Attualità

Pietro Castro, lo chef di Genzano rimasto bloccato in Indonesia al tempo del COVID-19

Pietro Castro

di Eliana Lucarini

Dall’inizio dell’emergenza dovuta al COVID-19 una delle problematiche più difficili da gestire per il
Governo Italiano è stata quella del rientro in patria degli italiani all’estero. Gli ultimi provvedimenti
adottati prevedono la possibilità di ritornare al proprio luogo di residenza, ma enormi sono i disagi
legati alla cancellazione dei voli e alle restrizioni per gli ingressi e per i transiti in essere in altri Paesi, specialmente in quelli Extra Europei. Tantissimi sono stati anche i cittadini originari dei Castelli Romani che, purtroppo, non sono riusciti a tornare in patria e per loro vivere in questo momento l’emergenza in altre parti del mondo risulta una situazione ancora più drammatica.

Pietro Castro
Pietro Castro
Pietro Castro

Molti di loro si sono imbattuti in lunghe e faticose peregrinazioni prima di raggiungere l’Italia, destinazione concessa ai più fortunati!
Castelli Notizie ha raccolto la testimonianza di uno chef di Genzano, Pietro Castro, che dall’inizio dell’emergenza e, fortunatamente, prima della scadenza del visto del paese in cui si trovava, dopo una
lunga serie di peripezie e grazie a un colpo di fortuna ha fatto ritorno nella cittadina castellana.
Pietro ha 36 anni ed è nato e cresciuto a Genzano di Roma, da circa 15 anni è uno chef che ha scelto di perfezionare la sua carriera conoscendo le realtà gastronomiche di tutto il mondo: “Negli ultimi anni ho viaggiato dall’Australia all’Indonesia, passando per la Norvegia. Adoro cucinare insieme alle persone dei luoghi dove arrivo e scoprire nuove usanze e cibi particolari”.

Pietro, com’è iniziata la sua avventura al tempo del COVID-19?

“Lo scorso anno, dopo avere lavorato per due mesi in Norvegia, sono tornato in Italia per un breve periodo, giusto il tempo di rinnovare i documenti. Il 15 dicembre scorso, ho lasciato nuovamente l’Italia alla volta di Cuba, dove ho lavorato per un mese. Con tanta voglia di esplorare il mondo e conoscere le sue cucine, sono ripartito verso le isole Hawaii. Da qui ho raggiunto l’Indonesia, dove ho girato in diverse
isolette prima di fermarmi, il 24 febbraio, a Bali, in Indonesia”.

In Italia, in questo periodo, iniziava già a prendere piede il temibile virus, cosa succedeva all’estero?

Pietro Castro a Bali
Pietro Castro a Bali
Famiglia a Bali di cui era ospite

“Secondo i miei progetti, io sarei dovuto andare prima in Malesia per poi proseguire verso il Vietnam, con
rientro in Italia per le festività di Pasqua. Purtroppo, da Bali non sono riuscito più a spostarmi a causa
della presenza del virus, oramai, conclamato in Italia. Nessun paese intorno all’Indonesia, essendo io in
possesso di passaporto italiano, mi lasciava entrare o solo transitare. Restando sull’isola di Bali ho perso
tutte le quote versate per i relativi viaggi aerei e per le soste in albergo. Nulla in confronto ai rischi sanitari corsi in quei giorni! Nel frattempo, in Italia dilagava il virus a macchia d’olio. La situazione si stava aggravando ovunque, a Bali pure. La sanità balinese non possiede molte strutture ospedaliere attrezzate. Ho preso contatto con tutte le Ambasciate d’Italia nei paesi, dove avrei potuto fare scalo per andare poi in Italia, chiedendo di transitare solamente per poche ore e allo scopo di prendere un volo diretto nel mio paese di residenza. Nessuno mi ha ascoltato. Ho chiesto aiuto e appoggio alle varie Ambasciate, spesso senza ricevere risposte”.

Quando ha iniziato a temere di più per la sua salute?

