Attualità

Cantina Villa Simone a Monte Porzio, Racconto Enologico alla scoperta del Frascati

CANTINE E VINI DEI CASTELLI ROMANI

Alla scoperta delle Cantine e Vini dei Castelli Romani

a cura di Veronica Falcone

Abbiamo scelto di aprire i nostri appuntamenti con i Racconti Enologici dei Castelli Romani con l’azienda Villa Simone, cantina aderente al Consorzio Tutela Denominazioni Vini Frascati, con la quale andremo ad approfondire le Denominazioni dei Vini Frascati: Frascati Doc, Frascati superiore Docg e Cannellino di Frascati Docg: i terreni che li caratterizzano, i vitigni impiegati per la produzione di queste denominazioni e tutto il processo produttivo che l’azienda adotta per ottenere questi vini.

cantina villa simone frascati

Secondo le regole dettate dai disciplinari, i vitigni utilizzati per la produzione di queste denominazioni, sono: la Malvasia bianca di Candia, la Malvasia del Lazio (conosciuta anche come Malvasia Puntinata), il Bellone, il Bombino bianco (conosciuto anche come Bonvino), il Greco bianco ed il Trebbiano toscano e giallo, ma anche varietà di vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione nella Regione Lazio. L’azienda, opera su quello che è un territorio in forte crescita. Una crescita riconosciuta e premiata, in particolar modo per quanto riguarda la denominazione del Frascati superiore Docg, grazie alla quale, Villa Simone, è stata insignita nel 2020, di uno dei riconoscimenti più prestigiosi del panorama enologico Italiano, quello della Guida ai vini d’Italia del Gambero Rosso.

cantina villa simone frascati

A guidare la nostra visita nel vigneto e nelle cantine che l’azienda ha nel comune di Monte Porzio Catone, è stato il racconto della giovane e appassionata Sara Costantini che, insieme alla madre e alla sorella, è parte della prima generazione di donne dell’azienda.

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Il Terroir

Il territorio dei Castelli Romani, è fortemente vocato alla coltivazione della vite. Questo è dovuto all’origine vulcanica del terreno e al clima estremamente favorevole. Il territorio si trova infatti nel mezzo di due correnti d’aria, grazie alle quali il terreno e le piante che svettano su di esso, godono di aria buona tutto l’anno permettendo alla vite di essere esposta 365 giorni a sole e pioggia, in quantità ottimali. Questo fa sì, per esempio, che non sia necessaria un’irrigazione artificiale. I vitigni che si trovano all’interno dell’area della cantina, si ergono su un terreno plasmato da una colata lavica e da un’esplosione, fenomeni provocati al tempo da un vulcano. È proprio questa particolarità che differenzia questi terreni da quelli limitrofi. Anche essendo tutti parte della stessa denominazione o usando metodi produttivi uguali o simili tra di loro, da questi terreni si riescono ad ottenere differenti tipologie dello stesso vino, a seconda proprio delle varie peculiarità che lo rendono unico, come l’altitudine. Il terreno del loro Vigneto Filonardi, per esempio, non molto distante dal vigneto del nostro sopralluogo, è molto più minerale, roccioso ed ha delle componenti in rame.

