Attualità

RACCONTI ENOLOGICI – “La Torretta Bio”, dalla conversione al biologico fino alla biodinamica

la torretta bio grottaferrata


La Torretta Bio a Grottaferrata sorge nella Valle Marciana ed è una realtà che abbiamo avuto il piacere di conoscere sotto la guida di Riccardo Magno.

LOGO_TORRETTA

Seppur con una lunga storia enologica alle spalle – avviata dalla famiglia Magno nel 1864 per la produzione di vini destinati ad un consumo familiare e per la vendita delle uve – la Torretta Bio è una giovane azienda che lavora sotto i principi della biodinamica. La prima bottiglia risale infatti al 2018, rappresentando l’inizio di quella che sarà, seppur in modeste quantità, una produzione di qualità. Certificata biologica dal 2019, l’azienda è ora in ora in attesa del riconoscimento da parte di “Demeter”: ente certificatore biodinamico.

la torretta bio grottaferrata

Entrando nella tenuta, si nota subito la torretta di avvistamento di epoca medioevale che fa da elemento dominante e che lascia intendere la consistente ricchezza storica e culturale che caratterizza l’azienda:
antiche cisterne romane risalenti al 149 a.c., grotte che ospitarono famiglie rimaste senza casa in seguito ai bombardamenti di Frascati, recipienti di invecchiamento del vino risalenti alla fine dell’800 e vino affinato in anfore georgiane. Ma la cosa che più stupisce sono i colori e i rumori della natura che si percepiscono perfettamente e che permettono a chiunque entri in azienda di riscoprire il profondo, ancestrale e forse ormai perduto legame tra uomo e natura. Le diverse varietà di alberi e di piante, oltre che un grande beneficio in termini di biodiversità, rendono unico il paesaggio dell’azienda.

Riccardo Magno nelle grotte

Qui, la bellezza della natura si ritrova in ogni foglia, ogni fiore, ogni pianta, ogni frutto e si rispecchia negli occhi di Riccardo e di sua moglie che ci hanno accolto con la genuinità che distingue La Torretta Bio, di Grottaferrata.

La vecchia torre d'avvista la torretta bio grottaferratamento (1)


Riccardo Magno racconta i Vignaioli in Grottaferrata

La realtà dei Vignaioli racchiude in sé aziende che sorgono su un territorio enologicamente antico, nel quale sin da epoca romana si vinifica. Per questo l’intenzione generale è quella di far riemergere tutte le peculiarità archeologiche, storiche ed enogastronomiche del territorio.

intervista a Riccardo Magno

“Credo che l’associazione sia molto importante, essendo tutti noi uniti anche su un fronte green – racconta Riccardo -, vogliamo riqualificare con un occhio decisamente più moderno un territorio enologicamente vocato per natura, riportandolo al suo splendore. Il fatto di associarsi è stato importante anche per presentarsi in gruppo al cospetto delle istituzioni, e non singolarmente, dando forza alla nostra voce. È un atto dovuto da parte di chi ha custodito queste terre, valorizzandole finalmente come meritano. Dopo il boom degli anni 60’ altre enoregioni hanno iniziato a cavalcare l’onda del vino, ed il territorio dei Castelli per diversi motivi è rimasto indietro. Oggi è arrivato il momento di chiedersi in che direzione si voglia andare. È sicuramente necessario ritrovare una dimensione dei Castelli Romani che sia quella dei nostri predecessori, contestualizzandola nelle esigenze dell’epoca in cui viviamo: attenzione alla terra e al biologico”.

La biodinamica

Nella biodinamica si usa integrare l’azienda con diverse specie di piante, essendo quello della biodiversità proprio il principio su cui si fonda questa filosofia. È importante mantenere un’atmosfera che faccia pensare ad un giardino di casa. La famiglia Magno ha sempre prestato attenzione e rispetto nei confronti della natura, così Riccardo, nel momento in cui inizia a dirigere l’azienda, inizia in maniera molto spontanea il processo di conversione al biologico, fino ad arrivare al biodinamico. La svolta che ha definitivamente sancito la passione di Riccardo per il biodinamico è rappresentata dal suo incontro con l’enologo e biologo Michele Lorenzetti, che insieme a Carlo Noro, uno dei nomi più importanti della biodinamica non solo a livello nazionale, fonda nel 2013 l’associazione “Professione Biodinamica”.

“Leggendo il curriculum di Lorenzetti scopro che nasce a Frascati. Subito capisco che lui sarebbe stata la persona giusta per ritrovare quella memoria sensoriale del vino dei miei nonni e dei metodi da loro utilizzati. È stato semplice a questo punto per noi credere nella biodinamica e proseguire su questa strada” racconta Riccardo. I benefici del biodinamico sono molteplici, come il ritorno degli animali nel loro habitat naturale. Ma anche ristabilire l’equilibrio della terra, rigenerando il suolo senza violarlo mai. Raccogliendo i frutti che la terra dona, inevitabilmente la si priva di qualcosa. Per questo è necessario compiere delle azioni per restituirgli quello
di cui è stata privata, e questo ad esempio può avvenire tramite la tecnica del corno letame – conosciuto anche come trattamento 500, che restituisce alla terra una perfetta quantità di micro vita – e con il sovescio – piantando erbe di diverso tipo che mantengano i vigneti sempre arricchiti da una biodiversità fondamentale. Una pianta che lotta con un diserbante fa fatica a generare un prodotto di qualità.

