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L’INTERVISTA a Fabio Taddei (Comitato Tutela Ambiente e Salute Velletri): “Impedire ai privati di speculare sulla nostra salute”

Taddei biometano

di Betty Mammucari

I lavori per la costruzione dell’impianto a biometano in via Colle San Clemente, già autorizzato dalla Città Metropolitana di Roma, sono temporaneamente sospesi a causa del ricorso al Tar del Lazio presentato dal Comune di Velletri. In vista dell’udienza del 28 settembre, data in cui la giustizia amministrativa deciderà se accogliere o meno il ricorso, abbiamo chiesto all’ex consigliere comunale Fabio Taddei, dottore in scienze geologiche e Presidente del Comitato Tutela Ambiente e Salute Velletri, di spiegare per quale motivo è contrario al progetto della Latina Biometano Srl. 

Fabio Taddei
Fabio Taddei

La società ha affermato che l’impianto in oggetto sarà ecologico e utile al comparto agricolo locale, perché il Comitato Ambiente e Salute Velletri vi si oppone con tanta fermezza? 

“Nonostante le rassicurazioni e le giustificazioni della società, noi riteniamo che la costruzione dell’impianto a biometano nella periferia agricola di Velletri comporterebbe più rischi che benefici per il nostro territorio. Gli incentivi statali lo rendono un affare vantaggioso per i privati, ma siamo molto scettici riguardo ai benefici per la comunità.

Un impianto del genere sarebbe anzitutto una potenziale fonte di inquinamento dell’acqua e dell’aria. Il terreno interessato, infatti, è circondato da campi coltivati e abitazioni. In quella zona, l’acquedotto comunale non c’è: quindi tutti, sia i residenti che gli agricoltori, attingono dall’acqua della falda attraverso i pozzi e la utilizzano sia per uso personale che per irrigare i campi. Qualora del liquido proveniente dall’impianto penetrasse nel terreno, l’intera falda sarebbe contaminata.

Questo problema non riguarderebbe solo gli abitanti delle campagne di Velletri, ma anche quelli dei comuni limitrofi di Lanuvio, Genzano, Aprilia e Cisterna. Gli strati sotterranei dei terreni situati nella zona dei Cinque Archi sono formati dai piroclastiti a media porosità. Si tratta di un tipo di roccia non impermeabile, che quindi permette la percolazione dei liquidi. Inoltre, più ci si avvicina al mare più si abbassa il livello del terreno e si alza quello della falda. Per quanto riguarda invece l’inquinamento dell’aria, il gas che produce la lavorazione delle biomasse non è gas puro, metano, ma deve essere purificato e raffinato. Pertanto ci chiediamo dove andrà a finire tutto il resto del gas”. 

Biometano Velletri progetto
Il progetto dell’Impianto Biometano a Velletri

In che modo potrebbe avvenire l’inquinamento dell’acqua della falda? 

“Nella progettazione dell’impianto è previsto un invaso all’interno del quale saranno raccolti tutti gli scarti dei frantoi, della lavorazione agricola e degli allevamenti zootecnici, quindi anche le urine e gli escrementi degli animali. Tutti questi materiali organici non provengono da Velletri ma da altre parti. La società ha qualificato questo impianto a biometano come un elemento inserito all’interno di una filiera agricola. Tuttavia, noi del comitato riteniamo che sia un’industria mascherata.

Formalmente possiede i requisiti di un’azienda agricola, ma in sostanza svolge un altro tipo di lavoro. Tale invaso, ovverosia una sorta di laghetto artificiale, dovrebbe avere un volume 27 mila metri cubi. Noi non siamo certi che l’azienda possa garantire l’impermeabilità di una vasca di tale grandezza. Basta che percoli una quantità minima di liquido per inquinare una falda dalla quale attingono centinaia di famiglie e agricoltori. Il percolato, inoltre, è uno dei peggiori agenti inquinanti per le falde”. 

Che cos’è il percolato? 