cantina villa simone frascati

Il Vino

I membri della famiglia Costantini, nascono come coltivatori di uva nelle Marche. Si trasferirono a Roma nel secondo dopo guerra, quando il nonno e lo zio di Sara, decisero di aprire delle enoteche in centro. Nel 1982 passarono dal vendere vino, al produrre vino, acquistando il primo appezzamento di terra e la cantina che vi sorgevano, nel comune di Monte Porzio Catone. Il padre di Sara, Lorenzo Costantini, conseguentemente all’acquisto del terreno, decise di intraprendere gli studi universitari di enologia, diventando uno dei primi laureati d’Italia in questa materia. Il contributo che Lorenzo ha dato all’azienda, è stato un plusvalore di innovazione, in un periodo di particolare rilevanza per il panorama enologico Italiano. In seguito allo scandalo del Metanolo infatti, verificatosi intorno al 1985, si ebbe quella che oggi si ricorda come la restaurazione enologica Italiana. Periodo che coincide proprio con gli anni d’oro del Frascati. Da vino di quantità, coltivato con la tipica produzione “a tendone” (disposizione della vite in appositi tendoni) di quel periodo, acquistò la sua nuova identità di vino di qualità. La stessa qualità che oggi il consorzio del Frascati punta a mantenere alta, con l’impegno e la dedizione delle tantissime cantine, quasi 50 e tutte piccole, che hanno deciso di dedicarsi alla produzione di questa denominazione. Niente grandi industrie o grandi aziende. Da un paio di anni infatti, il Frascati è diventato sinonimo di vino di nicchia. È evoluto, non rimanendo più rilegato alla sola immagine di “vino sfuso” o vino “da osteria”.

Il Vigneto

Le fasi che scandiscono i ritmi di crescita della vite, dette fasi fenologiche, sono diverse e si alternando rispettando i tempi dettati dalle stagioni. In questo particolare momento, subito dopo la vendemmia, si lascia il posto alla defogliazione. Le piante andranno quindi a perdere le foglie, com’è tipico della stagione autunnale, lasciando il posto alla fase del riposo vegetativo dell’imminente stagione invernale. Nel vigneto che abbiamo visitato, le piante sono state poste a 20 cm di distanza l’una dall’altra, proprio per permettere una maggiore presenza delle foglie che agiscono quasi come fossero un pannello solare per la vite. Maggiore è la quantità di foglie, maggiore sarà la luce solare attratta e quindi più alta la qualità della produzione. La denominazione del Frascati copre diverse zone: quella di Monte Porzio Catone, Monte Compatri, Frascati e Vermicino, zone dove l’azienda ha dislocato i suoi vigneti, tra cui il recentissimo vigneto Falconieri nel comune di Frascati, interamente dedicato alla Malvasia puntinata. In collaborazione con la Regione Lazio, l’azienda Villa Simone ha condotto degli esperimenti sulla Malvasia del Lazio, tra l’altro, per renderla più resistente all’attacco di alcuni insetti. Questi esperimenti sono stati eseguiti in seguito al ritrovamento di micro-varietà, che il team è riuscito a clonare e a ripiantare per seguirne la crescita. La famiglia, tiene in particolar modo alla produzione della Malvasia, vitigno autoctono del Lazio di cui si fanno promotori, in quanto reputa i territori della denominazione del Frascati degli esaltatori del suo potenziale, dando origine ad un prodotto finale di altissima qualità. Inoltre, il nuovo vigneto Falconieri e il vigneto Filonardi, hanno entrambi una storia interessante. Solo i vigneti presenti negli archivi storici, posseggono dei nomi. Questo perché un tempo furono parte di tenute feudali, prendendo dunque il nome del proprietario terriero che li possedeva. In questo caso: Falconieri e Filonardi. In particolare, il vigneto Filonardi, prende il nome dall’antico patrizio romano che lo possedeva e che produceva, in epoca romana, le migliori trenta botti di frascati su quel terreno.

