Camminando lungo la celebre via Italo Belardi (un tempo via Livia) ai piedi delle scalette dove campeggia la storica Infiorata di Genzano, si scorge una vetrina che riporta questa scritta: Obiettivo – “creare abbigliamento ed accessori Fashion Eco- Sostenibili”; Concept- “Ridare Vita e Nuova Identità a materiali di Varia Natura”.
Proprio questa la mission del progetto di Maria Vittoria Santarelli, Ada per abbreviazione, proprietaria di AMaViS, che lascia l’Alta Moda nella quale lavorava da tantissimi anni come responsabile di show-room, per “ridare vita e nuova identità a materiali in disuso, unendoli a varie tipologie di tessuto, con un esito raffinato e chic” come recita il suo slogan, rendendola così una pioniera del riciclo.

“Ho vissuto il mood degli anni settanta – ottanta, dove c’è stata un’esplosione immensa di creatività, si lavorava con passione e si facevano grandi numeri. Nel duemila c’è stato un cambiamento epocale e quindi ho deciso di dedicarmi quasi totalmente al riciclo. Ho seguito ciò che già mi apparteneva culturalmente e ho cominciato a ricordare…” racconta Ada che, risalendo alla sua infanzia, ci confida di essere figlia di un ufficiale e di una pianista, con cinque fratelli, di cui il maggiore era un maschio. Tra loro si passavano i vestiti e lei trasformava al femminile tutto ciò che era maschile; così i pantaloni diventavano delle gonne a quattro teli, le magliette militari venivano abbellite con paillettes, i sacchetti di lino della biancheria diventavano completi giacca e gonna.
Ancora prima i pezzi di stoffa, rimanenze di abiti che la mamma e la nonna si facevano cucire su misura dalle loro sarte, diventavano vestitini e accessori per le sue bambole.

I miei svolgevano tutt’altro lavoro, mia nonna era una segretaria d’azienda, ma mi hanno trasmesso situazioni di creatività sia nei colori che nei tessuti”, ricorda con gioia e un pizzico di nostalgia Ada, che ha fatto dei colori, vissuti nei suoi lunghi viaggi in India, Giappone, Messico un’ispirazione di ecosostenibilità.
In passato, nel suo lavoro, vedeva nelle aziende, con prototipi e modelli, un dispendio notevole di tessuti, dei quali cercava spesso di appropriarsi: ritagli sartoriali piuttosto che un pezzo di accessorio o un ricamo. Così decise una decina di anni fa di fare qualcos’altro, dando vita al progetto Amavis.
Il primo abito che realizza “nasce e cresce” sul suo corpo e utilizza cinture di sicurezza, un accessorio che acquista presso le autodemolizioni, con il quale presenta un’intera collezione, a cui seguirà quella realizzata con le cravatte. Le cravatte del nonno, dello zio, del papà, diventano dei veri e propri abiti.

“Perché gettare in un dimenticatoio o addirittura nel cestino cravatte magari di marca e comunque realizzate con materiali pregiati?” si chiede Ada. Autodidatta, ma forte di una esperienza consolidata accanto a noti stilisti, non disegna, non fa il cartamodello perché utilizza i pezzi di stoffa che ha a disposizione, li assembla e crea.
Un approccio di matrice orientale che trae le sue radici nella cultura indiana, secondo cui tagliare un tessuto significa distruggerne l’anima. Una visione che è stata propria di una grandissima e rivoluzionaria stilista francese a cavallo tra le due guerre mondiali, Madeleine Vionnet, che sosteneva “bisogna creare con le dita, a contatto con il tessuto. Non ho mai disegnato un vestito e non ho mai permesso che lo si facesse”.

Tutto il sartoriale, quello che lei definisce serio, quello con la modellistica, lo affida ad una couturiere e si avvale della collaborazione di mamme artigiane del territorio, contributo alla valorizzazione del mondo femminile, cosa che ancora una volta l’avvicina alla Vionnet, “una donna moderna che riesce a tradurre, con la sua incredibile forza, il suo pensiero in realtà, che offre alle proprie operaie una nursery, un medico e un dentista gratuiti, i congedi di maternità, le ferie pagate e fonda una cassa di soccorso per le malattie e che per prima ottiene diritti di copyright per la moda, equiparando un abito a un’opera d’arte” (cit. Instant moda di A. Batilla).

Ad un outfit non possono mancare gli accessori, anch’essi prodotti nel rispetto della filosofia “Give me a second chance”. Così bulloni zincati, catene di alluminio, pietre, bottoni e cialde di caffè miscelate con cristalli si trasformano con l’estro e la maestria di Ada in collane, bracciali e orecchini e i sacchetti dell’indifferenziata in graziose pochette foderate di seta.
Amavis ha così nel tempo partecipato a numerosi eventi come quello siciliano intitolato “Stop allo 048” (stop alla morte degli oggetti), nel quale ha conquistato il secondo premio; da lì ha sviluppato i propri canali di vendita sui vari social riscuotendo risposte molto positive.
“Sono stata contattata da diversi atelier a Roma che hanno voglia di avvicinarsi ai miei pezzi, e punti vendita di Rimini e Brescia e vedo che c’è molta sensibilità verso il riciclo specialmente al Nord. Adesso sto facendo un assemblaggio di ricami mantenendo addirittura quelle che sono le connotazioni originali, frutto di un recupero di campionari di sartoria con i quali sto preparando delle cappe che ho chiamato ‘abbracci’.

Nutro un forte rispetto verso la natura per questo riutilizzo capi con stoffe pregiate, tessuti di tappezzeria o divani. Una volta i campionari li regalavano adesso si acquistano, ma ogni tanto qualche buona cliente mi porta merce come cravatte e mi piace attuare una sorta di baratto”.
Un ultimo aspetto, ma non per importanza, che si coglie nel locale è la presenza di quadri che abbracciano lo stesso principio del concept per la loro realizzazione e che rientrano in una filosofia di “spazio aperto anche agli artisti”.
Nel mese di febbraio il quadro “Controcuore”, di Adriana Merola, è stato proposto come occasione per raccontare l’amore durante il periodo di San Valentino e la stessa artista presenterà per il mese di marzo, un altro mood totalmente dedicato alla donna, che già si può cogliere nelle new entry di Amavis con le sfumature del rosa e del fucsia, che ricorda il famoso rosa shocking tanto caro alla stilista Elsa Schiaparelli, altra storica pioniera della moda italiana.
a cura di DORIANA BERANZOLI
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