“Il percolato è un liquido che si forma dall’azione della decomposizione dei rifiuti e delle acque meteoriche. Per esempio, quando una discarica viene chiusa, passano circa trent’anni prima della sua completa cristallizzazione, cioè del momento in cui essa non produce più percolato. Ad esempio, le deiezioni degli animali da allevamento conservano i residui dei farmaci con i quali essi sono stati trattati. Pertanto, è molto pericoloso che questi liquami, contenenti probabilmente anche metalli pesanti, percolino nel terreno e poi nella falda. In tal caso, l’acqua della falda potrebbe essere contaminata sia al livello chimico che batteriologico. Inoltre, questo invaso contenente sostanze maleodoranti durante l’inverno dovrà essere esposto all’aria aperta per mantenersi stabile.

Siamo preoccupati per il fatto che nessun osservatore esterno potrà monitorare il rispetto delle normative sanitarie e ambientali da parte dell’azienda. L’impianto, della grandezza di 7 ettari, sarà considerato proprietà privata e delimitato da una recinzione. Per tirare le somme del discorso, la costruzione dell’impianto a biometano nella periferia agricola di Velletri, rischia di danneggiare la nostra città da tutti i punti di vista: economico, ambientale, occupazionale e turistico. La zona in cui dovrebbe sorgere l’impianto, infatti, è costellata di aziende agricole di pregio, dotate di certificazioni DOP, IGP e bio. Qualora andasse in porto il progetto, i nostri agricoltori rischiano di perdere tutti i riconoscimenti e gli incentivi di cui hanno beneficiato finora, con un danno economico ingente. Inoltre, diminuirebbe sensibilmente il valore dei terreni e delle case”. 

A Velletri sono presenti altri impianti di questo tipo? 

“Nei pressi del carcere vi è un piccolo impianto a biometano. In passato, anche la Volsca ha presentato un progetto per costruirne uno, più grande, sempre nella stessa zona, e siamo riusciti a bloccarlo. Tuttavia, è stato solo sospeso quindi qualcuno potrebbe decidere di farlo ripartire in futuro. Inoltre, c’è l’ex Cava di Lazzaria che la società Ecoparco srl avrebbe voluto adibire a mega discarica.

Se tutti questi progetti fossero autorizzati cosa diventerebbe quella zona? Il triangolo della morte? Noi come cittadini dobbiamo vigilare e impedire ai privati di speculare sulla nostra salute. Negli ultimi sessant’anni sono stata aperte e poi chiuse varie discariche a Velletri, quella a via Colle Rosso è ancora in fase di cristallizzazione, ad esempio. Il nostro territorio non può essere sfruttato ulteriormente”. 

Attualmente il progetto è sospeso in attesa dell’udienza, quali saranno i prossimi passi? 

“Il progetto è stato approvato dalla Città Metropolitana di Roma come “impianto di pubblica utilità” e sospeso temporaneamente a seguito del ricorso al Tar presentato dal Comune di Velletri. Se la giustizia amministrativa accoglierà il ricorso forse riusciremo a bloccare il progetto. Qualora venisse rigettato, invece, il Comune può ricorrere al Consiglio di Stato ed eventualmente rivolgersi alla Corte di giustizia europea in extremis. L’impianto è già autorizzato e l’azienda ha tempo un anno per cantierizzare la zona e fino a tre anni per costruirlo. Ora i termini sono sospesi in attesa della decisione del Tar. Per questo è molto importante che la gente si faccia sentire.

L’ultima volta, quando ci siamo opposti al progetto della Volsca, siamo riusciti a portare in piazza tante persone. Il problema è proprio questo, che molto spesso la gente non è informata. La stragrande maggioranza delle persone con cui abbiamo parlato durante le nostre iniziative porta a porta non sapeva nulla. Cosa offre questo impianto al nostro territorio? Niente, è solo un investimento di un imprenditore che ha trovato un luogo adatto e poco reattivo. Non è stato dato abbastanza risalto al danno economico che subiranno le aziende agricole che rischiano di perdere le proprie certificazioni. Per esempio, ce n’è una proprio a due passi da dove dovrebbe essere costruito l’impianto in oggetto che possiede 130 ettari di terreno coltivato di pregio e dà lavoro a 35 persone.

