CRONACA

GENZANO – E’ morto l’architetto Giuliano Di Benedetti: aveva 77 anni. La 3^ nave romana al Lago di Nemi tra le sue certezze

DI Benedetti Giuliano

L’architetto Giuliano Di Benedetti, nato a Genzano il 14 luglio del 1943, è passato oggi a miglior vita, dopo aver esalato l’ultimo respiro a Villa delle Querce, la clinica che sormonta quel Lago di Nemi che, ne era fermamente convinto, contiene nei suoi fondali quella che è stata una sua lunga battaglia per la verità.

L’architetto genzanese è infatti spirato senza poter coronare il suo sogno di veder riaffiorare la terza nave romana, che proprio lui, intervistato anche da noi durante un’esperienza comune in barca, sul bacino lacustre nemorense, era strenuamente convinto potesse essere rimasta incastonata nel lago di Nemi.

Giuliano Di Benedetti
Giuliano Di Benedetti

Giuliano Di Benedetti è stato un libero pensatore, che ha raccontato nei suoi lavori un’affascinante rielaborazione di luoghi magici e sacri. Un ideatore di progetti all’avanguardia, che l’hanno portato a fare ricerche storiche sul territorio in cui è vissuto, e da lui definito “uno dei più importanti per la storia dell’Umanità: i Colli Albani”.

Un uomo sempre prodigo di consigli, insegnamenti, valori, che sapeva trasmettere in maniera garbata e col sorriso.

Come tecnico ha ideato opere come Il Parco del Ramo d’Oro, il Nuovo centro di Genzano, con Torre Cynthia e ARTIGIANARTE.

Architetto, laureato all’Università La Sapienza di Roma, ha sempre esercitato la libera professione nella sua città di origine, Genzano di Roma. L’interesse per il passato della sua terra, nato in lui con la lettura de Il Ramo d’Oro, di J. Frazer, non l’ha mai più abbandonato.

Apprendere che il ramo d’oro – un ramo di vischio che cresce sulla quercia sacra – è strumento indispensabile per accedere al mondo dei morti il cui ingresso era situato proprio in prossimità dell’albero sacro, sulle rive del piccolo lago nemorense, ha costituito uno stimolo per sviluppare le conoscenze più approfondite della storia più antica del luogo e dei suoi monumenti più trascurati, con risultati strepitosi, prima inimmaginabili.

Ha avuto così l’opportunità di recuperare il Palazzo e il Parco Sforza Cesarini di Genzano, compiendo una difficile e magistrale operazione di restauro di un edificio ridotto a quasi rudere e a rendere di nuovo utilizzabile un Parco che quaranta anni di totale abbandono avevano ridotto ad intricatissimo bosco di piante infestanti e che egli progettava di trasformare in un grandioso parco monumentale, una specie di Villa d’Este naturale, secondo la definizione del responsabile della Soprintendenza che allora seguiva i suoi lavori.

DI Benedetti Giuliano
L’architetto Di Benedetti nel “suo” lago

Proprio il racconto delle vicende dei lavori del Palazzo Ducale genzanese, gli diede modo di farsi apprezzare anche come scrittore con la sua opera narrativa Nel Castello sul Lagodiluna, ritenuto uno dei più bei romanzi scritti sui Castelli Romani, in cui narrava la fantastica storia del fantasma del Palazzo, storia che, iniziata come uno scherzo, subito attirò l’attenzione dei media di tutta l’Italia per diversi mesi fino ad avere una diretta televisiva pomeridiana da Palazzo Cesarini su RAI2.

Il fantasma era quello di una zingara, che, ogni cento anni, tornava ad essere protagonista di una grande storia d’amore con il signore del luogo senza mai raggiungere il suo scopo vero: quello di  concepire un figlio proprio qui sulle rive del lago di Luna, dove tutte le donne venivano a pregare Diana di farle diventare madri.

L’interesse dell’Autore si spostò poi sulla rilettura dei miti locali dando vita ad un originalissima opera, Dalla Pentima del Piccione, una sorte di apripista per la composizione del saggio La Via di Dante, in cui scopriva il vero significato della Divina Commedia.

Come mai nessuno aveva fatto prima, egli riusciva anche a scoprire altre verità inimmaginabili individuando l’ambientazione della Commedia dantesca nello stesso nemus, da cui i due poeti, Virgilio e Dante, accedono proprio all’ingresso dell’Ade-Inferno.

Nel nemus-”silva opaca”-selva oscura, Dante si ritrova – non si smarrisce – proprio nel punto in cui la diritta via-Appia Antica si smarrisce, cioè perde la sua caratteristica principale di rettilineo, cosa che avviene nella valle aricina, proprio dove attraversa il fitto bosco-selva oscura.

L’osservazione straordinaria che è la diritta via a smarrire la sua caratteristica, stravolge il significato finora attribuito da tutti i commentatori all’opera di Dante. In quella selva egli incontra le tre belve-peccati non dell’Uomo o di Dante, ma dei capi della chiesa cattolica di allora e da lì la Via di Dante è percorsa alla ricerca del Dio-Conoscenza dei Catari. Questi nuovi riferimenti consentono anche di comprendere, per la prima volta, il vero significato della profezia del Veltro-macchina da stampa a caratteri mobili (Adriano Petta, Eresia pura e Roghi Fatui) che consentirà la diffusione facile della conoscenza, cosa che determinerà la fine del prepotere della Chiesa Cattolica.
Ancora. Quelle tre belve simboliche sono le uniche tre presenti, in bronzo, sulle navi romane di Caligola affondate nel lago nemorense.

Questi nuovi elementi hanno consentito di riesaminare le prime due cantiche della Commedia che risultano chiaramente ambientate nel territorio del nemus, come magistralmente è illustrato nella prima parte del saggio La Via di Dante.
La scoperta finale delle opere di Zecharia Sitchin sulla storia, le origini e le conoscenze dei Sumeri e di coloro che erano discesi dal cielo, portò l’Autore a riconsiderare anche la terza cantica, il Paradiso, verso il quale Dante vola con il carro-astronave di Beatrice. Ipotesi -inizialmente quasi assurda- che, però, trova chiarissima conferma proprio nei versi di Dante, mai compresi prima né da commentatori, né da illustratori, ma dal significato preciso ed inequivocabile.
Nessuno poteva nemmeno immaginare, come ha fatto invece il nostro Autore nel suo libro, che Dante conoscesse le astronavi e la gravitazione universale di cui pure -finora incompreso- parla nella Commedia.

La riscoperta di tutto questo ha consentito a Di Benedetti l’ideazione di progetti straordinari che rievocando miti dimenticati, consentiranno di far considerare questo territorio come meta di grandi, ricchi e qualificati flussi turistico-culturali.

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