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“Ho cercato di non perdermi d’animo mai, continuando la ricerca disperata del primo volo disponibile per l’Italia e tentando di trovarne uno con minori rischi possibili e senza fare uno scalo troppo lungo, cui sarebbe seguita, poi, una eventuale quarantena in quel paese. Questa non era certamente una prospettiva favorevole! Mi sono recato di persona in aeroporto con le opportune precauzioni. Le uniche due compagnie aeree che permettevano il passaggio per lo scalo erano quelle arabe: Emirates e Qatar. Con la prima non c’era nessuna disponibilità di volo fino a maggio inoltrato, con la seconda sono riuscito ad
acquistare un biglietto. In quel momento mi sono sentito l’uomo più fortunato sulla faccia della terra! Mi
hanno messo in lista per il 01 aprile. Avrei dovuto lasciare Bali molto prima e quindi avevo bisogno di
un’estensione del visto obbligatorio per una settimana, perché il mio sarebbe scaduto il 24 marzo. Con tanta pazienza mi sono rivolto all’Ambasciata d’Italia ancora una volta”.

Ha trovato sostegno e delucidazioni, questa volta, presso gli Enti competenti?

“Purtroppo no! Il Responsabile dell’Ufficio Consolare, in una comunicazione di risposta alla mia richiesta, si dispiaceva per la mia situazione e per quella di altri connazionali che si trovavano in Indonesia, ma per indicazioni ufficiali sulle eventuali restrizioni ai transiti e agli ingressi di cittadini italiani applicate da altri Paesi di destinazione, mi invitava a mettermi in contatto con le rappresentanze diplomatiche consolari di quei paesi in Indonesia. Il Responsabile mi ha suggerito di rivolgermi al competente Ufficio Immigrazione e segnalare la situazione, richiedendo un’estensione del visto. L’unico appoggio che mi avrebbe potuto fornire, qualora avessi avuto ancora difficoltà, sarebbe stato una lettera da presentare alle autorità indonesiane, senza nessuna garanzia di accettazione, per supportare la richiesta di estensione del visto già in mio in possesso”.

Una situazione davvero complicata, che cosa è accaduto in seguito?

“Ogni giorno che passava, ero sempre più preoccupato. Il mio timore più grande era quello di non potere rimpatriare in Italia prima della scadenza del visto. In Indonesia si rischia grosso! Restando in questo Paese oltre la scadenza del visto si è perseguibili penalmente e si può essere trattenuti dalle forze dell’ordine, bisogna pure versare una somma di denaro inconcepibile da pagare. Mi sono recato, così,
all’Ufficio Immigrazione, dove mi hanno detto di non potere rinnovare il mio visto, invitandomi a rivolgermi di nuovo all’Ambasciata. In pratica, anche qui si sono lavati le mani! Immediatamente, ho contattato anche il Ministero degli Esteri, non ottenendo mai risposta.
Una situazione sempre più difficile, anche un forte terremoto ha sconvolto nello stesso periodo il nord del
Paese. Gli abitanti dell’isola circolavano tutti incuranti della pericolosità del virus. In un articolo uscito sulla stampa nazionale indonesiana, inoltre, lo stesso Presidente ha ammesso di avere soppresso i dati sulla diffusione del COVID-19 per non creare situazioni di panico”.

Com’è riuscito a rientrare, poi, in Italia e grazie a cosa?

“Un colpo di fortuna o il destino, non saprei come chiamarlo. Sono restato in contatto continuo con la
compagnia aerea del Qatar, unica speranza per la mia dipartita. Ogni giorno, mi recavo presso i loro uffici per trovare un volo in anticipo. Finalmente, dopo svariati giorni, sono riuscito ad acquistare un biglietto per Roma per il giorno dopo, tornando prima della scadenza del visto. Il 24 marzo sono giunto in Italia. All’aeroporto di Fiumicino mi è stato fatto compilare un foglio con i miei dati, dove segnalare la mia destinazione. Non sono stato sottoposto a nessun tipo di controllo, non mi è stato nemmeno misurato il valore della temperatura corporea!”.

Dopo questa odissea durata interminabili giorni, cosa vorrebbe dire al Governo Italiano in rappresentanza di tutti gli altri italiani ancora all’estero?

“Vorrei sottolineare a chi ci governa quanto sia grande la disperazione di chi, all’estero, si ritrova completamente abbandonato, non ricevendo nessun sostegno da parte delle Ambasciate e del Ministero
degli Esteri, Enti che dovrebbero sostenere e aiutare nella risoluzione delle problematiche o, almeno, provare a farlo. Una situazione dolente che per me, alla fine, è finita ma per tanti italiani sparsi nel mondo, ancora continua”.

Pietro, un uomo solo dall’altra parte del mondo, in un periodo di pandemia così surreale, senza il sostegno di chi, invece, all’estero avrebbe dovuto sostenerlo e tutelarlo. Un assurdo rimpallo di responsabilità che ha giocato e continua a giocare senza ritegno sulla vita di cittadini che non hanno alcuna colpa.

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