A via Colle San Clemente c’è anche una fungaia che opera da quarant’anni su quel territorio ed è vero che emana cattivi odori, che nel tempo sono riusciti a mitigare grazie ai biofiltri, ma almeno utilizza materiali naturali e garantisce posti di lavoro. Invece l’impianto a biometano inquinerebbe molto di più della fungaia e non apporterebbe alcun beneficio all’economia locale, neppure in termini di posti di lavoro perché sarà tutto automatizzato, quindi avrà bisogno di circa cinque dipendenti. Inoltre, qualora il percolato penetrasse nella falda, le conseguenze ricadrebbero non solo sugli abitanti della periferia agricola e dei comuni vicini, ma anche sui consumatori dei prodotti ortofrutticoli che provengono da quei campi”. 

Cosa ne pensate del ricorso al Tar presentato dal Comune? 

“Ci sembra scritto abbastanza bene, il Comune ha tenuto conto di molte delle perplessità che abbiamo espresso. Per ora ci ha soddisfatti ma, qualora dovesse essere respinto, ci auguriamo che il Comune proceda anche con gli altri ricorsi”. 

Quante persone si sono iscritte al comitato? 

“Inizialmente eravamo un’ottantina di persone, adesso siamo arrivati quasi a 300 iscritti”. 

Quali saranno le vostre prossime iniziative? 

“Intanto abbiamo intenzione di proseguire con il porta a porta, poi a settembre organizzeremo un grande evento per sensibilizzare i cittadini di Velletri circa la tutela dell’ambiente e stimolare il dibattito. Noi siamo nati per contrastare questo impianto ma rimaniamo sempre attivi, anche in prospettiva di ulteriori minacce al territorio e alla salute pubblica. Abbiamo in serbo anche delle proposte per rendere più sostenibile la gestione amministrativa della nostra città”. 

Quali sono le vostre proposte? 

“In primo luogo, ci piacerebbe avere una figura di riferimento sul tema dell’agricoltura. Serve una persona competente con la quale poterci interfacciare. Attualmente questa figura non c’è, ed è il Sindaco ad avere la delega all’agricoltura. Tuttavia, il Primo cittadino deve occuparsi di tante altre questioni. Secondo le nostre stime, a Velletri ci sono circa 2000 ettari di terreno coltivato all’attivo, che equivalgono a 20 km quadrati.

Per dare un’idea delle dimensioni di cui stiamo parlando, solo la parte agricola di Velletri occupa una superficie leggermente inferiore all’intero Comune di Albano (24 km quadrati) e di poco superiore al Comune di Genzano (18 km quadrati). Un settore economico così rilevante per il nostro territorio merita un proprio referente che possa gestire le situazioni di crisi come questa ed eventualmente prevenirle.

La seconda proposta che stiamo valutando è trasformare l’ex cava di Lazzaria – che occupa una superficie di circa 1 milione e 200 mila metri cubi – in un lago artificiale da utilizzare come riserva di acqua. Sarebbe utile sia per affrontare l’emergenza incendi con tempestività che dal punto di vista del microclima. La nostra terza proposta riguarda infine il compostaggio di comunità. Quattro moduli di meno di 1000 tonnellate di capacità, posizionati in quattro angoli diversi del territorio, sarebbero molto più sostenibili ed economici rispetto all’attuale sistema – il quale prevede il trasferimento dei rifiuti organici in altri comuni – e permetterebbero di riutilizzare gli scarti prodotti dalle campagne”. 

Ha qualcosa da aggiungere? 

“Sì. Velletri ha la fortuna di avere un territorio enorme rispetto al resto dei Castelli romani, abbiamo la montagna, le campagne…

Tuteliamola e proteggiamola. Ci viviamo noi, questa è la nostra città. Servirebbe un po’ di sano campanilismo. Non dobbiamo permettere a chi viene da fuori di deturpare il nostro territorio. In un periodo come questo, in cui la crisi climatica è sotto gli occhi di tutti, dobbiamo fare il possibile per tutelare l’ambiente in cui viviamo. Cosa vogliamo lasciare ai nostri figli e ai nostri nipoti? Ci tengo a sottolineare che il nostro comitato non ha colore politico e non è legato ad alcun partito, l’ambiente è patrimonio di tutti. I fondatori del comitato sono tutte persone che abitano o posseggono attività in zona Cinque Archi. L’unico a non essere direttamente interessato sono io, sono stato coinvolto perché sono dottore in scienze geologiche e ho esperienza in materia di attivismo ambientalista”. 

a cura di Betty Mammucari 

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