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Racconti Enologici – Tenuta Santi Apostoli di Frascati: naturalità dei vini tra tradizione e novità

CANTINE E VINI DEI CASTELLI ROMANI


Con questo nuovo appuntamento della rubrica alla scoperta delle cantine e dei vini dei Castelli romani, si torna a parlare di vini naturali, vini dai colori e dai sapori della tradizione. Nel cuore del Frascati, una piccola azienda, Tenuta Santi Apostoli, vince una grande scommessa: la scommessa con il nuovo. Nuovo inteso come il lavoro svolto in una nuova ottica di sostenibilità e naturalità, tratto distintivo dell’azienda e sua visione futura; nuovo inteso come i nuovi prodotti che derivano da questi processi produttivi ecosostenibili; nuovo inteso come la fiducia nelle nuove generazioni.

Domenica, 8 Novembre 2020

di Veronica Falcone


Tenuta Santi Apostoli: L’azienda


L’azienda è una bellissima storia di padri e di figli. Più precisamente, una bellissima storia di padri che credono nelle potenzialità dei loro figli, nelle loro capacità. Un ricambio generazionale che è fondamentale per arrivare sempre più lontano, puntando a nuovi orizzonti.

Luca Blasi

Luca Blasi, entrato in azienda nel 1998 e nostra guida della Tenuta, mi dice:” I giovani hanno bisogno di essere lasciati liberi, perché sono molto meglio di quello che noi pensiamo. Il mondo è loro. Abbiamo sempre paura che il giovane ci tolga l’importanza, invece aggiunge solo, non ci toglie nulla. Senza mettermi mai in antagonismo, lascio lavorare loro, li lascio liberi. Cambiano i modi di fare, cambiano i modi di pensare, e questo è un dato di fatto. Loro sono un valore aggiunto per l’azienda. Lo stesso agriturismo è stato una mia idea, che al tempo mio zio e mio padre mi lasciarono realizzare”. L’azienda infatti nasce nel 1972, quando a capo dell’azienda vi erano il padre e lo zio di Luca.

Luca Blasi firma una bottiglia di Azadeh

All’epoca il vino si produceva solo per rifornire il ristorante. L’agricoltura era tradizionale e la forma d’allevamento della vita era a tendone, tipica di quegli anni. I vitigni utilizzati, Malvasia di Candia e Trebbiano, famosi per rendere uva in quantità notevoli. Nel 1998, come precedentemente accennato, entra in azienda Luca portando con sé un vento di rinnovamento. Oltre all’agriturismo (gestito oggi da Simona, sorella di Luca, che tutt’oggi rinnova la proposta dell’azienda con idee nuove che arricchiscono il territorio dei Castelli romani, come la possibilità di mangiare o fare pic-nic in vigna, illuminata da deliziose lucine che creano un’atmosfera unica) , con il suo ingresso in azienda, si iniziano a piantare nuovi vigneti, puntando sempre di più su un discorso di alta qualità e di minor rese. Attualmente il vigneto, che ha una struttura di allevamento a filare, si estende per 11 ettari, e le varietà piantate allora, sono quelle tutt’oggi utilizzate: greco, malvasia del Lazio, vermentino, cesanese ed il sangiovese. Dall’essere un’azienda convenzionale, tenuta santi apostoli diventa un’azienda a certificazione biologica, sia per quanto riguarda il vino, sia per quanto riguarda gli altri prodotti destinati ad un uso agrituristico. La svolta arriva nel 2017, anno in cui in azienda si decise di vendere, oltre al vino sfuso, il vino imbottigliato, inizialmente solo per i clienti dell’agriturismo.

Un’evoluzione questa, partita dalla volontà di rinnovare l’immagine aziendale, troppo legata a quella del vino sfuso e del suo essere, nell’immaginario collettivo, sinonimo di bassa qualità. Procedendo a piccoli passi, Tenuta Santi Apostoli ha spostato nel 2020 i confini delle vendite del suo vino oltre l’agriturismo, dedicandosi anche alla produzione di vini naturali, privi di solfiti e non sottoposti a chiarificazioni o filtrazioni. Al momento quelli prodotti, tutti mono varietali, ovvero ottenuti da un’unica varietà di uva, sono: Vermentino, Malvasia del Lazio, Cesanese e Bellone.