La Vendemmia

L’80% della vendemmia, in azienda, viene effettuata previa raccolta a mano dei grappoli, riposti poi in apposite cassette. Questo avviene anche perché la natura collinare del terreno potrebbe ostacolare una raccolta meccanizzata. Le cassette riempite dai grappoli, saranno poi svuotate in un trattore. Una volta carico, il trattore si sposterà dal vigneto e si posizionerà su una piattaforma apposita per procedere alla pesa della raccolta. Alcuni grappoli, a seconda dell’annata, saranno invece destinati alla vendemmia tardiva, eseguita verso il mese di novembre, per la produzione del cannellino di Frascati Docg. Le uve destinate a questa lavorazione, devono essere sottoposte ad uno speciale trattamento, affinché abbiano tutte le caratteristiche necessarie alla produzione di un vino passito. Per la produzione del Cannellino, il grappolo viene reciso dalla pianta con tutto il tralcio, la sua parte legnosa. I grappoli vengono poi adagiati su delle cassette, esposte al sole per diversi giorni, per l’appassimento delle uve. Questo consente ai grappoli di sviluppare la famosa muffa, motivo per il quale chiamiamo questa tipologia di vino “muffato”. Al termine dell’appassimento, l’uva verrà pigiata e messa in barrique, delle piccole botti di legno, affinché riposi per un tempo che si aggira attorno ai due anni. La vendemmia tardiva è tipica delle zone del centro e del sud, essendo indispensabile un clima caldo adatto a questo tipo di lavorazione.

La pigiatura

Una volta pesata, l’uva che è riposta ancora nelle cassette, viene trasportata dal trattore nella zona dedicata alla pigiatura. Per prima cosa, i grappoli vengono riversati in un cassone collegato ad una pompa che li aspirerà, trasportandoli all’interno delle due presse soffici. Mediante l’uso della pressa soffice, è possibile pigiare l’acino senza che siano danneggiate le vinacce (buccia dell’uva e vinaccioli, con o senza raspi), ovvero le parti che conferiranno al vino l’amaro e l’astringenza. Queste parti legnose verranno poi raccolte in un apposito cassone, destinate alla produzione dei distillati (in questo caso, della grappa).

Villa Simone – Racconto enologico alla scoperta del Frascati  La regione Lazio, come rende noto l’Associazione nazionale Città del Vino, si compone di sei enoregioni: Etruria Viterbese, Tevere Settentrionale, Costa Tirrenica del Basso Lazio, Terre de

In cantina

Dopo aver ottenuto il mosto dalla pigiatura, si ripone nelle vasche di acciaio per far sì che si attivi la fermentazione, il processo chimico che trasformerà il mosto in vino. Nella cantina dell’azienda, alcune vasche sono dotate di una fascia del freddo. Un elemento che ha la funzione di termoregolatore per il monitoraggio delle temperature, che in particolari condizioni potrebbero attivare fermentazioni indesiderate ed alterare la qualità del vino. In una seconda cantina, interrata, invece la temperatura rimane inalterata a prescindere dalla stagione. Alcune tipologie di vino vengono conservate nella barricaia, ambiente in cui sono situate le barrique, destinate prevalentemente all’affinamento del vino rosso (vengono prodotti principalmente Cesanese e Nero Buono. Non essendo presenti sul territorio rossi autoctoni, si rimane comunque sul regionale). Nella barricaia, i vini rossi messi in barrique vengono affinati da un periodo che va dai 6 ai 24 mesi. Oltre ai rossi, anche il cannellino viene affinato in barrique. Come le usanze vogliono, nella cantina dell’azienda è presente anche la grotta, peculiarità delle cantine dei Castelli Romani, dove viene conservato il vino già imbottigliato. La popolarità di queste grotte, è dovuta alla conformazione geologica del terreno, ricco di tufo e basalto. Il tufo essendo molto friabile e quindi facile da lavorare, ha reso diffusa la pratica di scavare grotte destinate alla conservazione del vino. Si procederà poi, in ultimo, all’etichettatura e il vino sarà pronto per la vendita.

