percorso che ha portato alla morte l’81enne di Velletri, trasportato al Pronto Soccorso di Tor Vergata, per una fibrosi polmonare, il 27 febbraio. “L’ho portato io, e siamo arrivati li la stessa mattina che è stato dimesso il poliziotto che poi è risultato positivo” racconta amaramente il figlio, ben intenzionato a ristabilire la verità di quanto accaduto.

Sgombriamo il campo da ogni dubbio: mio padre ha contratto il virus al Pronto Soccorso di Tor Vergata, e questo perché non è stato mandato subito a reparto…ma é stato lasciato lì fino a lunedì 2 marzo…“!. Cinque, lunghissimi giorni, che di fatto hanno finito per strappare Nando all’affetto della sua famiglia. “Questo però nel bollettino non lo dicono”, ripete il figlio, annientato dal dolore ed esterrefatto dinanzi a come il decesso è stato comunicato all’opinione pubblica. “Mio padre non era cardiopatico e la sua pressione era sempre stata perfetta. Soffriva di questa fibrosi e prendeva una pasticca per il diabete, che aveva tuttavia sotto controllo.

“La verità – ha aggiunto – è che siamo stati li al Pronto Soccorso 4 giorni e 4 notti e io sono stato tutto il tempo li con lui. Giorni in cui sembrava di stare in un centro commerciale, in un via vai in cui ho visto chiaramente la paura negli occhi del personale, spaesato per quanto stava accadendo. Solo dopo 5 giorni, il 2 marzo, è stato portato a reparto e messo in isolamento. E’ stato allora che gli hanno fatto il primo tampone, risultato negativo. Mercoledì ne hanno però fatto un altro e il giorno dopo ci hanno comunicato che era risultato positivo al Coronavirus.

Solo sabato sera gli hanno infine comunicato che il terzo tampone, effettuato nella giornata di venerdì, era di nuovo risultato negativo, ma che sarebbero serviti ulteriori accertamenti perchè effettuato con un altro dispositivo”.

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A rendere ancor più doloroso il calvario della nota ed apprezzata famiglia veliterna, il fatto che dalla settimana appena trascorsa tutti siano stati costretti a restare a casa, in quarantena, in attesa del trascorrere dei 15 giorni canonici.

Nessuno, però, si è nel frattempo preso la briga di effettuare un tampone, che accertasse o meno l’eventuale positività di uno o più membri della famiglia dell’ex ferroviere veliterno. In questo contesto la “notizia” della non positività al tampone del proprio congiunto – trasmessa ai familiari 24 ore prima dall’improvvisa scomparsa – era stata presa da tutti con un sospiro di sollievo.

Anche perché le sue condizioni sembravano in netta ripresa e tutto faceva pensare, in assenza del temuto virus, ad una pronta e tutto sommato celere ripresa.

Fa amarezza – ma non vogliamo certamente buttarla in politica – pensare all’aperitivo antipanico del Governatore della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, che solo il 27 febbraio rideva e scherzava a Milano, invitando tutti a non perdere le proprie abitudini.

Non possiamo fermare Milano e l’Italia” scriveva sui social il Governatore della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, il 27 febbraio, ridendo e scherzando nel suo aperitivo anti-panico. “La nostra economia è più forte della paura: usciamo a bere un aperitivo, un caffè o per mangiare una pizza” ribadiva, invitando tutti a fare altrettanto, proprio lo stesso giorno in cui il povero Nando, partito da Velletri, arrivava al Pronto Soccorso di Tor Vergata, finendo, con tutta probabilità, per essere contagiato dal poliziotto di Pomezia, terminando anche lui nella fitta rete del virus che, almeno nella propagazione dei contagi, non sembra fare sconti a nessuno.

Non capisco perchè a lui e a tanti altri, anche se asintomatici, il tampone glielo hanno fatto subito, mentre noi siamo rimasti ostaggio di noi stessi, e così facendo non ci è stato più permesso di rendere visita a nostro padre…”, ha commentato con dolore ed amarezza uno dei figli dell’81enne veliterno.

Nando Spallotta Tor Vergata

“Durante questa settimana – ha aggiunto, ripercorrendo l’accaduto – sono stato contattato dal centralino di Tor Vergata e mi è stato chiesto chi aveva accompagnato mio padre quella mattina. Ho riferito che nei giorni successivi anche altre persone della mia famiglia erano entrate in contatto con lui al Pronto Soccorso, anche se solo per pochi minuti.

Mi hanno quindi dato i numeri di due medici della Asl Rm6 a cui rivolgersi nel caso avessimo avvertito dei sintomi. Dopo l’esito positivo del tampone cui era stato sottoposto mio padre ho chiamato e mi è stato detto che non avrebbero potuto fare nulla in assenza di una comunicazione ufficiale. Inizialmente mi sono quindi messo in autoquarantena, di mia spontanea volontà. Ho quindi informato il mio medico di base, che ha chiamato la Asl e mi ha fatto contattare da chi ha voluto conoscere tutta la storia e, a quel punto, ha confermato l’esigenza di stare tutti in quarantena, evitando qualsiasi rischio di contagio. Ciononostante non siamo stati più contatti ne informati di niente da nessuno, e, soprattutto, a nessuno di noi è stato fatto il tampone, lasciandoci in balia di noi stessi”.

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Una situazione di totale disagio familiare che è stata poi drammaticamente acuita dal decesso del papà, che abitava nel centro storico di Velletri, a due passi da piazza Mazzini, e il cui feretro farà ritorno a Velletri nella giornata di mercoledì, in attesa di capire se e come potergli tributare l’estremo saluto, in un periodo in cui anche i funerali hanno subito una stretta.

Purtroppo – esclama con dolore il figlio – mio padre è venuto a mancare senza alcun conforto dei familiari e ci troviamo addirittura costretti a dover delegare ad altre persone di doversi prendere cura della sua salma, visto che non possiamo ancora uscire di casa”.

A piangere Nando Spallotta, che era nato a Velletri il 1° gennaio del 1939, è la moglie Franca, i figli Paola, Piero e Sandro, oltre agli amati nipoti e a tutti i familiari, che lo ricordano come un uomo mite, allegro e sempre pronto a dispensare battute e a non negare a nessuno il suo radioso sorriso.

A tutti loro giungano le condoglianze della nostra redazione e dell’intera comunità veliterna, duramente provata di fronte alle tensioni ed indeterminatezza di quello che sta diventando un vero e proprio incubo.

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