Oltre a questi trattamenti per il terreno, se ne somministra uno per via area che consente di amplificare il processo di fotosintesi delle piante, garantendogli più resistenza. Queste attenzioni non sono riservate solo al vigneto, ma ad ogni singola pianta dell’azienda. La biodinamica garantisce innumerevoli benefici in termini di salubrità, compiendo tramite questa pratica il nobile e rispettoso gesto di lasciare la terra sempre meglio di come la si è trovata, al fine di garantire sicurezza e benessere anche alle generazioni future. Queste attenzioni trovano la loro continuità in cantina dove avviene un processo di fermentazione spontanea, attivata esclusivamente dai soli lieviti presenti in vigna e in cantina, con uve sane e trattate in maniera completamente naturale e decisamente non aggressiva: se la pianta cresce in un ambiente sano e naturale svilupperà in autonomia le difese necessarie a difendersi da eventuali malattie ed attacchi di insetti.

I vini e i metodi di produzione de la Torretta Bio

le etichette dell'azienda

I vigneti che compongono l’azienda sono i trebbiani, le malvasie ed una piccola quantità di bombino, bellone ed altre varietà, con le quali si producono tre etichette diverse: il “Bolle di Grotta”, un trebbiano in purezza rifermentato – semplice e senza pretese ma al contempo elegante, come lo definisce Riccardo –
prodotto e imbottigliato secondo le influenze della luna, sostenibile anche nella scelta del tappo. Infatti,
quello utilizzato è un tappo a corona, in sostituzione al classico sughero o ai suoi diffusi surrogati in plastica;
la seconda etichetta è quella più rappresentativa, che appunto porta il nome del vigneto “La Torretta”.

Prodotta da un blend che racchiude tutte le varietà di uva dell’azienda, rispetta il classico taglio del Frascati;
infine un vino che recupera la tradizione della “botte da mille” dei castelli, invecchiato in una botte di Castagno locale prodotta dall’ormai celebre Alfredo, ultimo mastro bottaio dei Castelli Romani. Questa
etichetta è la più preziosa dell’azienda e viene prodotta con le uve dei vitigni più vecchi, tutti di 50 -60 anni,
provenienti da un appezzamento su cui sorgeva un castagno. Per questo, il vino è stato chiamato “Castagna”.

Il “Castagna” è l’unica etichetta che affina in legno. Le altre due etichette affinano in anfore georgiane.
La scelta delle anfore georgiane è davvero interessante. Nonostante l’acciaio di cui si compongono i classici silos sia un materiale perfettamente adatto all’affinamento del vino, dal momento che non rilascia alcuna sostanza nel prodotto, non gli permette tuttavia di respirare. Per questo l’azienda ha scelto materiali come la terracotta che compone le anfore, ed il legno che compone le botti: la loro porosità permette al vino di respirare.

Interno della cisterna romana

“Non è vero che il vino naturale non debba stare a contatto con l’aria”, spiega Riccardo,” ovviamente quella della vinificazione è un’azione compiuta dall’uomo che deve essere eseguita con conoscenze e responsabilità, ma non è assolutamente un problema quello del contatto con l’aria, che invece aiuta molto il vino ad esprimere al meglio il territorio. Credo inoltre che la fermentazione spontanea sia fondamentale per la salubrità del vino, come è importante anche la microbiologia che si ritrova in bottiglia”.

Ma dietro alla scelta delle anfore e delle botti si cela anche una filosofia profonda: in questi recipienti
composti da materiali naturali, l’uva ritorna alla natura dalla quale proviene. A differenza della terracotta delle anfore, il castagno conferisce anche degli aromi al vino, come quelli che ricordano il miele,
sicuramente più naturali e meno invasivi rispetto al rovere. Nonostante la zona si identifichi come prettamente vocata alla produzione di bianchi, ci sono documenti antichissimi che testimoniano l’abbondante presenza di Cesanese nei Castelli. Per questo l’azienda Torretta Bio ha deciso di ripiantarlo, inserendolo presto tra le etichette prodotte.

Una piccola azienda trainata da una filosofia di vita che vale sicuramente la pena scoprire.

antico frantoio alle porte della cisterna antica
Assaggio del Torretta 2020 dall'anfora (1)
Più informazioni
leggi anche
VINI CANTINE SAN MARCO AL G20
Attualità
Al G20 di Roma i Vini Frascati delle Cantine San Marco: le congratulazioni del Parco dei Castelli Romani
commenta