Filiera produttiva ed enoturismo ai tempi del covid-19

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Il processo di sviluppo territoriale, in questa zona, non è solo una questione legata alla miglioria della qualità del vino che qui si produce. Il cambiamento d’immagine legato alle denominazioni del Frascati e in più in generale di questa parte della regione Lazio, è operato infatti anche dal punto di vista della promozione dell’accoglienza enoturistica, a cui negli ultimi tempi si sono dedicate associazioni e reti d’impresa. Un esempio, è quello di Terre Ospitali – il gusto dell’accoglienza, associazione Nazionale presente sui territori regionali del Trentino alto Adige, Abbruzzo, Lazio e Puglia, nata grazie al progetto comune di queste aree interessate, dei GAL – Gruppi di Azione Locale e delle istituzioni locali. Per quanto riguarda la regione Lazio, le terre ospitali che hanno aderito al progetto sono proprio quelle dei Castelli Romani e dei Monti Prenestini. Nel manifesto delle Terre Ospitali, si legge: “Crediamo che l’ospitalità debba intendersi in tutte le sue forme, come garanzia di un’offerta di cibi e luoghi rispettosi di criteri di tipicità, sostenibilità e qualità. Questi criteri sussistono sicuramente laddove si annoverino tra le produzioni o tra le merci in vendita, o somministrate, prodotti con carattere di tipicità locale: produzioni autoctone, o addomesticate in passato e non invasive rispetto alle colture locali; piatti e ricette legati alla storia culinaria e alle colture locali; si utilizzino materie prime di origine locale o regionale; non si faccia ricorso a diserbanti, conservanti, edulcoranti e pesticidi di origine industriale o che arrechino danni all’ambiente o alla salute; si sia guardiani di processi di trasformazione artigianale; e si rifiuti qualsiasi forma di sfruttamento del lavoro; si producano, vendano o somministrino prodotti con qualità certificata o riconosciuta dalla cittadinanza locale”. La vicepresidente di questa associazione è proprio la signora Costantini, mamma di Sara, che ci ha detto: “La rete di terre ospitali è una rete in cui noi abbiamo creduto, da sempre, moltissimo. Ha consentito alle aziende del territorio di conoscersi. Grazie a questa rete, le cantine aderenti non sono più solo concorrenti, ma collaboratrici. Ci ha permesso di aprirci ad un territorio che prima era chiuso. Le varie realtà hanno iniziato a creare e programmare insieme eventi, dando vita a questa collaborazione. Non più ideale, ma autentica. Questo ci ha permesso di aprirci anche a realtà completamente diverse da quelle enologiche, come quelle ristorative o di piccoli artigiani, e creare sinergie”.

Uno splendido lavoro, purtroppo rallentato da tutte le incertezze che l’emergenza sanitaria ha trascinato dietro di sé. “Oggi stiamo cercando di dare una risposta alla domanda: accoglienza si o accoglienza no? Le attività enoturistiche subiscono rallentamenti anche a seguito di una normativa che c’è, ma che non è ancora stata riconosciuta a livello comunale. Il governo poi, parla di bar, ristoranti ed attività agroturistiche, senza mai menzionare l’enoturismo. E con accoglienza enoturistica, noi intendiamo anche l’assistenza che forniamo al cliente nel momento in cui chiede informazioni per l’acquisto di una bottiglia. Noi passiamo del tempo con quel cliente, gli raccontiamo come lavoriamo e gli spieghiamo come nasce quel vino che intenderà acquistare. Un’accoglienza a 360°, che noi siamo sempre ben disposti ad effettuare. Anche nel momento di maggior lavoro e di maggior caos, noi accogliamo”.

Situazione, quella del settore enoturistico, che va ad aggravare il periodo dell’instabilità delle filiere produttive, che lo stato non include nella lista delle attività colpite dal nuovo dpcm. “In tutti i menù take away che i ristoranti stanno proponendo in questi giorni – osserva la signora Costantini – non si parla mai di vino. Se il ristorante vende le bottiglie ai prezzi della carta, ora come ora, con l’ampia offerta e-commerce delle enoteche virtuali, non sarebbe competitivo. Ci stiamo preparando ad un’ipotetica seconda botta, ma non so cosa potrebbe accadere, considerando il fatto che le enoteche ancora non stanno effettuando i tradizionali ordini natalizi”.

Veronica Falcone

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