Nell’azienda, è subentrato Gianmarco, figlio di Luca, che come fece lui al tempo, ha portato freschezza e gioventù, contribuendo per quanto alla gestione del nuovo mondo dei social.

Azadeh: un vino fuori dagli schemi


Una delle caratteristiche più evidenti di questi vini, che li definisce, è il colore che deriva dalla macerazione delle uve e dal fatto che questi vini non siano chiarificati e filtrati: il colore arancione. Questa recentissima categoria è infatti conosciuta come “Orange wine”, e la scopriremo in questo nuovo articolo della nostra rubrica enologica. Seppur con uve a bacca bianca, gli Orange wine vengono vinificati come vini rossi. Il mosto infatti, viene sottoposto ad una macerazione a contatto con le fecce, grazie alle quali il vino acquisisce tannini (dai quali deriva la sensazione di astringenza tipica dei rossi), ed altre sostanze, come gli aromi, che li rendono differenti sia rispetto ai bianchi, sia rispetto ai rossi, dal punto di vista visivo, olfattivo e tattile, dando vita all’esigenza di creare una categoria a parte: quella degli Orange wine, appunto. Il colore arancione non è sempre lo stesso. Proprio come per i bianchi e per rossi, la gradazione dipende da diversi fattori, in questo caso dalla struttura del vino, dalla durata della macerazione e da un eventuale affinamento in legno. Questi vini, anche se considerati una novità, hanno invece radici molto antiche.

antica foto di un produttore con il suo Kvevri

Gli stessi vini bianchi che si producevano nel territorio dei Castelli romani, non avevano il colore che conosciamo oggi. Erano molto più scuri perché la macerazione era abitudine nei processi produttivi dell’epoca, e non era prassi sottoporre il vino a chiarificazioni o filtrazioni. Addirittura, l’origine di questi vini sembra risalire a migliaia di anni fa, in Georgia. Qui i vini venivano macerati all’interno dei Kvevri, contenitori di argilla molto simili alle anfore usate oggi. Una caratteristica importante, anzi fondamentale, di questi vini, è che vengono prodotti esclusivamente con metodi biologici o biodinamici, esattamente come avviene presso la Tenuta Santi apostoli.

Azadeh

Questo da una parte aumenta il rischio di fenomeni ossidativi, che possono portare ad alterazioni poco gradevoli a livello olfattivo, cosa che tuttavia non accade sempre. Infatti, tendenzialmente questa tipologia sprigiona sentori erbacei o fruttati, complessi e strutturati in bocca, ma con una buona freschezza e sapidità. Uno degli Orange wine prodotti in azienda è
Azadeh, un bellone sottoposto a macerazione ed affinato nelle tradizionali botti di castagno. Messo in vendita solo lo scorso dicembre, questo vino è stato accompagnato da una strategia che ha previsto il disegno di una nuova etichetta e la scelta di un nome che esprimessero il lavoro svolto in azienda ed il rispetto della naturalità. Innovazione sì, ma sempre nel rispetto della natura.

Quello che Azadeh – parola curda che vuol dire “Libertà” – vuole comunicare, è appunto la libertà di uscire dai canoni soliti, di produrre un vino fuori dagli schemi. Lo studio fatto per l’etichetta infatti, è partito proprio dal concetto di Libertà, ed è stata opera di Gianmarco, figlio di Luca, che per mandare questo messaggio ha scelto un lupo, decorato da una tradizionale corona nativa americana: la fusione di un animale libero con un popolo libero.
Attualmente le bottiglie vengono vendute numerate e firmate da Luca, rendendole ancora più speciali.

