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Grottaferrata – L’Osteria del Fico tra Mussolini, Papi e Fellini. 89 anni di vita nei ricordi di Claudio Ciocca

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di Claudia Proietti

Il Consiglio comunale di Grottaferrata assegnerà venerdì la cittadinanza benemerita a Claudio Ciocca, storico patron della rinomata Osteria del Fico Vecchio, uno dei ristoranti più antichi d’Italia. Un luogo dalle atmosfere suggestive e accoglienti, immerso nel verde e nel profumo dei meravigliosi fiori di cui Mirella, moglie di Claudio, si è sempre presa cura con amore. Un luogo che è molto di più di un ristorante e rappresenta una parte affascinante e ricca di storia della città criptense; un ritrovo che da oltre 500 anni custodisce e tramanda aneddoti, segreti, curiosità e racconti che compongono parte del sapere collettivo della cittadina castellana.

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Papi, statisti, politici, attori, registi, giornalisti, studiosi. Dal 1547 l’Osteria del Fico è stata un via vai di personaggi illustri, crocevia di scambi culturali e incontri di ogni genere. Qui i frati dell’Abbazia aprirono nel ‘500 una delle prime osterie del Paese, qui i Papi diretti ad Anagni hanno sostato per abbeverare i loro cavalli, qui Mussolini pranzò con i suoi gerarchi e giocò a bocce sulla via Anagnina (l’allora via Latina), che il capo fascista fece chiudere al traffico per l’occasione. Qui Federico Fellini amava intrattenersi tra la ripresa di un film e l’altro e sempre qui la Dolce Vita romana ha avuto la sua appendice fuori porta.

Fu in queste sale che il grande regista conobbe Claudio e lo convinse a prestare il suo volto al cinema, quello che sarebbe poi divenuto il suo grande amore dopo il Fico. Una vita lunga e appassionata quella di Claudio Ciocca, grande intrattenitore, personaggio poliedrico e iconico con le sue inconfondibili camicie sgargianti, le immancabili bandane portate con una disarmante disinvoltura, i due o tre orologi sempre al polso, l’eterno codino e un’energia che ancora oggi, alla soglia dei 90 anni gli consente di dividersi tra la Locanda dei Ciocca, albergo e sala ricevimenti e la storica Osteria. Tre figli, Claudia, Michela e Willy e l’inseparabile compagna di vita Mirella, grottaferratese doc, non come lui che invece deve i suoi natali alla città di Roma.

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“Questo è il mio cruccio più grande – ci racconta – perché volevo essere nato a Grottaferrata e invece mia madre ha voluto che nascessi a Roma. Mamma era una nobile, Ottavia Bufacchi di Sassogrande e ha conosciuto mio padre a Roma, dove lui per un periodo aveva aperto un ristorante. Quando è venuta qui si è innamorata anche lei di Grottaferrata e si è messa in cucina nonostante non avesse mai lavorato. Le piaceva stare qui anche se non ha mai voluto, per esempio, che io e mio fratello in estate andassimo scalzi come gli altri ragazzi della Contrada del Fico. Questa è una cosa che ricordo ancora oggi. La mia città di nascita è una cosa che non ho mai accettato e infatti, ormai alla mia età lo posso pure dire, quando potevo la cancellavo dai documenti e la sostituivo con Grottaferrata. Quando sono andato a prendere la patente nautica mi hanno chiamato dicendomi “Ciocca, ma ci hai portato tre documenti diversi, con tre date di nascita differenti e non abbiamo capito se sei nato a Roma o Grottaferrata”. Diciamo che spesso baravo un po’ anche sull’età e a tante persone ho raccontato che ero nato proprio in una stanza del Fico…”

Un amore viscerale per Grottaferrata quindi, che oggi ti ripaga con questo bel riconoscimento..Qual è il posto che ti piace di più della città?

Ho sempre amato questa città, non c’è un motivo in particolare o un posto in particolare. Mi ha stregato. Ancora oggi che non guido più, ogni tanto mi faccio accompagnare a fare un giro sul corso e mi basta vederlo dalla macchina per stare bene.

Tutti conoscono il Fico per le storie legate a Fellini e alle tue apparizioni cinematografiche, ma questo ristorante ha una lunga storia che parte dall’Abbazia che è proprio il fulcro di Grottaferrata

Nell’edificio, nel 1547 c’era un’osteria gestita proprio dai frati che la aprivano di tanto in tanto e che venne donata ai miei antenati che all’epoca facevano i guardiani all’Abbazia, in qualità di buona uscita. In antichità non esisteva il catasto per cui non avevamo nessun documento che certificasse che l’edificio fosse nostro, tanto che ne siamo entrati in possesso ufficialmente solo negli anni ’70, dopo che ho tanto insistito con mio padre.

È passato di qui anche Mussolini…

Avevo forse 10 anni e mi ricordo che venne con una sfilza di gente e che poi si misero a giocare a bocce sulla via Latina che avevano fatto chiudere per l’occasione. Io non sapevo bene chi era Mussolini..lui che diceva a mio padre: “Richè, è tempo che ti fai la tessera” e mio padre gli diceva: “Eccellenza, ma che tessera mi faccio, io c’ho la tessera della patente del 1924, che ci faccio con le altre tessere..” e mia madre intanto tremava perché si rendeva conto…

Negli anni ti sei sempre allontanato poco da Grottaferrata e spesso questo è dipeso anche dalla tua paura di prendere l’aereo…

La prima volta che abbiamo lasciato il Fico è stato dopo il bombardamento dell’8 settembre 1943 che ha colpito Frascati e Grottaferrata e che fortunatamente non ha danneggiato il ristorante e ferito nessuno di noi. Prima ci siamo nascosti in una grotta sotterranea che si trova proprio nell’osteria e poi siamo andati come sfollati in un paese delle Marche con la mia famiglia. Alla fine siamo tornati a casa dopo il passaggio degli americani. Ci sono però volte, come quando Fellini doveva andare in America a ritirare l’Oscar alla carriera e mi ha chiesto di andare con lui, la moglie Giulietta, Fiammetta (la sua segretaria) e Marcello Mastroianni in cui ho fatto quello che chiamo il fugone e che poi ho fatto anche altre volte. Sono andato all’aeroporto con le valigie e pronto a partire, poi al momento dell’imbarco ho fatto finta di andare a comprare delle riviste e sono andato via. Federico sapeva che non sarei partito e fuori dall’aeroporto c’era già una macchina per riportarmi a casa. Invece quando Zingaretti era presidente della Provincia di Roma sono andato a Londra, anche lì stavo per scappare ma alla fine ho ceduto.. Siamo andati a Londra per promuovere i prodotti e la cucina italiana.

Qual è il piatto che ti piaceva di più cucinare?

Mi piaceva molto cucinare la amatriciana, mi dava grandi soddisfazioni. A Londra mi ricordo che c’erano centinaia di donne che erano venute a vedermi cucinare e una ricordo che mi disse: “Quanto ketchup ci dobbiamo mettere?” E io dissi: “Quanto te ne pare”. Ho sempre amato scherzare e prendere tutto poco sul serio. Anche per questo andavo d’accordo con Fellini: quante bugie e cazzate diceva..e io gli tenevo sempre il gioco.

Ci sono stati poi i film, il libro…una vita vissuta in pienezza..

Mi sono goduto tutta la Roma della Dolce Vita, ho avuto tante soddisfazioni personali e lavorative, ho vissuto nella città che amo con la mia famiglia. La mia è stata una vita meravigliosa e se dovessi rinascere vorrei rifare tutto quello che ho fatto.

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