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Velletri – In Carcere ai tempi del Covid e durante le feste, l’intervista al cappellano Don Franco Diamante

«Il carcere di Velletri vive nella tranquillità, la tensione è stata superata. I detenuti sono molto attenti sapendo del pericolo del Covid-19 e portano la mascherina quando sono fuori la loro cella, fortunatamente nessun caso COVID-19 accertato».

Queste sono le prime informazioni rilasciate dal cappellano del Carcere di Velletri, Don Franco Diamante, intervistato a filo diretto per il nostro giornale. Lui che vive dall’interno la dura realtà carceraria, data la lunga esperienza del suo operato, ci racconta di una situazione sotto controllo all’interno del penitenziario, da quando grazie alla concessione della detenzione domiciliare ad opera del decreto Cura Italia dello scorso marzo il numero dei presenti si è via via ridotto di 200 unità.

L’impatto del Covid-19 sulla vita carceraria

«Sono attualmente 400 i detenuti presenti nel carcere in linea con la capienza regolamentare – sostiene il cappellano, e aggiunge -. Adesso, con meno persone all’interno c’è meno affollamento nei servizi e anche qualche possibilità lavorativa in più internamente all’istituto». Tuttavia, la parte più dolorosa è che il Covid-19 ha sospeso tutte le attività trattamentali interne (tra queste il teatro, il cineforum, libro forum, attività manuali e tanto altro) che davano un senso e uno scopo alle dure e grigie giornate all’interno delle mura carcerarie.

Ci dice il parroco, «I volontari possono entrare ma sono una piccola minoranza rispetto agli ingressi prima della pandemia e possono avere soltanto contatti singoli con il detenuto che ne ha bisogno. Il rapporto è un detenuto per un volontario». La scuola e le messe sono le uniche a rimanere in vigore. Per quanto riguarda la vita religiosa in carcere, ci dice il cappellano: «possono partecipare alla messa 40 detenuti alla volta, abbiamo aumentato i giorni e gli orari settimanali in modo tale da dare l’opportunità a più persone divisi per sezioni di prenderne parte».

Le messe sono il giovedì, il sabato e la domenica in orari diversi per sezioni diverse. Il giovedì la messa è riservata ai precauzionali (sex offender) e il sabato e la domenica per i comuni.

Don Franco Diamante


«Posso dire che la partecipazione alle funzioni è più o meno rimasta invariata rispetto al periodo prima della pandemia, in media un centinaio a settimana partecipano alla messa».

Ciò che emerge dal racconto del cappellano è una fotografia drammatica della realtà quotidiana dovuta alla pandemia da Covid-19 nella quale, al fine di ridurre le probabilità di contagio dall’esterno verso l’interno, i detenuti vivono esclusi quasi completamente dal mondo esterno, tranne per i rari casi di coloro che possono beneficiare dei permessi premio e dei permessi di lavoro. Viene reso in tal modo difficile quel cammino rieducativo previsto dall’Art. 27 comma 3 della Costituzione italiana il quale cita: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere nella rieducazione del condannato”.

I contatti con i familiari

Ad aggiungere sofferenza, oltre all’assenza oramai quasi annuale di attività culturali e sociali extra, vi è la limitazione dei contatti in presenza con i familiari. Ci racconta: «I parenti che possono raggiungere il carcere, devono prendere appuntamento prima di poter fare visita al proprio caro in detenzione. A separare le loro conversazioni è un vetro divisorio che non permette loro il contatto fisico». Nessun abbraccio, quindi, è consentito tra compagni, coniugi, madri e figli e padri e figli. È da immaginarsi il loro dolore per vivere in una condizione di totale privazione dell’affettività, soprattutto nel bel mezzo delle appena trascorse festività natalizie.

Tuttavia, si assiste anche nel carcere di Velletri, così come disposto a livello nazionale, l’aumento delle chiamate e videochiamate concesse ai detenuti verso le loro famiglie e soprattutto nei casi in cui vi sono figli minori. Il cappellano spiega: «Diciamo che a seguito delle ribellioni di marzo dovute alle chiusure ai colloqui con i familiari, da qualche mese hanno concesso maggiori possibilità di chiamare in famiglia, alcuni lo fanno anche quotidianamente e questo ha contribuito inevitabilmente ad abbassare la tensione nelle carceri».

La quarantena preventiva 

Si è chiesto a Don Franco Diamante di raccontarci di come è prevista l’organizzazione della procedura di isolamento per i sospetti COVID-19 e per i “nuovi arrivati” alla casa circondariale. La risposta: «Noi li chiamiamo “i nuovi giunti”, loro vengono messi in isolamento in una delle stanze singole nella “sezione quarantena precauzionale” al “secondo B” per 14 giorni, devono fare due tamponi, se sono negativi vengono mandati nelle celle. Anche chi esce per permesso o per una visita in ospedale quando fa rientro viene messo in isolamento e deve seguire l’iter dei due tamponi. In più c’è una “sezione Covid”, se tra i detenuti c’è un caso sospetto viene messo in quarantena. La sezione Covid-19 è spesso affollata».

Tuttavia, dalle parole del cappellano sembra di capire che la situazione a livello di organizzazione è di molto migliorata rispetto ai primi mesi della pandemia quando venne dedicata la “sezione transito” (quella riservata ai colloqui con i legali) per la quarantena sia dei nuovi giunti e sia dei sospetti Covid-19, per un totale di poco più di dieci posti.

Lo sciopero del carrello dei detenuti 


Si è chiesto all’intervistato di raccontarci se avesse recepito qualche informazione in merito all’adesione dei detenuti del Carcere di Velletri allo sciopero della fame nazionale indetto dall’Onorevole Rita Bernardini,
assieme ad altri personaggi del panorama politico e culturale, dai primi di dicembre per chiedere l’apertura di un dialogo con il Ministero di Giustizia circa l’approvazione di provvedimenti che mirino a decongestionare molte carceri italiane in condizione di sovraffollamento (ipotizzate anche la concessione di amnistia e indulto). La replica di Don Franco Diamante: «So che hanno aderito nella Casa Circondariale di Velletri circa la metà dei carcerati più motivata e consapevole. In carcere viene chiamato lo “Sciopero del carrello” e consiste nel non mangiare gli alimenti e le pietanze del vitto ufficiale portate cella per cella dal personale di polizia penitenziaria mediante il carrello”, da qui il nome. Lo sciopero è durato 4 giorni».

Il Natale in carcere

Immaginando l’andamento delle feste natalizie in carcere, Don Franco Diamante ha aggiunto la sua testimonianza: «Natale in carcere è sempre stato il giorno più brutto dell’anno. Pandemia o no non cambia molto per loro. In quel giorno il personale è sempre stato al minimo e le attività non sono mai state previste così come i colloqui con i familiari». Solitudine, è la parola che più ci sembra descrivere il Natale- così come ogni altro giorno di festa- di coloro che si trovano ristretti in carcere e in generale sono
privati della libertà personale.
Sicuramente le festività in corso sono vissute con ancora più amarezza da coloro che vivono nelle mura delle celle, dai loro familiari e anche da coloro che vi lavorano quotidianamente. Confidando in un
2021 più positivo rispetto al precedente anche per la realtà penitenziaria rivolgiamo auguri sinceri di Buon Anno a tutti gli operatori penitenziari, al personale di polizia penitenziaria, ai volontari, a Don Franco Diamante per averci rilasciato l’intervista e a tutti i detenuti del carcere di Velletri. È importante che le persone recluse non vengano dimenticate dalla società ed è importante che questo lungo periodo sia un’occasione per attribuire il giusto valore alla libertà!

Maria Sole Lupi

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