orange wine

In Vigna


Quando si parla di vini naturali, il lavoro essenziale viene svolto in vigna durante tutto l’anno (in questo periodo, fondamentale è la potatura invernale), nel pieno rispetto della pianta, del terreno, della naturalità, intervenendo il meno possibile. In cantina si dovrà poi essere bravi a non rovinare il lavoro svolto nel corso dell’anno. Questo perché la cosa fondamentale per ottenere un buon prodotto finale, è l’ottenimento di uve perfette, sane. Fare un vino a basso impatto ambientale, significa proprio questo: portare in cantina un’uva estremamente sana. Dopo una raccolta manuale, si trasportano le uve, esclusivamente allevate in azienda, in cantina.

Tenuta santi apostoli ha un grande vantaggio, ovvero quello di avere la cantina vicinissima ai terreni, riducendo al minimo i tempi di trasporto dell’uva, non rischiando così che si rovini o
che partano fermentazioni indesiderate, come spesso accade nelle ceste di raccolta. Dopo una pigio-diraspatura con un trattamento in pressa soffice, il mosto va nei serbatoi nei quali partirà la fermentazione spontanea termo-controllata. Dopo la fermentazione avviene la prima sfecciatura, ovvero la rimozione delle fecce pesanti.

Dopo di che, il vino viene lasciato ad affinare sulle fecce fini. In ultimo, in base agli assaggi, si decide il prodotto finale. Anche in cantina quindi, le lavorazioni sono ridotte all’essenziale: viene fatto solo quello che serve per portare il prodotto dalla vigna alla bottiglia.


Obbiettivi futuri


Attualmente in azienda si lavora ad una continua evoluzione che porti ad un sempre minore impatto ambientale, riducendo al massimo le lavorazioni del terreno, lasciando un inerbimento quasi totale,
lavorando esclusivamente la striscia di terra sottostante la vite. I terreni vengono mantenuti sempre in buona salute, scongiurando l’uso di concimi chimici, utilizzando solo concimazioni naturali. I passi mossi verso una naturalità al 100% sono già tanti, ma ancor di più sono quelli che l’azienda si è ripromessa di muovere nel prossimo futuro, come il totale passaggio ad agricoltura e viticoltura biodinamica, il passaggio al fotovoltaico e la riduzione al minimo sfruttamento dei luoghi. L’obbiettivo principale, è quello di arrivare ad effettuare il minimo delle lavorazioni, effettuando solo quelle estremamente necessarie. Anche in cantina, la volontà è quella di intervenire il meno possibile, affinché il vino prodotto sia massima espressione di questo terroir, ricco e prezioso.

Attualmente, contestualizzandosi in un discorso di economia circolare, l’azienda sfrutta tutte le potature del vigneto per alimentare la caldaia.
Queste, tramite una particolare macchina, chiamata rotoimballatrice, vengono bruciate, ottenendo il riscaldamento degli ambienti a costo zero e senza l’impiego di gas o gasolio.


Insieme è meglio


Tenuta santi apostoli è parte dell’associazione Castelli Romani Food and Wine: “Con loro abbiamo iniziato a lavorare in sinergia, e non in competizione – mi racconta Luca – c’è uno scambio di informazioni
costruttivo, ma soprattutto c’è la volontà di non promuovere la singola azienda, ma un territorio intero: il Lazio. Noi, come azienda, siamo cresciuti molto dal nostro ingresso in castelli romani food and wine, iniziando a lavorare in un’ottica di crescita e di arricchimento reciproco. Come castelli romani food wine, un’altra realtà valida di cui faccio parte, è “Lazio in Movimento”.

Dove ci sono buone intenzioni, ci sono anche io. Uno dei problemi più grandi di questo territorio è stata la concorrenza sciocca tra i piccoli produttori. Non ha più senso farsi la guerra. È invece importante crescere insieme. Il valoro aggiunto è una ricchezza per tutti, non solo per la singola azienda. Stiamo cercando di recuperare il tempo perso degli anni passati in cui c’è stato un immobilismo totale. È importante iniziare a fare rete e lavorare insieme”.

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