Cultura

(VIDEO) Velletri – La Pasquella risuona (per noi) grazie al Prodefernando e alla Velester Folk da ‘O Cafariello’

pasquella velletri velester folk
https://fb.watch/2QC-aqXb-m/

La Pandemia da Covid-19 s’è portata via anche la tradizione, che si perde nei decenni, della Pasquella, tanto cara, nel nostro territorio, alla popolazione di Velletri e Lariano.

Ogni anno, anche col freddo pungente, a sud dei Castelli Romani torna l’attesa e la trepidazione per l’arrivo dei Re Magi, che sanciscono, nel giorno dell’Epifania, la fine delle festività natalizie. Se in tantissimi attendono anche la visita della Befana c’è chi, a Velletri e Lariano, nella serata del 5 gennaio e nella notte che porta all’Epifania, è solito restare sveglio nell’attesa dell’arrivo dei pasquellari, che entrano in azione nelle campagne e nelle zone pedementonane del vasto territorio veliterno e larianese.  

Quest’anno, per la prima volta da tanto tempo a questa parte, nessuna “cavetta” farà il giro del territorio, e tutti coloro cui si deve il merito di aver continuato a tener viva la tradizione, resteranno confinati nelle proprie case. La fisarmonica resterà al suo posto, ed anche i cancelli (la cui apertura “segna” la disponibilità del padrone di casa a ricevere il canto che annuncia che un giorno arriverà la Pasqua) resteranno desolatamente chiusi.

Grazie al Prodefernando, tuttavia, anche in questo 2021, abbiamo l’onere di aver vissuto l’emozione della Pasquella, cantata all’interno de “O Cafariello”, un locale privato veliterno, dove ieri, Fernando Mariani ha incontrato Gianluca Lombardo, che ha aperto le porte dell’immobile, davvero caratteristico rispetto alla Velletri che fu. Al suo interno alcuni rappresentanti del gruppo Velester Folk hanno intonato il tradizionale canto, caro a tanti veliterni e larianesi, tra cui i compianti Sandro Natalizi e Peppe Marsella (cui anche oggi va il nostro ricordo e la nostra gratitudine per quanto fatto nel tramandare le tradizioni velletrane).

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Pasquella Piero Ronsini

LA STORIA DELLA PASQUELLA

Ricordiamo, con l’ausilio de ‘Le Tradizioni Velletrane’ di Roberto Zaccagnini, che la Pasquella “è un canto augurale che si conclude con la richiesta di doni e cibarie. Sono solitamente quattro i pasquellari che compongono una squadra, detta “cavetta”. Essi sono muniti di strumenti che, ovviamente, sono quelli tradizionali del luogo. Oltre al cantore che porta anche il cesto per raccogliere i doni, uno ritma col tamburello, uno suona la fisarmonica (o il vecchio organetto a due alti e due bassi, in Abruzzo detto “du’ bbòtt”), e l’altro accompagna con la “caccavèlla”.

La notte della Befana, i pasquellari si pongono nei pressi di una casa e iniziano a suonare la Pasquella. Di regola non dovrebbero esserci luci accese all’esterno, e chi è in casa non dovrebbe curiosare fuori. Alla fine del canto, se il padrone di casa è disposto ad accettare i pasquellari, apre leggermente la finestra o la porta. E’ il segnale che la squadra può entrare in casa. Con l’installazione della rete elettrica nelle zone rurali pure l’accensione di una luce esterna può essere il segnale, ma non c’è subito l’incontro con la famiglia: nell’ingresso vengono preparate bevande e cibarie e i doni da portar via. Solo dopo aver consumato, può esserci l’incontro con i padroni di casa, e i pasquellari possono, a richiesta, continuare a cantare e suonare in casa.

Della Pasquella esistono diverse versioni, pur nascendo tutte evidentemente da uno stesso canovaccio e riconducendosi tutte allo stesso spirito. Alla fine ogni gruppo di Pasquellari, avendo tramandato a voce i testi, riesce ad apportare le proprie personali modifiche. Due sono invece le diverse, principali intonazioni del canto, caratteristiche delle due contrade montane dove la tradizione è più viva”.

Trascriviamo un testo mediato tra quelli più accreditati tratto da “Le tradizioni velletrane” di Roberto Zaccagnini

Ti saluto padron di casa, (2 volte) prima a te, poi la tua sposa, (2 volte)

la famiglia in compagnia: Viva Pasqua Befanìa.

Siamo quattro, non siam più otto/ tutti e quattro co’ lo fagotto.

Sotto l’ombra delle rose / si sentivan cantar gli uccelli.

Usignoli e cardarelli / fanno i cori arillegrare.

Dalle grotte di Bettalèmme / ci ha mandato Gesù e Maria.

Ci ha mandato Gesù e Maria: / Viva Pasqua Befanìa.

Dall’oriente siamo partiti, / per portarvi questa novella.

Per portarvi questa novella, / l’anno novo e la Pasquella.

Benedico questa casa, / chi c’è dentro e chi ce riposa.

Il marito co’ la sua sposa, / la famiglia in compagnia.

O pe’ fossi o pe’ scatafossi / dove passiamo noi stanotte: co’ le mano e co’ li piedi, / troveremo ‘na stradella.

Per portarvi questa novella / l’anno novo e la Pasquella.

E s’accosta mezzanotte, / padrone caro apri le porte.

E dal cielo casca la brina, / fa venire la tremarella.

E se noi abbassiamo l’occhi / non vediamo più la terra, ma vediamo un manto bianco. /

Arrivederci a quest’artr’anno. (veloce; ritmo del saltarello)

Arzete padrone, piano piano, (1 volta) e piglia ‘na cannatella co’ lo vino. (2 volte)

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